
Il silenzio ufficiale è rotto e c’è in questo anche la smentita della diceria secondo cui la tavoletta di Tzicotu era un falso. Il primo e la seconda sono però avvolti in un involucro di incredulità e di pregiudizi poco consoni all’autorità scientifica di chi li esprime. Nella lettera di Azzena al Comune di Cabras si parla di “placchetta bronzea” quasi a suggerire l’idea della patacca, si richiede un esame da parte di “un esperto nel campo altomedioevale” insinuando quale sia l’origine della tavoletta, si propone una manifestazione pubblica ben preparata e al riparo da “polemiche e rivendicazioni controproducenti”, si prospetta l’esigenza di un’analisi chimico-fisica del reperto.
Con un po’ di malignità, si potrebbe chiedere alla Soprintendenza che cosa ci stia a fare e come si guadagni la sua pretesa di soprintendere ai beni archeologici sardi. Pare certa dell’origine alto medioevale (476-1066 dC) della tavoletta. Perché non dice esplicitamente, e prova, che l’abbiano fatta i Longobardi, come si sente sussurrare? Ritiene che un esperto chimico-fisico sia in grado di dipanare la matassa. Perché non l’ha fatta esaminare essa stessa?
Io non so se abbia ragione il professor Sanna a sostenere la sua scoperta, come fa in giro per il mondo, ospite di università e istituti evidentemente poco interessati a patrocinare la causa di chi teme la rimessa in discussione delle proprie certezze e carriere accademiche. So che una Soprintendenza, come la sarda, che voglia apparire credibile e che chieda la stima dei cittadini non si comporta così.