giovedì 13 marzo 2008

Statoiatri sull'orlo di una crisi di nervi

Marcello Madau scrive oggi su un giornale sardo di augurarsi non venga "smarrito, per via della omologazione di interessi che si intravvede nel riavvicinamento delle due grandi forze politiche, il ruolo superiore dello Stato come custode della collettività nazionale e dell'uguaglianza dei suoi diritti e doveri". Aznar in Spagna e il Conseil constitutionnel francese (per dire dei più resistenti baluardi del giacobinismo) non avrebbero potuto dire meglio.
E per che cosa Madau esprime questa preoccupazione? Perché sente il rischio che il controllo dei beni culturali possa passare dallo Stato alle Regioni. E che cosa, se non una concezione statoiatra, può fargli pensare che questo sia un male, anziché, come penso, un bene? La Regione sarda, intesa naturalmente come istituzione del popolo sardo, non sarebbe in grado di avere una visione unitaria di beni culturali che le appartengono? Perché? Perché è un'entità più piccola dell'Italia o solo perché non è uno Stato indipendente? Par di capire che se lo fosse, Madau non eccepirebbe e si rassegnerebbe a una tutela sarda del patrimonio culturale sardo.
Insomma, Malta, quattro volte meno popolata della Sardegna, è titolata a esercitare tutela dei suoi beni culturali perché è uno Stato. E la stessa titolarità, suppongo, Madau riconosce a Montenegro, a Cipro e ad altri Paesi più piccoli della Sardegna, solo perché stati. Se è così, credo che Bustianu Cumpostu, Efisio Trincas e Gavinu Sale abbiano ragioni da vendere, quando propongono la costituzione dello Stato sardo.
Non ne sono sicuro, ma penso che una Sovrintendenza sarda (nel senso che non risponde a un Ministero italiano) starebbe più attenta a non fare figli (feniciomani, romanomani, grecomani, etc) e figliastri (quei poveri archeologi che si ostinano a pensare che in Sardegna, oltre a fenici, punici, romani, bizantini... ci fossero anche dei sardi).

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