Chiamarono “Stati generali” alcune sedute del Consiglio regionale in cui, nel settembre scorso, gli ottanta nostri eletti cominciarono ad annusare una questione che sembrò essere alla loro portata: la scrittura del nuovo Statuto sardo. Parve persino che alcuni di loro avessero capito di che si trattava e dai testi di alcuni interventi, qualcuno ricorderà, si trasse persino il convincimento che sì, insomma, forse almeno loro si sarebbero dati una mossa. Non è che quei giorni di dibattito avessero prodotto documenti fondamentali per il futuro della Sardegna, ma gli ottanta si dettero almeno una scadenza: il 18 di febbraio di quest'anno.
Per quella data, la Commissione autonomia del Consiglio (presidente Pietro Pittalis del Pdl, vice-presidente Tarcisio Agus del Pd) era impegnata “ad istruire ed elaborare un percorso costituente finalizzato alla riscrittura dello Statuto nel quadro delle disposizioni dell'articolo 54 dello Statuto stesso, avvalendosi anche di contributi tecnici altamente qualificati da individuarsi ai sensi dell'articolo 42 dello Statuto”. Da quella scadenza sono passati ulteriori tre mesi. E non solo non è stato istruito e elaborato un bel niente, ma, a quel che trapela, i commissari sono bipartisanamente pronti, se mi consentite la metafora, a prenderci per il culo.
Del percorso costituente neppure a parlare, tutto è rinviato a data da destinarsi. Ora i commissari sarebbero impegnati a mettersi d'accordo sulla legge statutaria. Il che è come dilettarsi in fini ragionamenti sul colore degli infissi di una casa di cui non esiste il progetto. Non solo, non c'è neppure idea di che cosa debba essere, se un bel palazzo o se, come temo considerati i muratori, una bicocca sghimbescia. Per stupire la platea, di tanto in tanto escono dal nostro bestiario politico altri suggerimenti sul colore degli infissi della casa ectoplasmatica. Ecco a voi la riduzione da 80 a 60 dei consiglieri regionali, così si contenta la galleria degli indignati per il costo della politica. E voila la richiesta di creazione in Sardegna delle sezioni della Corte dei conti e del Consiglio di Stato.
Cose che hanno bisogno di laboriose modifiche costituzionali, né più né meno come la scrittura dell'intero Statuto. Ma a differenza di tale riscrittura non c'è alcuna fatica da fare, nessun confronto o conflitto con lo Stato da prevedere, nessun rischio per eventuali consiglieri cuor di leone di essere puniti, da Roma o da Arcore, per aver troppo osato. Fai la ninna fai la nanna, Commissione autonomia. Da oltre tre anni la maggioranza ha in agenda la riforma dello Statuto, ha anche articolate proposte pronte da avanzare, ma al suo interno è il caos: chi si sente scavalcato, chi francamente non capisce che bisogno ci sia di disturbare lo Stato che dorme, chi vorrebbe ma come si muove viene impallinato, chi neppure si ricorda di aver promosso l'elaborazione di un nuovo Statuto, chi è convinto che una riforma così non dà un solo voto. E c'è chi trova entusiasmante discutere sullo strumento legislativo per affrontare la scrittura di uno Statuto di cui non sa a che cosa servirà.
Ma anche dall'altra parte mica stanno meglio. Neppure sfrugugliano la maggioranza ricordandole che è essa al governo. Su questo meglio tacere, non sia mai che a qualcuno venga l'uzzo di chiedere al centrosinistra che razza di Statuto voglia. Meglio, molto meglio trovare un accordo nelle chiuse stanze di una commissione sul colore degli affissi di una casa che un giorno forse verrà. Per quanto ridotto ai minimi termini elettorali, ma non di influenza culturale, il mondo del nazionalismo e dell'indipendentismo sardo è oggi impegnato a giocare all'antagonismo di sinistra, con venature giustizialiste. Peccato, perché nell'eclisse della ragion politica che sta imperversando, avrebbe tutto da guadagnare nell'impugnare la bandiera del nuovo Statuto. È vero, non è l'indipendenza, ma la sovranità conquistabile con esso le assomiglia molto. Più, comunque, di uno statuto di eteronomia quale abbiamo, nella rassegnazione del bestiario politico.
Mi piacerebbe tanto pensare, o anche solo illudermi, che la ventata di novità portata da giovani come Zedda e i suoi amici preludesse a un interessamento per una futura Carta costituzionale della Sardegna. Ce lo possiamo fare un pensierino? Per ora i più sono impegnati a contemplare il “risultato storico” (sic!) di un cambio di maggioranza comunale, confuso con l'assalto al Palazzo d'Inverno. E, oggi, ad avvolgersi nel tricolore mostrando i fieri petti a difesa della Costituzione italiana che pensano in pericolo. Ma, finita l'ebrezza, chi sa che non trovino nella loro vittoria motivi per occuparsi della Sardegna del futuro.
7 commenti:
Sembrerebbe in piedi una tacita alleanza trasversale per bloccare ogni decisione da prendere sulla questione vitale del nuovo Statuto.
@ Piero
Parrebbe di sì, anche se gli attori non confesserebbero mai questa alleanza
Il bello è che i 10 rottami, ops, partiti Sardi se ne stanno fregando. - Bomboi Adriano
Non era a caso che noi del Comitato per il Nuovo Statuto/Carta de Logu Nova, abbiamo scritto il testo per presentarlo come legge di iniziativa popolare..si tratta di farlo...
Anchio non voterò agli altri 3, ideologici e conformisti: gente che parla senza neppure aver letto di cosa si tratta. la cosa più grave è che pure alcuni partiti Sardi hanno seguito l'andazzo quando pareva ci stessero riflettendo su. Giocare alla sinistra contestativa è l'unico sport che gli riesce meglio, fare i partiti Sardi, molto meno... - Bomboi Adriano
@ Adriano
Sì, l'astio - magari ben riposto, per carità - contro B. mette in soffitta ogni altro ragionamento e la testa lascia il posto al fiele. C'è, mi pare, la convinzione che un massiccio voto referendario per il sì abbia lo stesso effetto di elezioni governative. Dio mio che pena.
Provate a ragionare per un giorno come una pecora o, se si predilige, come una capra. Poi mi si dirà.
Se tutta la campagna è coperta di neve e non si trova qualcosa di verde da addentare ormai da anni (pardon, da giorni!), anche la tramontana, su bentesoli, la pioggia, qualsiasi nuovo evento è benvenuto purché riesca a tenere teso l'ultimo filo di speranza che si possa mangiare di nuovo.
Sarebbe oltremodo benvenuto un terremoto che scuoterebbe la terra, farebbe vittime ovi-caprine, ma almeno i superstiti...
Cosa c'è di sbagliato in un pensiero da pecora?
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