martedì 4 marzo 2008
Scritta nuragica: intervista con lo scopritore
E' stata rinviata la conferenza stampa che, ieri a Santa Cristina di Paulilatino, Luigi Sanna doveva tenere per illustrare la nuova scrittura nuragica trovata in una capanna vicino al nuraghe Lugherras. A quel che pare, dovrebbe trattarsi di niente di grave, solo un rinvio. Intanto, però, ho fatto a Sanna una breve intervista che qui sotto pubblico.
D. - Come ha scoperto la scritta che avrebbe dovuto illustrare ieri a Santa Cristina?
R. - La scritta è stata scoperta circa un mese fa da un'insegnante di Paulilatino, Teodora Masia e da una sua amica, anche lei insegnante. Entrambe sono appassionate di archeologia e di epigrafia. Essendo a conoscenza di quanto avevo pubblicato in Sardoa Grammata sulla particolare scrittura adoperata dai nuragici, hanno ritenuto opportuno farmela conoscere. Mi è stata fatta una telefonata il 10 Febbraio e l'indomani stesso ho effettuato un sopralluogo. Le incisioni si trovavano in località Perdu Pes, non lontano dal Nuraghe Lugherras, in una capanna abbandonata, sicuramente di antica costruzione. Ho capito subito che si trattava di scrittura del periodo nuragico. I grafemi infatti erano riconducibili alle tipologie di alfabeto, ormai note, di altri documenti nuragici.
D. - Ha già decifrato i grafemi?
R. - Se per decifrazione intendiamo il trasferimento dei grafemi in segni fonetici, la risposta è ampiamente affermativa. Se invece intendiamo per decifrazione il significato che sta dietro i suoni, il discorso è più complesso. Infatti, com'è d'obbligo per tutte le decifrazioni, in queste bisogna essere cauti e andarci con i piedi di piombo. I fraintendimenti sono sempre possibili. Inoltre la scrittura nuragica, per ora sempre d'ispirazione semitica, stando a tutti i documenti rinvenuti, raramente manifesta segni d'interpunzione. Pertanto la 'lectio continua', ovvero la serie ininterrotta dei grafemi, non permette mai una lettura agevole. Comunque le parole sono o meglio, sembrano essere, due. Forse tre, perché bisogna sempre tener presente che la scrittura nuragica, soprattutto se è arcaica, è 'a rebus'. In genere tende a nascondere il più possibile il nome della Divinità.
D. - Lei dice che la scritta, di tipo protosinaitico, risale al XIV-XIII secolo a.C. Da dove ricava questa convinzione?
R. - La scritta è di tipo protosinaitico per alcuni grafemi, ma per altri (si pensi ad esempio al 'beth' iniziale) di tipo cosiddetto 'protocananeo'. Per protocananeo s'intende uno sviluppo in senso meno pittografico della scrittura protosinaitica. Ora poiché il protocananeo viene di norma datato tra il XV ed il XIII secolo a.C., è evidente che in questo arco di tempo si deve collocare anche la scritta di Perdu Pes.
Dopo abbiamo la presenza del fenicio arcaico, testimoniato questo in Sardegna dal frammento di stele rinvenuto a Nora e studiato dal Cross (che lo ritiene del XI secolo a.C.). Si deve tener presente, comunque, che nel Negev e in Palestina, quando si scrive in 'protocananeo' c'è la tendenza da parte degli scribi, ben compresa ormai dagli studiosi, a nobilitare la scritta con grafemi di un alfabeto più arcaico. Sembra essere anche il caso della nostra iscrizione. Del resto la tendenza 'arcaicistica' è assai manifesta nell'anello di Pallosu di S.Vero Milis e, in particolare, nelle tavolette di Tzricotu di Cabras che, addirittura, presentano il cuneiforme ugaritico.
D. - Guardando con l'attenzione che consente una fotografia, si ha l'impressione che la capanna "ospite" della scritta possa essere piuttosto del IX o VIII secolo a.C. E' cosi?
R. - Che la capanna sia del X -XI o del XVI o XVII secolo a.C. lo vedranno gli archeologi. Il dato secondo me, è però irrilevante, del tutto irrilevante, perché i massi scritti (bisogna tener presente che anche quello sottostante alla scritta contiene chiari 'segni' di incisioni e, con ogni probabilità di scrittura) sono stati riciclati. Lo dimostra il fatto che entrambi vanno capovolti per capire bene le iscrizioni graffite. Devo rilevare, con disappunto, che ci sono stati i soliti impulsivi che non si sono accorti del particolare e che comunque si sono affrettati a trinciare giudizi da epigrafisti consumati.
Evidentemente non hanno letto o si sono dimenticati delle raccomandazioni della Guarducci, la massima studiosa di epigrafia italiana di ogni tempo. Per le iscrizioni, oltre ad avere una grande competenza sulla natura e la tipologia dei segni, bisogna portare il massimo rispetto. Bisogna guardarli bene, con grande scrupolo. Le iscrizioni tuttavia non sono fuori contesto perché fanno parte della antica 'religio' del sito di Perdu Pes. Di ciò parlerò diffusamente, nel mese di Aprile/Maggio nella rivista Quaderni Oristanesi diretta dal prof. Giorgio Farris. La scritta, a quanto pare, illumina l'archeologia del toponimo ed il nome dello stesso.
D. - Sempre dalla foto, sembra che i grafemi siano troppo spigolosi e chiari, poco consumati dal tempo, insomma, e non sono evidenti macchie di muschi e licheni. Ha una spiegazione?
R. - E' strano che mi si faccia questa domanda perché la fotografia (ma ognuno può vederlo di persona in loco) mostra che i primi tre grafemi sono in parte ricoperti di muschio, anche nei 'profondi' solchi delle incisioni. Tre invece ( ma due sono accorpati!), quelli non ben protetti dall'antico frascame prima, dalle tegole moderne dopo, nonché dall'architrave della capanna, manifestano le ingiurie del tempo; ed infatti compaiono in un quella particolare zona della pietra esposta ( a sud- est) all'acqua ed al sole. E' stato un miracolo che le due insegnanti paulesi abbiano rinvenuto le iscrizioni per tempo. Qualche altra decina d'anni e la seconda parte della scritta, con ogni probabilità, non ci sarebbe stata più. Comunque gli scettici procedano pure con metodo autoptico. In questo figuriamoci se non sono d'accordo. Lo sono tanto che ho subito portato nella capanna di Perdu Pes un noto epigrafista e semitista, perché è bene non fidarsi mai di due occhi soli.
D. - Lei sostiene che la scritta è simile a quelle trovate in Palestina. Non è possibile che i sardi, nelle lunghe frequentazioni dell'odierno Medio oriente, abbiano scoperto lì la scrittura e importata in patria?
No, a mio giudizio le cose non sono andate così. Non si è trattato di una 'semplice' copiatura. Per capirlo bisogna allargare il campo storico e riconsiderare gli avvenimenti di uno dei periodi più complessi e tormentati della storia del Medio Oriente, quello della seconda metà del Secondo Millennio a.C. Dalle mie recenti ricerche, che attraverso la scrittura nuragica hanno portato alla decifrazione dei documenti greci di Pito (Delfi) finiti in maniera rocambolesca nel cuore della Gallia (Glozel), risulta che tra il semitico Cadmo che portò le 'lettere alfabetiche' a Tebe in Beozia e coloro ( purtroppo senza nome) che le portarono anche in Sardegna, non c'era grande differenza. Sardi cosiddetti 'nuragici' e semiti trapiantati in Grecia avevano la stessa Divinità e quasi lo stesso codice di scrittura, ad essa organico.
Nel corso del XVI secolo a.C., prima ancora dell'espansione travolgente dei Micenei nel Mediterraneo orientale, i semiti (particolarmente di tribù ebree) fondando i loro scali commerciali in Grecia e in Sardegna (e forse in altri luoghi) portarono con sé quella divinità (yah o yahwhè che dir si voglia) che veniva espressa nella scrittura con i grafemi 'cananei e palestinesi' d'origine, d'ispirazione pittografica egiziana. Ho scritto un libro su questo fenomeno mercantile prefenicio ( I Segni del Lossia Cacciatore, S'Alvure 2007) che diffuse un certo tipo di scrittura (quella che poi portò all'alfabeto greco del periodo arcaico) ma vedo che, purtroppo, in pochi lo conoscono, nonostante la stampa sarda (e non solo) lo abbia citato più volte. Ne parlerò comunque tra qualche giorno a Mogoro (insieme alla scritta di Perdu Pes) e nella Giornata di Studi in onore di Gianni Atzori (quarto anniversario della morte), promossa dal Sindaco di Oristano, per la fine di Marzo.
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