Sarà perché la Santa Alleanza Giacobina è al di là di ogni possibile sopportazione, ma trovo la levata di scudi contro il trasferimento al Nord di quattro ministeri più straziante dell'idea leghista che una nuova repubblica federale abbia bisogno di tale trasferimento. Straziante, questa rivolta bipartisan, ma anche sintomatica delle lacerazioni forse insanabili dello Stato unitario e della decadenza di una “unità nazionale” alimentata con accanimento terapeutico.
Le forze in gioco in questa decadenza non sono rappresentate da piccole élite di cui la SAG possa prendersi gioco, non solo perché la Lega ha il consenso di un elettore ogni dieci di tutto lo Stato e molto di più nella cosiddetta Padania, ma perché da essa dipende la sopravvivenza di questo Governo, il cui ministro degli Interni non ha fatto mistero, domenica, di volere una Padania indipendente. Alla parte opposta c'è il sindaco di Roma, della capitale cioè che si vorrebbe depotenziare, e la presidente della Regione Lazio, entrambi di origine post-fascista e di sicuri sentimenti giacobini, al pari del cosiddetto Terzo polo e di parte importante del Pd ed alleati. In mezzo, il corpo molliccio del Pdl, combattuto fra il richiamo nazionalista granditaliano e l'urgenza di salvare il salvabile.
Più che portare al Nord dei ministeri, la richiesta leghista ha – mi pare – la funzione di far detonare le contraddizioni vere, reali che soprattutto in questo 150° si è cercato di nascondere sotto il tappeto tessuto di enfasi e retorica. Il Meridione italiano rinfaccia al Nord di essersi arricchito attraverso una politica di spoliazione delle risorse economiche, finanziarie e umane (le stragi commesse dal Regio esercito sardo fino al 1861 e italiano dopo il 17 marzo). Per decenni, i massacri sono stati nascosti o ingentiliti come frutto degli scontri fra legalità e brigantaggio. Ora i meridionali dicono: basta.
Il Nord italiano rinfaccia al Meridione di essere una palla al piede, di aver succhiato una quantità enorme di denaro senza sviluppare una propria virtuosità economica e si citano in questi giorni le cifre di questo disastro: ogni cittadino della provincia di Milano paga di Irpef allo Stato 6.357 euro ogni anno, 5.000 in più di quanto paghi un cittadino della Provincia di Lametia Terme, 2.000 più di ogni romano. E, dicono, i padani, non solo i leghisti: ora basta.
Fra questi “basta” si gioca non tanto una incomprensione fatta di reciproci malumori e lamentele, ma una inconciliabilità diventata azione politica, come dimostrano le grida di “secessione” dei leghisti a Pontida, le minacce di reazioni parlamentari a Roma, la creazione di movimenti sudisti all'interno del centrodestra oltre quello sicilianista di Lombardo. Al momento, e soprattutto dopo la vittoria alle amministrative e in attesa dell'alternanza sperata nelle prossime elezioni, il centrosinistra si presenta come baluardo dell'idea unitarista. E non è detto che proprio questa sua proiezione ideale di custode della Costituzione tale e quale non coalizzi, alla fine, il consenso di quanti pongono il “sentimento nazionale” al primo posto. Molto più di quanto possano fare finiani, rutelliani e casiniani con il loro Polo della Nazione.
Si tratta di vedere, ammesso che così sia, se l'empito nazionalista del centrosinistra alla fine dei conti renda più coeso lo Stato o e, invece, favorisca la sua dissoluzione: Nordismo e Sudismo non mi paiono semplici operazioni elettorali, non più almeno. E la Sardegna? Secondo l'amico Torchitorio anche nella nostra terra c'è qualcosa che si muove sia nell'uno sia nell'altro schieramento che rimescola le carte di una dipendenza pluridecennale succhiata con il latte materno dell'unità nazionale, addolcito da una autonomia già vecchia quando nacque. L'indipendentismo e il nazionalismo che in Sardegna ha una matura tradizione hanno sì regalato cultura della sovranità a gran parte degli schieramenti politici, ma non sono mai riusciti a gestirla in proprio, salvo negli anni Ottanta quando sprecò l'occasione rinseguendo miti non propri.
Sarebbe una cosa normale – per di più conosciuta e sperimentata in altre nazioni senza stato – che accompagnassero la crisi dello Stato “statale” e l'affermarsi della sovranità nazionale senza pre-determinare a priori quale sia lo schieramento (centrosinistra o centrodestra, tanto per capirci) più ricettivo le istanze di sovranità. Come diceva un antico saggio, la migliore maniera per conoscere il sapore di una mela è assaggiarla.
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