giovedì 29 maggio 2008

"Isole delle storie" SpA: importazione linna pintada

Puntuale come un treno delle Schweizerische Bundesbahnen e inevitabile come il tacchino al Thanksgiving Day, ecco i giorni del "pinta sa linna e bàtinchela a Sardigna". Si parla del festival gavoese "Isola delle storie", storie altrui, naturalmente, per non passare per provinciali. Presentato come occasione di scambi interculturali, è in realtà un campo che l'Isola delle storie SpA presta, a spese dei sardi, a forestieri perché, tra un bicchiere di ottimo cannonau e uno squisito tocco di Fiore sardo, si scambino pareri e esperienze del loro vissuto. L'Isola, insomma, non c'entra se non come luogo geografico indistinto: è Gavoi, ma potrebbe benissimo essere Canicattì o Castiglion Fibocchi, se lì non avessero superato quel complesso di inferiorità e di auto flagellazione che è uno dei sintomi del provincialismo.
Intendiamoci: sarebbe bellissimo se questo Festival letterario fosse occasione di confronto e di acculturazione, momento in cui noi impariamo dagli altri e gli altri imparano da noi. Ma il "noi" non esiste: quando, la scorsa edizione se non sbaglio, Salvatore Niffoi si provò a parlare in sardo (in Sardegna, mica in Afganistan), fu subissato di ingiurie, quasi avesse usato uno slang indegno di cotanto consesso. Certo: Isola delle storie SpA esibisce, come curiosità, qualche scrittore sardo, ma lo fa solo a patto che si sia o sia stato iscritto alla "nouvelle vague letteraria sarda", dimostri, cioè, un sufficiente grado di insofferenza per quanto olezzi di pecorino.
Per dire, non sarebbe interessante per i forestieri (ma anche per gli organizzatori della Isola delle storie SpA) impattare con il fenomeno della letteratura sarda in sardo? Esistono oramai circa duecento testi, romanzi e racconti lunghi, in sardo, qualcosa di più di un nucleo di letteratura nazionale. Forse potrebbe suscitare una qualche riflessione e innescare un processo di acculturazione. Naturalmente, per fare ciò sarebbe necessario combattere vittoriosamente quell'atteggiamento che gli studiosi di scienze politiche imputano ai compradores.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Dott. Pintore, se da una parte partecipo al suo disagio per la questione che lei ha perfettamente espresso nel suo intervento, da un'altra parte non posso che mettermi nei panni di quei figli di Dio che lei chiama "Isole delle storie Spa" e le chiedo: perché a Iglesias, per esempio, è lecito pagare viaggio e soggiorno ad uno scrittore giapponese affinché gli si possa attribuire il prestigioso premio che in quella città si svolge e a Gavoi no?
Perché nel Sulcis sì e in Barbagia no?
Non siamo forse tutti uguali agli occhi di Dio?
E in ultima remota ipotesi, nel caso lei non si trovasse d'accordo con me che poco mi curo della cronaca e delle storie dovendo assiduamente prendermi cura delle anime, segua anche lei l'esempio di Nostro Signore Gesù Cristo e ripeta con me:
"Signore, perdona loro perché non sanno quello che fanno!".
Amen.
Un parroco di campagna.

zuannefrantziscu ha detto...

"Signore, perdona loro perché non sanno quello che fanno" a Gavoi, a Iglesias e ovunque si danno da fare nell'esercizio del "pinta sa linna e bàtila a Sardigna". Amen

Anonimo ha detto...

A bortas no perdint tempus mancu a da pintai.
Cretat a mimi dr. Pintori!