lunedì 25 agosto 2008

Cari archeologi sardi, sentiamoci

In questi ultimi giorni, ho ricevuto da un archeologo portoghese e da un epigrafista tedesco che sono in grado di arricchire, e non di poco, le discussioni sull’archeologia in corso su questo blog. Il portoghese professor Fernando Rodrigues Ferreira, letto l’articolo di Gigi Sanna sul “coccio di Orani” e esaminata la fotografia a corredo, scrive di aver trovato 67 iscrizioni che sembrano aver qualche cosa in comune con il reperto sardo.
“Si tratta” scrive l’archeologo “di iscrizioni inedite in Portogallo e cerco ovunque riferimenti paralleli”. Domanda proposte di interpretazione che io giro, ovviamente, a chi sappia cosa dire. Qui si provano le tre foto che Rodrigues Ferreira mi ha inviato.
Le seconda mail è di un epigrafista, il professor Herbert Sauren, che i lettori di questo blog già conoscono. La traduco così come mi è arrivata.
“Io penso che sarebbe una buona cosa discutere fra colleghi i problemi di interpretazione dei testi. Lavorare ciascuno nel proprio buco non ha molto senso e non aiuta a rintracciare e ricostruire il passato. Secondo me, la Sardegna era una tappa nel cammino verso la Penisola e la Francia. Per principio, io sono interessato a tutti questi testi (quelli pubblicati sul blog, NdR), ma si ha bisogno di disegni e foto leggibili”.
Un invito cui è impossibile negare fondatezza, naturalmente, e che, per quel che conta, faccio mio, mettendo, come sempre, a disposizione questo spazio.
Aggiunge con ironia, e in polemica con Sanna (vedi fra l'altro), il professor Sauren: “Allego l’immagine di una moneta con il simbolo della Tanit, la dea del cielo (!), di modo che leggere Yahwe sarebbe una bestemmia agli occhi degli ebrei e del Papa”.

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