mercoledì 25 giugno 2008

Quelle curiose somiglianze con i Reti

di Sergio Satta

In genere leggo le discussioni nei blog e non intervengo. Ma, dopo aver letto l'ennesimo attacco agli appassionati e agli studiosi della storia Sarda e soprattutto a coloro che "osano" scrivere qualcosa sulla storia e soprattutto sulla preistoria sarda, non posso fare a meno di dire qualcosa anch'io. Premetto, non sono un Archeologo e non intendo esserlo senza avere prima le dovute competenze. Sono un sociologo e come tale compio i miei studi sulla storia e preistoria sarda, seguendo il metodo scientifico della sociologia.
Le civiltà si studiano, non solo facendo scavi ed esaminando reperti fisici, ma facendo appunto indagini sociologiche che comprendono soprattutto la comparazioni tra società vissute prima, dopo e soprattutto nello stesso periodo; le credenze religiose e non, l'interazione dei popoli tra loro sia in periodo di pace che in guerra, lo scambio ed il commercio, l'intrecciarsi delle culture sino a fondersi tra loro per completarsi e trasmettersi ai posteri quasi come se fosse la stessa, ed altro ancora.
Il reperto mette alla luce un aspetto del vivere quotidiano. Ancora su chi può dire qualcosa sui popoli, sardi e non: Astronomi, sull'orientamento dei nuraghi nel nostro caso; degli Architetti e degli Ingegneri sulle caratteristiche strutturali e non solo, delle opere che ci sono state tramandate; dei Chimici sulla composizione chimica dei manufatti, e tanti altri studiosi non Archeologi.
Come si può notare, per chi a buon senso, la Storia e la Preistoria non è sono ad appannaggio di un singolo studioso: l'Archeologo è esperto solo di una quantità limitata di tasselli che compongono il grande mosaico.
Io sono un grande appassionato della Preistoria Sarda e come sociologo mi occupo di studiare vari Popoli del periodo pre-nuragico, nuragico e post-nuragico, comparando le loro culture per tentare di capire da dove arrivavano sino a dove sono arrivati, naturalmente solo dal punto di vista sociologico. Non intendo fare l'archeologo, ma vorrei tanto che gli Archeologi non si improvvisassero Sociologi, Architetti, Astronomi, ecc.. Ad ognuno il suo compito, senza demonizzare nessuno perché c'è bisogno di tutti senza pretendere d’essere depositari di una ed unica verità.
Un'ultima cosa a proposito dell'altare rupestre di S.Stefano ad Oschiri: andiamo a studiare un pochino il Popolo dei Reti, la sua religione, la dea Reitia e soprattutto le sue vesti. Io l'ho fatto da parecchi anni, ancor prima di conoscere e vedere l'altare rupestre di S.Stefano ed ho riscontrato alcune similitudini, "coincidenze casuali"?
Si verrà a conoscenza di qualcosa di “strano” per chi si limita a spolverare ed ad incollare cocci, banali coincidenze per altri che non daranno mai una motivazione valida a supporto di tali affermazioni, ma continueranno a sostenere che tutto ciò che non è stato tenuto a battesimo dall’Archeologia sono bufale.
Il mio invito è di collaborare tutti insieme, titolati e non titolati, senza demonizzare nessuno e se un’intuizione, un’ipotesi è fatta da chi che sia, compreso il semplice appassionato, è compito di chi ha i mezzi di farla propria e verificarne l’autenticità e la sostanza altrimenti continueremo ad essere "chentu concas e chentu berritas" inconcludenti ed incomplete, a far proliferare eventuali fantasie e a difendere la propria "verità".

Nel disegno, la ricostruzione di una abitazione retia o venetica.

1 commento:

Anonimo ha detto...

caro Sergio,
allora, non tenerci sulle spine: parlaci delle somiglianze con i Reti!
Ciao
Laner