martedì 15 giugno 2010

E sos barones finirono a pèes in terra

Chi ne ha interesse, potrà leggere sui giornali e sentire in Tv le analisi in politichese delle amministrative sarde di ieri. Il centrosinistra che ha vinto perdendo una sua provincia e la terza città dell'Isola, il centrodestra che si lecca le ferite e trova consolazione nell'abnorme astensionismo, perché se no... Sono le debolezze della politica e noi, donne e uomini di mondo, siamo gente comprensiva. Mi pare più interessante vedere le cose con pensieri prepolitici, capaci ancora di tener conto di concetti come “giusto”. Secondo quanto è scritto nella relazione della Commissione Medici sul banditismo “il sardo ha uno spiccato senso del giusto”.
Ho la sensazione che questo senso del giusto abbia guidato una parte decisiva dei pochissimi sardi (meno di uno su tre) che sono andati a votare. Può anche essere una sensazione non del tutto fondata, ma una cosa è certa: l'arroganza delle nomenclature è stata sonoramente punita a Cagliari, a Porto Torres, in Ogliatra, a Iglesias, mentre è stata premiata a Nuoro la marcia indietro rispetto a una pregressa prepotenza. L'arroganza reiterata è tutta in casa del centrodestra, la resipiscenza in casa del centrosinistra. Ricordo in sommi capi che cosa sia successo.
A Cagliari, un capo corrente del Pdl ha imposto un “suo” uomo, Farris, come candidato alla Presidenza della Provincia, sicuro che chiunque, profittando dell'onda lunga berlusconiana, avrebbe sconfitto il candidato del centrosinistra, Milia. Questi, fra l'altro, era nei guai con il suo schieramento, diviso in tronconi. Ci voleva molta fantasia per perdere una partita vinta. Farris, che aveva vinto il primo turno (46% contro 33%), ha rifiutato qualsiasi accordo con la lista Massidda, sua concorrente di centrodestra. È così successo che Fortza paris e persino Msi abbiano deciso di votare Milia e Milia ha vinto.
A Nuoro, il candidato presidente, Deriu, perso il primo turno per la presenza di una forte lista anch'essa di centrosinistra, ha tentato l'accordo con i dissidenti, riuscendo a stringerlo con una parte di essi. Quel che è bastato per fargli ottenere una vittoria, risicatissima soprattutto in rapporto al 60% con cui aveva vinto cinque anni fa, ma ha vinto. A Porto Torres, l'arroganza dell'apparatnik del Pd ha fatto nascere una lista civica, anch'essa di centrosinistra. Questa ha vinto e il Pd ha perso. Ad Iglesias, la locale nomenclatura Pdl, certa di vincere, ha deciso di fare a meno di una componente del centrodestra, quella dei Riformatori sardi: meno si è a spartire il potere, meglio è. Gli esclusi hanno formato una lista, appoggiata anche da esponenti di rilievo del Pdl, ottenendo un buon risultato. Anche qui, rifiuto di qualsiasi accordo. E il candidato di centrodestra, un ex senatore, con la vittoria già in tasca ha preso la sberla.
Non sono sicuro al cento per cento che questa logica da “Barones sa tirannia, procurade de moderare” abbia mosso gli elettori sardi. Però mi piacerebbe molto che così fosse.

2 commenti:

Adriano ha detto...

E isperemmas chi che vinana puru a pedes in susu...- B. Adriano

Grazia Pintore ha detto...

Che bella analisi hai fatto GFP,è prorio così che sia la sinistra che la destra riecono a perdere.Impareranno la lezione? Ho grossi dubbi,l'importante che i capoccia dei vari schieramenti capiscano che la gente non ci sta a farsi manovrare,così battono le boccate(lo dico in toscano)