giovedì 20 dicembre 2007

La paura delle sovrintendenze

Di che cosa hanno paura le sovrintendenze sarde ai beni archeologici? Da un tempo fin troppo lungo, sono protagoniste di gravi episodi di sottovalutazione o di negazione degli elementi costitutivi della protostoria sarda e di tutto ciò che segna la sua originalità e unicità. Un atteggiamento, questo, che contrasta con lo spirito e con la pratica scientifici che dovrebbero ispirare il loro agire.
L’ideale quaderno di doglianze è zeppo di episodi, alcuni dei quali francamente inspiegabili o, meglio, spiegabili solo con l’ostinata difesa delle rendite di posizione di alcuni baroni, refrattari ad ogni messa in discussione delle loro certezze. Basterà citare l’incomprensibile silenzio, che dura da trentatre anni, intorno alle statue nuragiche trovate a Monte Prama nel Sinis (nella foto la testa di uno dei guerrieri), silenzio che fa da pendant alle espressioni di fenicio-mania dei troppi sovrintendenti i quali, forse per favorire autoritariamente la propria specializzazione, fanno dei fenici e dei punici l’ombelico del mondo.
Hanno il potere, perché comandano, di esaltare l’oggetto dei loro studi, come è giusto data la sua importanza, in alternativa però alla civiltà nuragica. E questo non solo è ingiusto, ma profondamente dannoso alla conoscenza della globalità delle vicende storiche in Sardegna. Fatto sta che, per esempio, nell’isola di Sant’Antioco tutto o quasi si sa sulla presenza dei punici e niente sull’ottantina di monumenti nuragici che vi sono.
Qualche giorno fa, i giornali hanno dato conto di una scoperta che potrebbe ridisegnare la storia dei rapporti tra i sardi e gli etruschi: decine di manufatti che portano scritte etrusche sono state ritrovate ad Allai, un villaggio dell’Oristanese dove, una ventina di anni fa, fu ritrovata una stele etrusca riutilizzata in periodo romano. Il primo atteggiamento della sovrintendenza è stato arrogante e supponente: sono sicuramente dei falsi, ha detto un burocrate. E lo ha fatto senza neppure far finta di vedere i reperti, di sottoporli agli esami che, soli, possono dire di che cosa si tratti.

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