sabato 20 giugno 2009

La lingua (sarda) rapita

Mentre una parte della politica italiana sta dietro (e cerca di esservi dentro) alle mutande di un paio di signore, e mentre un’altra parte si scandalizza denunciando un imbarbarimento , qui da noi si sta meglio. C’è, è vero, qui e là qualche tentazione di essere à la page. Ci cade per esempio, con un articolo raffinatissimo e dal titolo tutto giocato sulla metafora (“Che storia del cazzo!”) il sito della sinistra Democrazia oggi, e naturalmente ci sguazza L’Altravoce con un titolo con toni appena appena sottintesi: “Nel porno-bordello Italia, riecco i casini di Stato, nelle residenze istituzionali, esclusivi: Berlusconi “utilizzatore finale” e maitresse fra ruffiani e donne a pagamento”.
Ma sembrano reflui di “politica nazionale” come chiamano quella italiana: complessivamente lo scontro politico, qui in Sardegna, ha l’andamento classico del “Voi non fate niente per i sardi” versus “Noi per i sardi stiamo facendo il massimo”. Insomma, la battaglia fra opposizione e governo si svolge in maniera dura ma sostanzialmente corretta, senza sventolio di slip e perizoma. Detto per inciso: chi sa che questa maggiore sobrietà non abbia portato al Pd il successo innegabile che ha ottenuto il 6 giugno? Che ciò si debba al carattere più riservato dei sardi (almeno in materia di letto), può essere come può darsi che la crisi economica particolarmente feroce (30 mila occupati in meno in un anno, un quarto a governo Cappellacci, tre quarti a governo Soru) suggerisce non sia tempo di frivolezze erotiche.
Fatto sta che la politica sarda mi pare più seria di quella italiana. Capita così, nel disinteresse e/o nella incomprensione dei media, che i sindacati uniti, Cgil, Cisl e Uil, abbiano affiancato alla classica visione economicista un progetto di enorme importanza non tanto per le emergenze attuali, quanto per il futuro della nostra isola. Proclamando per il 10 luglio lo sciopero generale, i tre sindacati hanno detto che quella manifestazione deve essere “il primo passo verso un’assemblea del popolo sardo che dia forza a una nuova stagione costituente per riscrivere lo Statuto speciale e avviare le necessarie riforme istituzionali".
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