È Pasqua e l'on. Paolo Maninchedda, consigliere regionale del Partito sardo, docente di Filologia romanza, ci regala una sua riflessione su una nuova politica linguistica in Sardegna. Non fosse che della lingua sarda si è sempre poco curato, sarebbe una notizia da niente, come venire a sapere che un cane ha morsicato un passante. E vai così a leggere, speranzoso. Ecco che cosa:
“Pubblico un articolo, a mio avviso importante, di Giovanni Lupinu sulla politica linguistica in Sardegna. Lo condivido, soprattutto rispetto all’emancipazione da vecchie categorie storiografiche (resistenziale sarda e altre menate…), assolutamente infondate, come ho dimostrato anch’io in Medioevo latino e volgare in Sardegna. Lo condivido rispetto all’appello per una revisione delle scelte politiche fondate non sulla realtà dei fatti, ma sugli auspici ideologicamente connotati di una minoranza di lingua-invasati. Lo condivido per il richiamo agli accademici a non prestarsi alle mode: ce n’è veramente abbastanza di linguisti improvvisati che scoprono etimologie a sentimento e parentele con la lingua degli abitanti di Atlantide, di Sodoma e Gomorra, dei nipoti di Ulisse e dei cugini di Iolao, dei parenti di Davide e del custode delle miniere di re Salomone. Sta tornando in voga, nell’età delle patacche televisive, la generazione dei patacconi: siamo sommersi da libri di esperti domestici di filologia semitica, di editori di testi nuragici, di rimasticatori dei libri altrui, di gente che ancora oggi cita Carta Raspi e sodali”.
È nel diritto di Maninchedda aver tanto in astio la lingua sarda da dare a intendere che la sua salvezza stia nella linguistica e nei linguisti accademici e non, com'è, nella politica. Egli prende così come oro colato le tesi del suo collega universitario e condirettore del “Bollettino di studi sardi”: del tutto legittimo. Io sono dell'idea che abbia ragione Roberto Bolognesi che le ha sottoposte a dura e motivata critica, ma non mi sognerei di scrivere che il consigliere regionale sardista è un invasato. Come egli ritiene siano “lingua-invasati” coloro che giudicano errate le analisi sue e del suo collega Lupinu.
Nella sua autostima ipertrofica, Maninchedda definisce “menate” le tesi di Lilliu, “minchiate” quelle di Francesco Cesare Casula, “conservatori catalanisti” me e gli altri autori della proposta di Statuto. È convinto di aver inventato la “sovranità della Sardegna”, nel momento in cui, lasciato Renato Soru di cui è stato sponsor della prima ora, si è iscritto al gruppo dirigente del Partito sardo. Con altri nazionalisti avevamo “inventato” quella prospettiva quando ancora lui era un giovane leader prima democristiano e poi popolare. E naturalmente ponevamo l'identità e la lingua sarda al centro della questione nazionale sarda, cosa che il duo aborre con tutta l'anima. Ma questi sono affari loro e, al più, del Partito sardo in nome del quale Maninchedda spesso parla.
Resta la meschinità – per me inedita – del suo sdraiarsi sul potere baronale che in questo blog abbiamo imparato a conoscere. Quella frase piena di saccente disprezzo nei confronti di chi scrive libri fuori dell'accademia e l'invito agli accademici a decretarne l'ostracismo sono dei piccoli capolavori. Sembrano fotocopiati dai non pochi documenti che qui abbiamo reso noti e che evidentemente fanno scuola. Adesso sappiamo che nel Tempio della Ragione ci sono una cappella in più e una nuova vestale.
5 commenti:
Un altro infiltrato! perchè questa gente non sta con i suoi SIMILI?
E' una categoria che si va diffondendo quella degli infiltrati, oppure con l'avvento del web è più facile scoprirli?...
O Zua', e chie ddu podiat crere po Pasca Manna in Sardigna custu movimentu de Mongolfieras de Carrasegare. Mannas, mi! Sunt totus abbaidande ispantaos, ogos a chelu e a bucca aperta, ite ddue at iscrittu. Ma non si biet bene bene (depet essere calicuna cosa in nuragicu proto-ugariticu po istrochere a Lilliu o a Casula) e mancu si biet bene si due sunt omines o martinincas o martinincheddeddas chi brullant e istrochent sos omines).
Domanda seria seria: ite due faet cust'omine rivolutzionariu e de 'stato nascente' in su Partidu Sardu? Inue est sticchiu custu sardista 'patacca'? A cale chirru de su movimentu s'agatat? Non at a essere po contu su? Ohi, ohi! como cumprendo certas cosas...'Avere, avere'! Su bene!Su bene! Cumandare! In calesisiat logu e modu ma ...'avere'! E comente nono! Fintzas andande contra a Deus ma andande a Cresia! A sa 'democristiana'!
E un'atera domanda puru! E chie mai dd'at criccau a cust'omine balente? E ite nd'ischit issu, po si unfrare di 'osi e artziare sa chighirista , de ... documentos editos nuragicos? A cust'omine puru o Zua, naraddi: 'E inte nde pensas (pensaes) de su presente dae Barì?'. Custu ebbia. Domandaddi de custa 'patacca'. Amos a biere ite nde narat!
A Pasqua, dice GFP, non volano solamente colombe, ma anche insulti gratuiti, oltre che i nostri Tornado armati di bombe intelligenti che proprio gratuiti non sono.
Mi pare che sia stato Sigismondo Freud a teorizzare che un uomo, per diventare adulto, deve uccidere il proprio padre: si vede che l'onorevole di cui parli si è deciso finalmente a diventare politicamente e culturalmente adulto, infierendo sul "padre" politico che fu gran vecchio della DC, oltre che preside della Facoltà di Lettere, dove il tuo esercita come professore.
Quello che mi ha impressionato maggiormente sta nel fatto che egli concordi col suo collega Lupinu non tanto su alcune critiche condivisibili, ma soprattutto nelle conclusioni che sono "esclusivamente" opinioni.
Molti infatti ci eravamo accorti immediatamente, durante la stessa comunicazione di Paulilatino, dell'intempestività dell'emanazione del decreto sulla LSC e della sua incongruenza rispetto ai risultati della ricerca. Ne scrivemmo subito, a dimostrazione del fatto che alcune osservazioni del Lupinu sono condivisibili, ma non originali.
Io aggiungo ancora che, per le tre domande finali volute dall'Amministrazione, molta è stata la confusione, presumibilmente ingenerata (a loro insaputa, come accade ultimamente in Italia) dagli stessi rilevatori, se alla domanda su quale area linguistica preferire (si volevano dividere i sardi?), gli intervistati rispondevano coerentemente logudorese, nuorese, campidanese, ma anche bittese, pirrese o pompesu.
Mi pare che sia una risposta non elaborata, perché, essendo ad esempio, il bittese assimilabile all'area del nuorese, poteva essere contenuto in quella che è considerata una delle macro varianti. Però non si è fatto.
Ha ragione GFP quando parla di capelle della dea ragione e di nuove vestali, in quanto il suo professore non ha parlato da politico in quanto essi, in genere, si esprimono con più prudenza dato che cercando i voti sanno che sono di egual valore sia che l'elettore legga il Bollettino di studi sardi, o che sia rimasto al povero Carta Raspi, al quale poteva risparmiare il malevolo accenno per il fatto che non può rispondergli per le rime.
Ma forse l'aveva già fatto, trattandoli per categorie.
26 aprile 2011 11:28
E' vero Franco, si attacca alla cieca e persino i morti non si lasciano in pace. L'incapacità di certi nuovi 'intellettuali' (davvero 'sedicenti studiosi' perché a certe cose non si applicano mai) è tale che non riescono neppure a 'storicizzare' non dico un Lilliu che è relativamente recente ma neppure uno studioso 'antico' ( un grande studioso che tutti citano e dal quale fanno sacco anche quelli della nomenclatura, senza citarlo quasi mai!) come il Carta Raspi. Uno studioso al quale la sinistra italiana in Sardegna, non lo si deve dimenticare, ha mosso un violentissimo attacco per il solo fatto di mostrare, tutto il suo 'sardismo' e la sua passione per l'Isola. Perché era il sardismo e non il Carta Raspi che andava battuto! L'avversario ideologico in Sardegna, il pericolo reale allora, non era la Democrazia Cristiana, era il Partito Sardo; era poi il movimento giovanile sardista indipendentista degli anni sessanta e settanta! Quello che ridando fiato al vecchio e inerte sardismo lo avrebbe condotto al Congresso di Portotorres e a quello successivo dei famosi 'dieci punti' di Carbonia. E ora un 'sedicente sardista' che ti combina? Paradossalmente attacca uno studioso 'sardista' reo del solo fatto di non essere in grado di fare storia senza sapere la metodologia storica degli anni in cui non ci sarebbe stato più. Capisci caro Franco, il livello e l'acutezza di osservazione! E poi, il rifarsi agli storici del passato , piccoli o grandi che essi siano stati, rimeditarli e rivalutarli, è spesso segno non solo di libertà ma talvolta anche di coraggio. Mica in quest'Isola hanno pensato e lavorato di testa solo Gramsci, Tuveri o Asproni!
Gramsci stesso avrebbe replicato a denti stretti su tale indecente battuta, avrebbe reagito alla sua maniera contro coloro che non hanno la forza di capire che se si cita uno studioso piuttosto che un altro o altri, se sono in tanti a farlo, vuol dire che bisogna cercare di comprendere qual'è il motivo per cui il fatto accade. Mica bisogna insultare! Gli anatemi non servono per comprendere il sociale e tanto meno per fare 'scienza' e se le persone leggono più gli articoli del Blog di Pintore piuttosto che i 'bollettini' o 'Africa Romana' o quant'altro di conclamato 'nobile' e 'serio', vorrà pur dire che qualche motivo ci sarà.
Ed è un motivo, si badi, che non dipende tanto dalla difficoltà di entrare nella terminologia scientifica quanto dal fatto che non di rado il ripetitivo, l'inerte, il vuoto, la muffa e spesso anche la stupidaggine (clamorosa è stata, sui documenti epigrafici più belli del mondo, quella dell'epigrafista della Domenica Paolo Benito Serra!) li colgono facilmente anche le casalinghe che hanno fatto solo le scuole elementari.
Si può pensare, Gigi, che questi intellettuali non l'abbiano neanche letto mai Carta Raspi. Se l'avessero fatto, avrebbero compreso lo spirito con cui scriveva e la tensione morale e l'amore per la nostra terra che sottintende tutto il suo dire. Anche le forzature, le volute lucide forzature che avevano come unico scopo quello di svegliare un popolo come un grido nella notte.
Come si faccia ad essere sardista in questo modo nuovo che intende il nostro onorevole-professore, io mi rifiuto persino di tentare di comprendere.
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