di Francesco Casula
Un certo Onesicrito tra il 332 e il 336 a.c. aveva visitato
l’India al seguito di Alessandro Magno, riportandone descrizioni alquanto
fantasiose, che misero a lungo fuori strada i geografi dell’epoca. Partiti,
Sindacati e buona parte degli studiosi e degli storici – segnatamente quelli di
impronta più statalista – per decenni ci hanno dato della “Questione sarda” una
descrizione alquanto “fantasiosa”, – un po’ come Onesicrito aveva dato
dell’India – riducendola a semplice frammento della “Questione meridionale” e
in essa affogandola.
C’è di più: è stata considerata esclusivamente dal punto di
vista economico. La cartina al tornasole di questa visione della “Questione
sarda” è rappresentata persino dallo Statuto speciale di Autonomia della
Sardegna, tutto giocato proprio sul crinale economicistico. Infatti l’insieme
degli aspetti etno-culturali e linguistici è del tutto assente, nonostante gli
avvertimenti di Lussu sulla necessità di sancire l’obbligo dell’insegnamento
della Lingua sarda nelle scuole in quanto “essa è un patrimonio millenario che
occorre conservare" e nonostante i consigli di Giovanni Lilliu che
suggeriva ai Costituenti sardi di rivendicare per la Sardegna competenze
primarie ed esclusive almeno per quanto riguardava i "Beni
culturali”.
E’ caduto nel vizio di Onesicrito anche il presidente
Napolitano, quando nella sua recente visita in Sardegna ha affermato: “La maggiore
incompiutezza del processo di unificazione d’Italia è il divario tra il Nord e
il Sud del Paese. Una questione non solo economica e sociale ma anche
istituzionale, assolutamente ineludibile”. Nessun cenno invece alla Sardegna come minoranza
nazionale e linguistica. Eppure dovrebbe saperlo: una Legge della Repubblica di
cui è Presidente, la 482 del 15 dicembre 1999, prevede, per la
Sardegna, norme in materia di tutela delle
minoranze linguistiche storiche dello Stato.
Mentre in
occasione del convegno OSCE tenutosi nel maggio 2011 a Bolzano proprio sul tema
della tutela delle minoranze linguistiche, ha avuto ben altra sensibilità
sostenendo che “Mentre le nostre società e le nostre Nazioni divengono
sempre più interconnesse, la presenza di minoranze nazionali all’interno dei
singoli Paesi costituisce una ricchezza da tutelare, uno stimolo culturale e
un’opportunità di ulteriore crescita economica”. Perché due pesi e due misure?
Pubblicato anche su Sardegna quotidiano di oggi
6 commenti:
"Perché due pesi e due misure?"In genere quando ci sono due pesi e due misure il motivo non è mai elevato;molto probabilmente la Sardegna è sempre servita per essere usata e sfruttata.Darle anche una identità linguistica non fa comodo ai nostri governanti.
Segnalo l'originale che ha ispirato Casula (correttezza vorrebbe che si menzionasse la fonte): http://www.sanatzione.eu/2012/02/napolitano-a-bolzano-minoranze-nazionali-ricchezza-da-tutelare-a-cagliari-colmare-divario-paese-per-completare-unificazione-italiana/ Rilanciato anche da un intervento di Massimo Carboni su L'Unione Sarda del 22 febbraio: http://www.sanatzione.eu/2012/02/su-napolitano-troppa-confusione-%E2%80%93-intervento-su-lunione-sarda/ Le parole del virgolettato di Napolitano riportate da Casula sono una mia sintesi del discorso pronunciato attraverso un messaggio del Capo di Stato a Bolzano nel 2011. Niente in contrario che si divulghino temi che condividiamo tutti, purché non si saccheggi facendo finta di nulla.
Adriano Bomboi
E' un interrogativo che si deve rivolgere a tutta la Sardegna. Ma il popolo sardo purtroppo non risponde. E' fiacco,diviso, rincoglionito. Ci sono forze enormi (università, scuole, giornali, partiti politici, periodici, un'ampia parte della chiesa stessa) che lavorano giorno e notte perchè la Sardegna resti ferma, paralizzata, imbavagliata e non dia una risposta e possa così agire di conseguenza. E questo Napolitano lo sa, lo sa molto bene. LO sa molto bene che rischia pochissimo in popolarità e autorevolezza con pochissime bandiere che lo fischiano. Resta un simbolo fortissimo del centralismo, della cosidddetta Unità della Nazione, organico a che certe roforme restino solo nella carta (anche se costituzionale)
Mirai ca sa cosa est crosidadosa. Est beru ca inci adi una "Chistioni Meridionali" e nosu, prus o mancu, meridionalis seus. Is de su Tirolu de jossu perou non funti in part'e bàsciu de Italia, aici cumenti is Corsicanus non funti in su meridioni de Franza (innui sa "C.M." no'iscinti mancu e it'esti).
Cun sa Corsica seus duas isulas in mesu mari cun pagu brovenda a parti su naturali. Is nostus bixinus, perou, cancuna cosa 'ndi dh'ant otenta de su poderi pariginu, aici cumenti is Atesinus de susu a Roma dh'anti fatu furriai su mustatzu. E no'est chi sianta prus de nosu, chi no'isballiu funti prus pagus.
Deu seu totu scibudhau e non m'arregodat ita totu est sussediu in Corsica e in provincia de Bolzanu unus cant'annus a oi candu Parigi e Roma faiant is cuadhus fortis. Mi parit ca fiant cosas de non torrar'a fari ma in-d unu modu o in s'ateru is patatas at a tocai a 'ndi dhasa bogari a campu. De chi no' a ismitiri cun su prantu, ca is patatas dhas fait a girari.
@ Elio. ma come potrebbe essere possibile essere meridionali se la Sardefgna si trova da altre parte e non in Italia, aò almeno la realtà gegrafica vediamo di non sravolgerla.
Duncas meridionales mancu a bi pessare, sa geografia est kussa ki este.
Ma galu sezzis asettande una paragula intelligente dae kusta malazente de politicos italianos?
Ao a s'indipendentzia ka es sa natura de sos sardos.
Seguru ca est bentuesusu? A mimi paret bentu 'e sole.
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