sabato 7 agosto 2010

Cali indipendentzia? Cussa statuali o bastat cussa curturali?

de Mauro Peppino Zedda

In uno dei tanti bei post (Ita casu anti tratau del 28 luglio) che Roberto Bolognesi pubblica nel suo blog , a proposito della mancata centralità della lingua sarda nelle recente Festa Manna di iRS a Cagliari scrive: “S’identidadi sarda che identidadi “regionali”: girai-dda comenti boleis, ma custa est una positzioni politica, non literaria. Sa curtura, a s’imbessi de sa geografía, est cosa fata de is ominis: a una manera o a s’atra sempri a scioberai tocat! Si issus bolint fraigai una curtura regionali “sarda” che parti de sa curtura “natzionali” italiana, bonu prou ddis fatzat! Bastat chi non nergiant ca non funt fendi politica e ca sa litedadura in italianu est literadura sarda.
A Fois ddu cumprendu. Comenti naraíat jaja mia: “Mai narrer de cust’abba non nde bufo”.
Est a s’iRS chi non cumprendu. Funt indipendentistas, ma cali indipendentzia bolint? Boh?!
[…] Indipendentzia bolit nai indipendentzia curturali, po arribbai a s’indipendentzia economica, e s’atru tanti ddu detzidit Brusselas po prus de su 50%. Repubblica sarda, ma in italiano? No grazie!”
Ho scelto questi passi tra gli scritti di Bolognesi, per sottolineare come l’autorevole studioso della lingua sarda, voglia dirci che la via maestra per continuare a esistere come sardi nel mondo, non sia quello di cercare una statualità politica che avrebbe tante difficoltà a governare una economia ormai globale, ma pretendere la indipendentzia curturali.
È da tanto che in questo blog chiedo a chi propugna (non nascondo che li ho votati e penso che continuerò a farlo) l’indipendenza statuale quali idee abbiamo sul futuro economico dell’isola. Senza avere proposte concrete.
Ma torniamo da Roberto Bolognesi, dalla foto che lo ritrae direi che è una persona che ha superato la sessantina (spero che non me ne voglia se ho sbagliato l’età), parrebbe, dunque, saggio al punto giusto. I post del suo blog esprimono saggezza e simpatia assieme alla voglia di lottare per l’indipendentzia curturali dei sardi.
In un mondo dove l’economia ha un carattere globale, ci sta dicendo che i sardi devono fare la scelta dell’ indipendentzia curturali. È che quella statuale è cosa effimera in un mondo ormai drasticamente economicamente globale. La proposta di Bolognesi potrebbe essere accolta da tutti i politici di destra e di sinistra, perché non ci diamo da fare per metterla in atto?

9 commenti:

Damiano Anedda ha detto...

Ma sì, lasciamo a chi vuole la libertà di fantasticare. Anche giocare a Monopoli aiuta a distrarsi.

Anonimo ha detto...

Quindi, se ho capito bene, lasciamo la politica ai partiti italiani e agli italiani, lasciamo che di noi si prenda cura mamma Italia per ancora qualche millennio o era zoologica, noi sardi parliamo solo di lingua, cultura e tradizioni...E VIVA L'ITALIA (per citare ancora l'articolo di Bolognesi...e chi orecchie per intendere intenda)!
Mai sentito niente di più ingenuo!!
Sarebbe come dire che la cultura e la lingua sono un qualcosa di slegato dalla società. Ancora più ingenuo è credere che possano sopravvivere in questo modo.
Comunque l'articolo di Bolognesi (che in ogni caso non è Vangelo) non diceva questo, non era una bocciatura dell'indipendentismo in generale ma una critica a un modo secondo lui sbagliato di fare indipendentismo.
Poi per sapere le proposte dettagliate di un partito bisognerebbe andare agli incontri e parlarne "a boghe" piuttosto che cercarle qua.

Mauro Peppino Zedda ha detto...

caro Signor Ghiacciu, che io abbia interpretato più o meno bene o male il pensiero di Bolognesi, non spetta certamente a lei dirlo, visto che Bolognesi è vivo, vegeto e sprizza allegria da tutti i pori!
Vede signor Ghiacciu tra il fattibile oggi o il ragionare su un futuribile niente affatto scontato che dovrebbe avverarsi tra due o tre generazioni, pensi che sia meglio realizzare il fattibile!

Anonimo ha detto...

Errata corrige:
po sa presse appo iscrittu era zoologica ma cheria narrere era geologica (po narrere chi fut tempus meda). Za mos semus cumpresos...

Mauro Peppino Zedda ha detto...

Guardi signor Ghiacciu, che già oggi a nessun sardo nessuno impedisce di aprirsi una impresa, lei sa bene (presumo) che la nostra agricoltura è incardinata in regolamneti della UE , che estiste una moneta unica, che esistono regolamenti comunitari per come macellare il bestiame, sulla certificazione di qaulsiasi prodotto, ecc. ecc.

Quello che ci manca è la libertà di gestire il cuore pulsante della nostra identità culturale, una identità che come cerca di dirci Bolognesi è madre di tutto il resto.

Adriano ha detto...

Non si può tuttavia scindere l'indipendenza politica da quella culturale, quantomeno nella sua prima fase di attuazione: nel senso che per tutelare e divulgare quella culturale serve prima una legislazione (ed anche delle istituzioni) adeguate allo scopo. Ma come diavolo facciamo con un indipendentismo immaturo in Sardegna che parla di riforme ma non sa o non capisce che prima serve un nuovo statuto autonomo? - Bomboi Adriano

Davide Casu ha detto...

Io forse sarò un estremista,
ed anche se non condivido moltissimo dell'apparato ideologico di Spiga, penso che gran parte dei moniti insiti nella sua eccezionale prosa meritano ancora oggi riflessione...
penso proprio che oggi, in questa economia globale, (dove i nostri pastori si trovano ad occupare la 131 contro le decisioni della UE, che nel favorire i distributori ne stanno detrminando la scomparsa in favore della fortificazione delle produzioni dell'est, neozelandesi e australiane), l'indipendenza culturale della sardegna deve essere a 360 gradi... e forse non è un fatto culturale il voler remare contro un sistema di valori assente, non è forse un fatto culturale lottare per l'uomo e non per le finanze... non è forse un fatto culturale difendere gli antichi saperi e mestieri della nostra cultura millenaria...
Un articolo di repubblica di giovedì 5 è illuminante, e se non altro conferma più o meno ciò che già si sa: CHI DECIDE COSA MANGIAMO.
auchan, carrefour, conad, despar, esselunga, selex... determinano il destino dei produttori, la qualità, i prezzi ovviamente...
bè, a me sembra non solo una circostanza economica, ma sopratutto un fatto circa la cultura del vivere di ogni comunità ora impedita dal potersi esprimere in tutti gli aspetti culturali da quelli palpabili ai non... è cultura salvaguardare le specie autoctone che da millenni i nostri padri coltivano nell'astuta conoscenza della loro adattabilità, rresistenza etc etc...
Signor Zedda, lo sa bene, quanta sapienza c'è nei lavori svolti nel mondo privato più che nella globalizzata produzione dove tutto sa di tutto ma alla fine sa d'un cazzo...
a mio parere l'indipendenza culturale è proprio insita nella resistenza al globale dove l'identità scema e con essa, questo è lo scopo della globalizzazione, l'individuo è asservito al sistema del consumo... Badate che una difesa dell'identità culturale, in un tessuto sociale asservito alle finanze, è, lo è oggi, e lo sarà ancor più domani, prima della sua estinzione, solamente, tristemente FOLKLORE da dare ai turisti. Insomma spettacolo da baracca e qualche briciola per noi nostalgici...

Anonimo ha detto...

Infatti io non parlavo del pensiero di Bolognesi (che non conosco) ma semplicemente di quel suo articolo, che oggettivamente non contiene nessuna critica all'indipendentismo in generale.
Quanto al valore dell'identità sono d'accordo con lei e spero che siamo tutti d'accordo sulle implicazioni politiche della questione.
Però è vero anche che ci mancano tante altre libertà (da quella economica a quella fiscale a quella nelle relazioni internazionali) e ci manca in generale una libertà decisionale pari a quella delle altre nazioni, che non subordini il nostro interesse nazionale ad un altro "interesse nazionale" (=italiano in questo caso), nel rispetto dell'acquis comunitario.

elio ha detto...

Caro Mauro, mi rivolgo a te ca ses su prus acanta (ita ndi nas de-i custu imburdugu de fuedhada?). Se ho capito bene ti accontenteresti dell'indipendenza culturale. Prima di dire "mi accontento", vorrei sapere cos'è l'indipendenza culturale. In molti ce la prendiamo con la globalizzazione e in più, in particolare, con "auchan, carrefour,conad,despar, esselunga, selex (chin coop nou?) come se la responsabilità fosse loro.
La globalizzazione è cosa antica, nel Bronzo finale e anche prima, il Mediterraneo e le terre intorno erano un mercato globale, perchè il mercato a questo tende, ad essere globalizzato.
Perchè i nostri acquisti li facciamo in quei posti virgolettati più sopra? Perchè è più comodo. Sono diventati luoghi di ritrovo: "Ci conosciamo? Sì, ci siamo incontrati all'Ikea". Anche questa è cultura, cumenti de-i cussa de sa mandada po s'ocimentu de su procu (achisti cust'atru puru de imburdugu).
Le culture però prendono strade diverse a seconda delle condizioniin in cui opera la convivenza civile, voglio azzardare: a secomda dell'educazione che corre (ulteriore azzardo)sul mercato.
Poco importa se le mele hanno sapore di carota e la carota di melanzana e la melanzana di qualsiasi altra cosa. Chi compra più le mele bacate? Se non qualche esaltato naturista? Però la tendenza è verso l'acquisto di prodotti biologici (chi sa cosa vuol dire, l'importante è che sia bello scritto e reclamizzato)
Ho divagato? NO, no, la cultura tout court, viaggia su questa direttrice e al volante c'è 'leducazione.
Ita 'olit narriri indipendentzia curturali? Ca candu 'andu a s'Ikea po comporai una mesa, dhis pedu su pretziu in Sardu e issus in sardu m'arrispundint?
Dhu 'is comenti seu faendi a cresciri su 'mburdugu?
Mi sembra che di questa indipendenza non ci possiamo accontentare. L'indipendenza è una cosa sola e non possiamo scinderla in statuale e culturale, almeno così mi sembra.
Ma mi paridi un'atra cosa puru,: po no abarrari in su 'mburdugu s'at a tocar'a cambiari sa conca.