di Mikkelj Tzoroddu
Doveva essere il 25 di ottobre
del 2008. Avevo portato il mio primo libro alla manifestazione annuale del
Circolo Sardo dei Quattro Mori di Ostia, onde esporlo e farlo conoscere. Nel
pomeriggio mi vidi venire incontro “custu zieddu, nieddu ke a maurreddinu”, con
occhi anche nerissimi, vestito di tutto punto (come colui che tenga in un certo
conto la propria persona e voglia conferire rispetto agli individui e i luoghi
che intenda visitare), con cappello, giacca e cravatta vistosa (come spiccata e
netta doveva sentire la propria personalità) e con un impermeabile per
soprabito. Ci presentammo e chiestogli cosa facesse, seppi che era un
“pensionato benestante”.
Mi narrò parte della sua vita
movimentata, che lo vide recarsi in Australia, Russia, Inghilterra e Francia.
Questo particolare, che mi riuscì di cogliere, me lo presentò come individuo
assolutamente particolare. Noi sappiamo infatti come, i nostri corregionali,
spinti dal fato a cercare altri lidi ove nidificare, si recarono in Belgio, ove rimasero; approdarono
in Germania, ove si crearono una famiglia; arrivarono in Francia, ove si
ricostruirono una vita, ché tale è l’obiettivo dell’emigrante: trovare un
posto, qualunque, ove poter dar fondo alle proprie capacità per mettere a
punto, in terra, i propri sogni. Invece, “custu zieddu” aveva un animo
inquieto, era sospinto da una vivacità sì dinamica, al punto che nessun luogo
al mondo poteva appagare il suo infinito desiderio di scoprire cosa fosse più
in là.
Credetti di capire l’origine di
quella vigoria: era quell’intimo desiderio di conoscere se stessi, che
aggredisce i puri d’animo, che devasta i pensieri dei buoni di spirito, i quali
volano alto, non lambiti da terrene meschinità le quali non trovano aderenza
sulla sfera, lustrata a specchio, che racchiude loro ideali, al tempo
principio, modello e causa del divenire.
Da qualche decennio risiedeva ad Acilia, dopo essere stato dipendente
“benestante” all’Italcable. In poche visite alla sua abitazione, mi resi conto
che aveva raggiunto, da autodidatta, una qualche preparazione umanistica,
trovandovisi testi in latino di alcuni autori classici. Mi resi anche conto
essere il nostro zieddu, un cultore della narrativa francese, i cui testi
conservava e leggeva nella prima lingua di edizione.
Aveva una sua idea politica. Era
un comunista. Puro. Della prim’ora. Ammirevole, per esserlo ancora ad
ottantacinque anni. Con un solo difetto: non si rendeva conto che il rosso
d’oggi, era lontano anni luce dal suo puro idealismo. Da persona sola, aveva
una maniacale attenzione verso la sistemazione di oggetti, all’interno
dell’abitazione, ed attrezzi, nel piccolo, ma curatissimo orto e giardino, ove
cresceva gli ortaggi di stagione e diversi alberi da frutto. Non potendovi
mancare “sa ficu murisca”.
Mi raccontò che, vivendo egli nel
suo paese natìo, Orune, nel tempo stabilito, venne chiamato alla leva. Capitò,
inconsapevole oggetto nelle mani dell’ala militare che gestiva i destini del
Paese alla fine del 1944, nel capoluogo dell’altra isola maggiore. Il Fato
stava per rendere chiaro allo stesso zieddu, la sua elevata struttura morale,
quasi d’asceta votato all’Amore. Il Destino, o lo stesso Dio, stava per
collocarlo in quell’Olimpo senza Stato, senza politicismi, privo di stupidismi
umani, ove risiede il più puro amore, ma razionale, per il prossimo nostro.
La mattina del 19 di ottobre, fu
caricato su camion, insieme ad altri 52 commilitoni (riforniti di due bombe e
cinquanta proiettili ciascuno) e trasportato nelle vicinanze della prefettura,
ove erano riuniti, certo esasperati, quattromila palermitani che “manifestavano
contro il carovita che affamava il popolo”. L’obiettivo era categorico nella
sua disgraziata crudezza: sedare “in tutti i modi” la manifestazione.
«Quando arrivammo (qualcuno
dice fossero accolti da fitta sassaiola, ndr), vidi perfettamente che non
era in corso alcun assalto. Quando la nostra colonna raggiunse alle spalle la
folla, il tenente diede ordine di scendere e caricare i fucili. Fu un attimo. I
soldati, a comando, cominciarono a sparare ad altezza d’uomo e a scagliare bombe.
L’apocalisse. La gente scappava da tutte le parti La strada si riempì di morti
e feriti».
158 feriti! 26 morti! La strage del pane!
Su zieddu, evidentemente
provvisto d’un indipendente sistema analitico e freddo e rapido nel suo
razionalismo, fu condotto (si pensi alla capacità d’astrazione del suo spirito
eletto in quella sì terribile, complessa e coinvolgente evenienza) alla totale
disobbedienza verso quello che ritenne un becero ordine.
Il fante Giovanni Pala,
ventunenne, precursore di caratteri umani ancora lungi dal venire, era divenuto
l’antesignano della non violenza. Al rientro alla caserma Scianna, restituì le
due bombe e le cinquanta pallottole che gli erano state consegnate.
14 commenti:
ho sentito la nipote, Marianna Bidoni Balia che sta a Nuoro, ho sentito il sindaco di Orune, Michele De Serra, ho mandato una mail al presidente della Provincia, Roberto Deriu, che ancora non ho sentito (magari risponde per questo tramite) per sensibilizzarli sulla necessità che non muoia il ricordo di quest'uomo. Invito chiunque, in grado di dare un contributo ad allargare la ns. conoscenza di "custu zieddu", a farlo in questo contesto, suggerendo una qualche degna iniziativa.
Grazie, mikkelj.
Omine de gabbale, de imprastu mannu.
Oh, el-pis,
ma per caso tu lo hai conosciuto?
Oppure è, la tua, una considerazione funzione del contenuto dello scritto.
Grazie, comunque, mikkelj.
Signor Tzoroddu,che storia meravigliosa ha raccontato!E' vero,persone così eccezzionali,di grande elevatura morale,andrebbero conosciute, sopratutto, dai giovani perchè questa è una specie estinta.
Sa secunda cussiderazione, peri si no l'hapo connotu,
Omines gai, t'alligrana su coro. Grascias a tive pro no l'aer fatu connoschere e isperamos ki servat a faghes cumprendere ka depimos rejonare (peri kando nos cumandana) comente omines e no comente marranos.
alla Gentile Signora Grazia, dico Grazia meda!
Certo, si deve riconoscere grande merito allo squisito nostro anfitrione che, in ragione della sua ospitalità, rende possibile, a tanti, conoscere la magna res che ci proviene dal Sardo Orunesu.
Questa persona merita un duraturo ricordo! Ah! Se le Istituzioni ponessero animo a costruire qualcosa pro "custu zieddu".
Da parte mia, ho informato (via mail) anche il presidente della Regione.
Chissà! Se l'orologio del presidente Cappellacci, del Sindaco De Serra, del presidente Deriu, riescono, insieme, a rubare quindici minuti, alle mille problematiche di questi gestori della cosa pubblica, essi potrebbero anche decidere un intervento per mettere in moto i meccanismi per lasciare in terra sarda un ricordo indelebile del nostro, comunque, indimenticabile zieddu.
Amus a bidere!
Oh, el-pis! Tando soe custrintu a ti lu torrare in sardu! Mira, peroe, ki sos (strafalcioni) ti los collis intreos. Su pessamentu tuo ja est zustu meda, oe! Peri oe, diffattis, non est cosa tranquilla a non fakere su ki ti cumandana. Ca ti podes perdere peri su trabballu, e ia s'iskit ki custa cosa est cara guasi ke a sa vida. Ma sunu tottucantos, diamus narrere, locos ki si oian cada die!
Pensa ai custu pizzoccu de vintannos, appena lompidu dae una iddikedda ke Orune, in d'una zittade gai manna, kin tottu su mundu ortuladu, in mesu e cussu vurcanu de sa die!
Moendekke a isse, si 'nde ponimus milli, non creo ki podiant esser medas, a lassare seriu su 91.
Signor Tzoroddu:amus a biere!!Ho tanta paura che vedremo poco,certo che se il mio pessimismo fosse sconfitto,i sardi avrebbero una gran ricchezza.Mi auguro ardentemente che la sua proposta sia esaudita,con tutto il cuore.
Pur sapendo di diventare noiosa,Signor Mikkelj,volevo dirle che,come cura dell'animo,leggo e rileggo il suo scritto su"custu pizzoccu di vintannos".La libertà,l'avere ideali e il metterli in pratica, è di pochi.
Pala, “gai lu muttian peri in domo”, mi faket ammentare cussu trettu de su primu libru meu, ue appo kircadu de iscoperrere itte zenia de modu de trubbare sos pessamentos, aiat su Sardu Mannu, de oe e de s’antikidade. Gai appo idu ki, dai sempere, non nos est aggradadu de faeddare meda de sas cosas, peri de cussas mannas, ki aiamus fattu e de cussas ki fakimus, ispezie mannas. Pro su Sardu (cussu mannu abberu comente a Pala) una cosa fatta, mezus si est manna, deppet abbarcare gai, kena bisonzu de la freddare meda, ca sa mannaria est istampada pro sempere intro de issa ettottu! Su Sardu non perdet su tempus suo a furriare unu fattu importante de sa vida sua: isse este e abbarrat iscrittu in conca a s’Istoria de s’universu, propriu gai comente est istadu criadu!
Cussiderade, diffattis, duas cosas solittante. Unu)- cussa battallia manna de su sestu secculu prima de Zesucristu, uve amus iscuttu a forte a forte, sos Cartazinesos (kissai comente los muttiamus in cussu tempus! Mancari los muttiamus carrales o, sinono, fradiles!), imbolandekkelos a mare, sende issos (a intendere sos proffessores conkimaccos de sas universidades sardas de oe) sos prus fortes de su Mediterraneu! Sos Sardos han fattu cussa “magna res bellica” e dikkéla sunu irmenticada! “Cosa fatta capo ha” naraiat cusse. Diffattis est istadu su fattu prus mannu de tottu cussu secculu! A sos Sardos, ki aiant cosas mannas de faker sempere, non del’at importadu prus nudda! ‘nde den’aer faeddadu pezzi kin caleccunu ki oiaian in su Mediterraneu! Sos Puniccos, zertu non d’an faeddadu kin nemos pro irgonza! Sos Romanos fint galu in sa mente de Deus! Sos Greccos, comente naraiat Pausania, non iskian propriu nudda de Sardinna! E duncas, custa cosa, sa prus manna de su tempus (a cunfrontu cussa cosa istuppidedda ki prenet sa ucca de sos conkimaccos universittarios de su mundu intreu, “la battaglia del Mare Sardo” fit istada una zanzara a dainantis de custu voe fattu dae sos Sardos! E, abbaidade comente fit presente peri in cussu fattu, su Sardu! A sa battalla l’an postu su numene de su Mare Suo!).
Peroe la soe fakende troppu longa e, pro como, la fino cuke.
Errata corrige:
freddare meda = faeddare meda
Per onore della verità, debbo dire d'essermi solo ora accorto che il presidente Cappellacci, non aveva ancora ricevuto la mia mail, causa la mancanza di certificazione alla mia posta. Ho rimediato da qualche minuto.
Si può leggere un ulteriore contributo che recepii anni addietro, cui si può accedere andando su: www.sardegnastoria.it, alla voce "la-strage-del-pane".
Bene, siccome sono riuscito ad interessare soltanto due persone (sic!) alla discussione su questo argomento che pur riguardava un aspetto della personalità degli stessi abitatori della Sardegna, per onestà verso me stesso, debbo considerare ed affermare che:
- 1 - può essere solo mia neke, il misero risultato partecipativo quì ottenuto; sono stato in grado (con grande evidenza) di catalizzare l'attenzione proprio di nessuno! Salvo delle due persone suddette. Per la semplice ragione che devo aver fallito tutte quante le sfaccettature, letterarie, filologiche, storiche (in questo caso), sociologiche (che pur erano a mia disposizione) che sono alla base di un contributo di successo
- 2 vede, Sennora Grassia, come detto, ho scritto e sentito, il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della regione ed anche l'assessore regionale atto ad eventualmente allentare i cordoni della borsa (perché conosciuto un mese prima), e quando si indirizzano azioni questuali a quei signori, come Fosté ha osservato, ci si deve attendere un ritorno pari zero!
Beh, signora Grazia ed anche tu, pragmatico el-pis, mi son veduto arrivare ciò che pare essere costumanza arrivi, quando si osa troppo nel chiedere! Ma, se posso accettare (forse!) di considerare possibile una tal non risposta da parte di chi doveva impegnarsi molto nel dare qualcosa per il nostro "zieddu", beh, miei pur cari quanto solitari amici salottieri, ai circa quattromila Sardi che in questi giorni hanno visitato il sito di Pintore JFranziscu, io non ho chiesto proprio un beneamato nulla!
Caspita! Essi si sono però comportati come quei quattro ai quali avevo rivolto la mia preghiera!
Lo scrivere "crepa" a me rivolto, avrebbe rappresentato un contributo alla causa.
- 3- intervenendo per dire "in un mondo come quello d'oggi non è possibile distogliere alcunché dalle necessità fondamentali", avrebbe rappresentato un contributo fattivo! Manifestare, comunque, la propria opinione in merito, sarebbe potuta essere una molla per adire una qualche concessione dall'alto. Inserire un aneddoto sul nostro "zieddu" anche da parete dei soci del circolo Quattro Mori di Ostia, che pur lo hanno avuto presso di sé per anni ed anni, sarebbe stato un aiuto per far ricodare il Pala. Un intervento dei suoi amici rossi di Roma, sia quelli privati, sia quelli Consiglieri capitolini, avrebbe fatto comodo alla causa.
"Amus a biere!!!" Ades nadu Sennora Grassia!
Diffattis, amus bidu abberu! omente 'ndel'importat nudda a sos Sardos de sas cosas issoro!
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