Mi prendo un momento di pausa nelle discussioni di archeologia ed epigrafia che ci stanno appassionando per riflettere su qualcosa che, credo, interessa tutti: archeologi professionisti, appassionati, ricercatori di mestiere e di passione, linguisti, epigrafisti e tutti gli altri. Parlo della imminente celebrazione della morte del plurisecolare Regno di Sardegna e della nascita del Regno d'Italia. Parlo del ricordo pubblico del Grande inganno come lo chiama il professor Francesco Cesare Casula nel libro appena uscito nelle librerie.
Naturalmente non si celebrerà il Grande inganno ma la meno inquietante Unità d'Italia. Si farà mettendo in sottordine i momenti oscuri del processo di unificazione e questo è, in qualche modo, comprensibile: non si celebra un grande imbroglio; ma si tenterà – già da tempo lo si fa – di confondere le carte, buttandola sul misticismo, come ha fatto ieri su Il Corriere della Sera il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, Alleanza nazionale di origine. L'Italia è, secondo lui, una nazione spontanea già prima del 1861.
Ed ecco perché: “Se si ha voglia di abbandonare qualsiasi retorica, la ricerca di elementi realmente unificanti deve partire da pochi dati di realtà. II primo è l'esistenza in Italia di una unità culturale antecedente di svariati secoli rispetto al momento dell'unità statale; una unità culturale che comprende una molteplicità di articolazioni, ma che è tale perché si riconosce nel ceppo comune dell'eredità filosofica ellenica e del legato giuridico romanistico, entrambi inverati dal Cristianesimo”. Chi sa, se si fosse lasciato andare alla retorica.
La “unità culturale antecedente” dello stato italiano attuale comprende, par di capire, anche la Francia, la Spagna, il Portogallo più alcune altre frattaglie qua e là per l'Europa, tutte accomunate da tale unità culturale. Forse non siamo ancora a propositi espansionisti, all'inglobamento nella nazione italiana anche di quegli stati, ma certo povera unità della Repubblica se i suoi difensori usano simili argomenti.
“Quali potrebbero essere le conseguenze, anche politiche, della constatazione che l'Italia non nasce nel 1861, che nei secoli antecedenti il Risorgimento vi era una «nazione spontanea» (per riprendere la felice espressione di Mario Albertini), che aveva una comune identità, fondata su una comune religione, su principi e cultura, anche politica, sostanzialmente omogenei?” chiede Mantovano. Io spero molto, perché fido nell'intelligenza persino dei più accesi nazionalisti italiani, che qualcuno voglia dargli una risposta adeguata.
Una ce l'avrei spontanea, sia pure educata: bisognerebbe rimandare a scuola di mistica romana un bel po' di gente. E non parlare più di grande inganno, ma di gigantesca mistificazione.
9 commenti:
In sintesi occorrerebbe dire a Mantovano quello che giustamente dice Cossiga, cioé che i Sardi sono italiani per scelta (dal 1847): La Nazione italiana spontanea vale dunque per lui e per altri, non per noi.
Adesso posto due righe in tal senso a Sergio Romano nelle lettere al Corriere. Anche se so già che non le vedrò pubblicate.
Per amor del vero faccio presente a coloro che citando Mario Albertini definiscono l’Italia “Nazione spontanea” già da prima del 1861, che da questo spontaneismo italico deve escludere i Sardi. Tutti sanno che i Sardi, nel 1847, rinunciando alla loro secolare Autonomia garantita dagli Stamenti, scelsero di diventare italiani, come ama ricordare Francesco Cossiga. Lo scelsero volontariamente, non fu né automatico né spontaneo. La rinuncia all’antica Autonomia alla luce dei fatti fu poi ritenuta una sciagura dagli stessi rappresentanti rinunciatari, ad esempio dal Siotto Pintor. Aggiungo che la scelta non fu fatta solo sulla carta. Comportò poi sudore e sangue. L’Italia se c’è, è nostra più ancora di altri, sia perché deriva dal Regno di Sardegna, sia perché il sangue versato dai nostri fanti colora terre continentali e le loro ossa disperse ornano lidi lontani.
Per favore smettiamola con lo sciovinismo italico! Si mettano in testa i nostri fratelli italiani che ancor oggi, al mattino il Sardo sceglie di essere italiano e alla sera se ne pente perché si accorge di aver rinunciato a una parte troppo importante di se stesso e di essere in balìa di corruzione e malaffare. E’ ormai diventato intollerabile il veder mortificata la Nazione Sarda. Occorre adesso prendere atto degli errori dei nostri padri e riprendere un nostro cammino. La casa Italia rimane anche nostra perché abbiamo onorato tutto quanto ci competeva.
COSI' A SERGIO ROMANO
Salve!
Ho avuto un botta e risposta qualche anno fa con Sergio Romano sul Corriere della Sera nella rubrica delle lettere in occasione dell'elezione di Napolitano al Quirinale, il tema era analogo. Appena posso lo rispolvero. - Bomboi Adriano
Caro ZFP,
vorrei ma no riesco ad accalorarmi osservando la spuma dell'acqua passata nel mulino della storia dei secoli scorsi.
So che è un mio limite, uno dei tanti, neanche il più importante, che, anche desiderando, non riesco a superare, o solamente a fare finta di andare oltre. E Dio solo sa quanto gioverebbe alla mia immagine, se me ne curassi più di tanto.
Perché questa storia della nazionalità spontanea mi ha fatto correre un brivido, né più, né meno di quello che mio zio, classe 1920, si è sentito salire lunga la spina dorsale il giorno in cui sentì l'italiano del nuovo papa. Se per lui, per mio zio, rastrellato in Grecia nel '43 e invagonato in Germania, è più che comprensibile, dato che porta sulla spalla il segno della baionetta del sorvegliante del campo di lavoro (lui era sempre al di sotto della metà dello standard medio di produzione, vale a dire implicitamente un sabotatore della produzione bellica del Reich), per me non c'è giustificazione, se non dire che si tratta di una reazione a fiuto, a pelle, insomma, irrazionale.
So bene che certi discorsi sono serviti, servono ancora, serviranno sempre, specialmente in politica, specialmente a chi li fa, anche se non è mai stato il tuo caso.
Io invece soffro di meno se qualcuno m'indicasse l'acqua che al mulino della storia ancora non è giunta, per vedere di colorarla, di incanalarne, di fare quanto è possibile fare per tirarla al nostro mulino, al mulino comune dei sardi.
Con questo no dico che non apprezzi le tue diagnosi, anzi ti sono riconoscente perché hai antenne giroscopiche che captano ad angolo giro.
Dico che apprezzo, ma non mi commuovo.
- In occasione delle elezioni Europee avevo proposto di recarci a Monti e Prama per protesta al tipo elezione che alla nostra Sardegna precludeva ogni possibilità di eleggere un qualsiasi rappresentante, e su questo ho avuto purtroppo ragione.
A monti e Prama abbiamo issato, in alto a sventolare la Bandiera della Sardegna ed in basso a mezz’asta la Bandiera Europea. Ultimamente son passato nei paraggi, ed ancora erano lì a sventolare.
- Proponevo quel posto perché rappresenta uno dei simbolo di libertà per noi Sardi.
-Qualche anno fa ho costruito con la tecnica dell’archeologia sperimentale un arco medievale rifacendomi al retablo di S.Giuliano, un dipinto del 1410, con quell’arco sono stato invitato a collaborato all’allestimento del museo del paese di Las Plassas. In quella occasione prof. F.C. Casula illustra la storia del castello posto sul cuccuzolo della collina. Terminando con il ringraziare i molti presenti per l’attenzione e l’interesse per quella Storia “minore” ma comunque la Nostra Storia, che al pari dell’altra, valeva essere conosciuta.
Al momento delle domande da parte del pubblico sono intervenuto rilevando il fatto, che passato questo momento di interesse dei presenti, tutto terminava lì, e il resto dei Sardi continuava a leggere, i giovani a studiare e a trasmettere l’altra storia quella pensata, scritta ed imposta dall’esterno. Il Professore ribadì di una sua proposta alla Regione, perché i libri sulla storia della Sardegna fossero al pari degli altri studiati a scuola. Di questo purtroppo niente è avvenuto.
Ora sulla supplica del Prof. Casula propongo una raccolta di consensi, ((I libri sardi nella scuola Sarda) on-line su questo blog, sempre che Gianfranco accolga questa idea.
- Cosa c’entra Monti e Prama con tutto questo, l’anno prossimo sarà il cento cinquantenario della cosiddetta unità d’italia, ed allora se tutto questo è un falso storico impostoci come tante altre illusioni manifestiamo il nostro dissenso, come appunto a Monti e Prama, non importa andare sul posto, è un simbolo e va bene anche stando a casa propria attraverso un moderno blog on-line.
- Personalmente rispetto la bandiera, giustamente come rispetto tutte le Bandiere, Sarò italiano pago le tasse ma non mi sono mai sentito e tanto meno mi sentirò di Nazionalità italiana.
Giorgio Cannas
P S, l'articolo l'avevo scritto nel 2009,dopo il post del Prof. F.C. Casula.
mi scuso per il ritardo nell'inviarlo.
G.Cannas
escludendo noi sardi comunque sulla spontaneità della "nazione" italiana ho dubbi, basti pensare al brigantaggio.....alle lingue presenti etc...
la scelta degli stamenti sardi del 1847 purtroppo ricade su chi non ha mai potuto scegliere come noi.....
Vorrei rispondere ai tuoi commentatori ma non so entrare nel blog. Ti mando il testo:
Francesco Cesare Casula
"Con tutto il rispetto e la stima per il mio vecchio e caro amico Francesco Cossiga (che citate forse a sproposito), noi sardi non siamo diventati italiani nel 1847, ma sono i piemontesi, i savoiardi e i nizzardi ad essere sardi fin dal 1720 (basta guardare i documenti dell’epoca). Dopo il 1847, con la conquista degli gli Stati preunitari da parte del Regno di Sardegna, diventarono sardi tutti i continentali peninsulari (basta guardare i documenti). Nel 1861 fu cambiato il nome allo Stato (e con ciò tutta la storia) - da Regno di Sardegna in Regno d’Italia -; ed è così che d’allora i sardi sono chiamati italiani. Perciò, mi dovete dire quale attuale regione (italiana) può vantare un simile dato di fatto. Il problema è: che farne politicamente di questa rivoluzionaria proposizione? Ci vorrebbe un Bossi sardo…".
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