di Franco Pilloni
Caro Giovanni,
Caro Gianfranco,
la lettura di quanto avete scritto, mi ha fatto fare un salto indietro nel tempo di venticinque anni, quando tutti eravamo sardisti e fieri di esserlo, ipotizzando un’età dell’oro nuova per la nostra isola. Ma noi facevamo parte della milizia in quel partito, mentre i generali pensavano più terra terra ai loro stipendi e alle loro pensioni d’oro, mandando al macero le nostre speranze.
Questo dibattito fra sardisti doc (nell’accezione più alta, dato che non si può essere ex sardisti così come non si può essere ex carabinieri) da una parte mi ricompone con i miei ideali. Per questo sono al cento per cento d’accordo con Giovanni e sottoscrivo in pieno ogni passaggio del suo discorso. D’altra parte, non è da oggi che Giovanni la pensa a questo modo e io stesso, forse non lucidamente quanto lui, ho espresso la mia opinione in proposito, quando mi si è data l’occasione.
Gianfranco, d’altra parte, guarda al futuro e pensa ai vari funzionari (europei, di viale Trento o di qualche capoluogo di provincia mistilingue(!)) che sarebbero messi in difficoltà e, alla fine, deciderebbero essi lo standard del sardo.
Gianfranco afferma che lo farebbero “alla membro di segugio”. Perché, caro Gianfranco, la LSC non è stata decisa nello stesso modo?
O hai visto procedure non dico democratiche, che sarebbe troppo aver preteso ma non ingiustificato, o almeno scientifiche?
Perché non pensi al diritto del cittadino di Pompu che pone in marmillese la sua domanda e, secondo te, dovrebbe sentirsi rispondere in logudorese/nuorese, dato che questo è la LSC nella sua sostanza?
Tanto vale che gli si risponda in italiano, a queste condizioni.
Non ti pare, caro Gianfranco, che le ragioni della LSC non siano altro che fughe in avanti, verso un riconoscimento europeo che dovrebbe avvenire “prima o poi”, come dici tu?
Cosa se ne fa il cittadino di Pompu del riconoscimento dell’UE, quando non comprende la risposta?
Potrebbe persino verificarsi il caso che il funzionario, magari venuto dalla Valle d’Aosta, come gli assessori, o anche dal Senegal, perché ci teniamo a dimostrare di essere aperti verso le altre nazioni, che il funzionario dunque abbia superato l’esame conoscendo solo la LSC.
Cosa facciamo: gli affianchiamo un fuzionario che gli traduca il marmillese o in italiano o in francese o in senegalese perché possa rispondere nello standard di sardo che nessuno parla se non a gettone?
Vedi, Gianfranco, so bene che le cose che dico sono amenità, fesserie, quisquiglie, come diceva Totò. Non più insipide però dei ragionamenti a favore della LSC che tu riporti, ma che altri hanno fatto a posteriori per sostenere una scelta altrimenti insostenibile.
Io sono convinto che la LSC nuocia al sardo, a tutte le parlate sarde, più di quanto abbia fatto l’imposizione dell’italiano.
Se vuoi averne una prova, vedi la famosa o famigerata lista di Berlino dove tutti, dico tutti, scrivono nella parlata che conoscono, mentre i sostenitori della LSC, anche i propugnatori di essa, scrivono di essa preferibilmente in italiano, ma mai in LSC.
Qualcosa vorrà dire anche questo.
Con i migliori saluti
Fraternamente
P.S.: Solo adesso mi sono accorto di aver scritto in italiano anch’io, ma la colpa è vostra. Come ci scusavamo da piccoli, avete incominciato voi!
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