mercoledì 25 febbraio 2009

I paradossi editoriali delle fanzine sarde

di Alberto Areddu

In realtà è davvero poco paradossale, basta pensarci un attimo e del rebus troviamo la soluzione. Secondo un costume che ha preso piede sui grossi newspapers continentali, di cui le nostre fanzine sono tributarie culturali oltre che economiche, quando le tirature iniziano ad andare male, ecco che prendono ad ammannire qualche fialetta che diluisca almeno per un po' di tempo l'infedeltà del lettore, e dopo qualche penoso gadget, o il magazine subculturato, arrivano a offrirti una intera collana di libri (di cui solitamente il primo della serie è a gratis e gli altri te li paghi, se vuoi, a parte).
Così, sotto campagna elettorale, la fanzine pubblicata in Sassari, evidentemente non più sorretta dal bollettino necrologico provinciale, ha offerto ai suoi lettori, la vera quintessenza della civiltà in Sardegna: ben 14 volumi dedicati ai nostri maggiori delinquenti: ladri, stupratori, assassini, briganti, abigeatari, rapitori (per fare qualche nome tra quelli noti: Stocchino, Paulis, Tandeddu), che fin che indietro si può andare con la "retentiva", hanno ingentilito il fosco panorama delle cronache isolane, e che sono entrati nella memoria collettiva.
Inutile dire che tali sofisticherie, roba per palati buoni, come è giusto che sia, vadano a ruba. Perché questi, come i morti del suo paese, per il lettore sardo, sono roba sua, antichi araldi di un malrealizzato senso di giustizia, e passi che hanno stuprato, trucidato, squartato, dirupato, dato a cani e porci, in realtà i nostri fuorilegge (chiamiamoli così) sono dei malinterpretati Robin Hood di cui inorgoglirci (e così fa il sassarese Cossiga, orgoglioso dei suoi cronologicamente non lontanissimi parenti delinquenziali d'Anglona). Io non so sinceramente se, si dovesse scoprire un giorno che Totò Riina, Totuccio Contorno, o ancora Provenzano possedevano uno zio di Sardegna, il nostro lettore si inorgoglirebbe ancora, visto che i sardi tendenzialmente si inorgogliscono di tutto ciò che sia sardo, sardizzato (Giggi Rivva) o con l’alone di sardità (pensiamo alla telenovela editoriale sulle supposte origini isolane del tiranno Peron). E lo so qualcuno allora mi obietterebbe: "E beneminde, Areddu! Cussos mafiosos sunu, sos nostros fini eroes populares!"
E' forse per questo sottile ragionare, che quando esposi a responsabili editoriali, allocati nella città della fanzine (e non solo in quella), l'ipotesi che c'erano delle somiglianze non vaghe tra Paleosardi e Albanesi (era il 2006, quando i Rumeni in Italia e in Sardegna stavano appena arrivando), mi guardarono, e a ragione, con la bocca storta, come a pensare: "tu ci stai venendo a dire che noi, giganti del pensiero, saremmo parenti di gente che è nata delinquente?".
Ecco sciolto il paradosso: la roba di casa nostra, anche dei nostri delinquenti, va venduta al colto e all'inclita (campeggiano enormi tomi nelle librerie delle loro eroiche imprese), quella di fuori, figlia di una razza disonesta, che se ne resti a casa sua, e non ci insudici il nostro orgoglioso, ineguagliabile, millenario prognatismo!

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