Edoardo Blasco Ferrer ha pubblicato un suo nuovo saggio dall'accattivante titolo: “Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica”. E oggi L'Unione sarda pubblica la sintesi del suo libro come la ha esposta in una conferenza tenuta all'Università di Valencia. Se si dovesse dare un giudizio del lavoro dello studioso catalano dall'incipit della conferenza, questo non potrebbe essere più rovinoso, mal disponendo alla lettura del resto.
“Ho sempre sostenuto” ha detto Blasco Ferrer a Valencia “che vedo la Sardegna storica, al momento dell'Unificazione nel 1861, come l'ultima delle colonie ispaniche, con geni, linguaggio e cultura lontanissimi dal resto delle regioni del Regno d'Italia, ma vicinissimi a qualsiasi regione storica della Penisola Iberica. È noto che sin dal 1323 l'Isola è nelle mani dei Catalani, e che agli inizi del XVIII secolo si redigevano leggi e atti notarili in catalano e castigliano. Il ritardo cronologico e culturale rispetto ai cambiamenti storici si desume limpidamente dall'aneddoto accaduto al noto geografo-antropologo Alberto La Marmora attorno agli anni Venti del XIX secolo, quando la Sardegna da circa cent'anni apparteneva al Regno di Piemonte”. Mai l'improvvisazione è così stata al potere.
Al momento dell'Unificazione, nel 1861, davvero la Sardegna era l'ultima colonia ispanica? La storia racconta tutt'altro: la Sardegna non faceva più parte della Spagna dal 1720, quando il Regno di Sardegna, sino ad allora federato nella Corona di Spagna, fu consegnato dalle Grandi potenze ai Savoia. Nel 1861 non era più “colonia iberica” da più di 140 anni.
Non è affatto vero che l'isola è nelle mani dei Catalani sin dal 1323 (ma l'anno è in ogni caso il 1324): Aragona aveva il dominio su una parte della Sardegna, neppure contigua, e dovette attendere quasi novant'anni prima che, il 17 agosto 1420, estendesse il suo potere su tutta la Sardegna, facendo così coincidere il Regno di Sardegna con tutta l'isola.
La Sardegna non è mai appartenuta ad un mai esistito Regno di Piemonte; è vero invece che il principato di Piemonte è appartenuto, insieme al ducato di Savoia e alla contea di Nizza al regno di Sardegna.
Altri, con più competenza, analizzeranno la tesi di Blasco Ferrer sulle “palesi corrispondenze strutturali con le lingue paleoispaniche, in particolare col Paleobasco ricostruito e con l'Iberico” che avrebbe il Paleosardo. Con la speranza che, quando scrive di linguistica, mostri per essa più rispetto di quello mostrato per le vicende storiche della terra che lo ospita.
8 commenti:
la ben nota disilvotura di Blasco con i fatti!
Beh, bisogna riconoscere che almeno è economico:
http://academiadesusardu.files.wordpress.com/
2010/09/ferrer_paleosardo1.pdf
Mah il libro precdente costava poco (13 euro) e meritava un formato e un costo superiore. Questo (300 pagine) che ancora non ha capito chi le stampa, mi pare un costo esoso. O ci sono delle scoperte mirabolanti, oppure è una foglia di fico per dire che dal punto di vista tipologico il paleosardo è bascoide, e tutto lì. Fa specie che un libro non ancora uscito abbia già una recensione o una intervista, manco fosse Eco. Ma così va il demi-monde sardegnole. Me li immagino ora tutti i lettori dell'Unione (i 66.741) che hanno sbusciaccato 39 euri per il mio libro, a esternare il loro peana: "ma itta, non fiamus illirigus?!".
Wagner non s'est mai sonniadu de iscrer chi su paleosardu beniat dae su tedescu... B'at istudiosos, imbetzes, chi pensan ( e iscrien) chi sos sardos non poden aer imbentadu nudda, mancu sa limba issoro...
Caro Larentu,
le lingue non nascono come i funghi per la nebbia e le piogge, e ancor meno sorgono abiogeneticamente, senza causa. Tutte le lingue del mondo (o almeno il 95 per cento di esse) sono ricollegate in famiglie e macrofamiglie. Nessuno inventa nulla, semmai ci possono essere evoluzioni più o meno oscure, determinate dall'isolamento. Quel che pare certo (è già questa pare una conquista) è che i Paleosardi tra di loro utilizzavano delle forme linguistiche molto simili (e forse si capivano piuttosto bene), non c'è invece coerenza tra gli studiosi su quale parametro utilizzare per inquadrare questo Paleosardo. Chi scrive, ha preso le venti /trenta parole che si considerano pre-latine e a queste ha trovato relazioni (che Lui giudica incontrovertibili) con l'albanese, le lingue slave, il pregreco. Ma siccome pure, chi scrive non ha una cattedra universitaria, quasi nessuno in Sardegna sa che la verità è già stata in gran parte raggiunta.
Amici carissimi, sapete quanto mi appassioni il tema. Ebbene il saggio celeberrrimo lo si può trovare a bocconcelli vari (con una registrazione gratuita ve ne leggete quanto basta) nel sito:
http://paperc.de/
A me è bastato leggere una ventina di pagine per capire finalmente perché il ministro Maroni sta lavorando benissimo in Sicilia
http://web.tiscali.it/sardoillirica/sardoillirica/Coproliti.intellettuali.htm
Per bypassare le difficoltà frapposte dal sistema nel sito segnalato http://paperc.de/, e potere godere dei frutti della lettura di un autentico capolavoro della fantascienza (di quelli che dovrebbero inguzzolire le macchiette di Archeologgia Nuraggica), vi consiglio come potere scaricare quintalate della lingua vlasca:
andate su "start" "programmi" "Accessori" "strumento di cattura", create collegamento sul desktop, poi trasportate il collegamento sulla "barra delle applicazioni" (è quella che sta alla destra di "start"). Ora aprite il sito, date una mail, e una password, vi arriverà nello spam (mai luogo fu più propizio) un collegamento, cliccate, e ora siete entrati; digitate il nome dell'autore della lingua vlasca, e troverete pagine da sfogliare, per più di dieci minuti. Schiacciate "strumento di cattura" e allargatelo quanto più potete, vi fa delle istantanee in jpg del testo, nominatele e salvatele
sul desktop. Passate all'altra pagina. Potete ritornare sul sito dopo un'ora, e rifate la stessa procedura. La lingua vlasca questo e altro merita. Scaricate gente, scaricate.
saluti
Quando, la mattina presto ho letto quell’articolo sul paleo sardo, sono rimasto a dir poco meravigliato. Dopo riguardando con più attenzione, e visto l’egregio autore la mia meraviglia come d’incanto è scomparsa in quanto a Ferrer l’ho sentito un paio di volte all’Università, scusatemi, ma il mio lessico non mi permette di esprimermi in merito, roba da tribunale.
Viste le argomentazioni addotte in quel raffazzonato articolo, alcune domande me le sono messe, peccato che Ferrer non le potrà spiegare. Ma chi sarebbero “questi più studiosi” che asserirebbero che la ceramica del più antico neolitico “cardiale” sia di fattura iberica. Se posso dire la mia; in su bixinau de Santu Triagus in Terralba, San Ciriaco, esiste un enorme sito neolitico con stratigrafia di metri e metri, le case in ladiri, mattoni crudi, sono impastate con ossidiana e tanta ceramica cardiale, tanta ceramica detta appunto di facies “San Ciriaco” e tanti altri reperti che tutto possono testimoniare ma non certo qualsivoglia accostamento a tipologia di fattura iberica..
Se per caso il Ferrer dovesse rispondere a questa, o agli altri post, mi auguro che non argomenti, come nell’articolo, con alchimie linguistiche, di cui è molto bravo, atte solamente a far quadrare il cerchio.
G. Cannas
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