mercoledì 18 maggio 2011

L'emblema del Museo di Nuoro, altro che decorato. E' scritto (II parte)

Questa la seconda parte dell'articolo dedicato alla pietra trovata a Nurdole e che il Museo archeologico di Nuoro ha scelto come suo emblema. Gigi Sanna, nel primo articolo aveva preso le mossa dalla didascalia posta ad illustrare lo straordinario reperto.
di Gigi Sanna 

Sequenza 7 - Anche qui analizzeremo i segni uno per uno. Il segno a zig zag altro non è che il solito segno di yh ripetuto 4 volte e seguito dal numero 7 (le sette lineette oblique). Quindi in virtù della conoscenza della simbologia numerica precedente ricaviamo per una terza volta, l'espressione (ancora una volta variata graficamente) Forza di Yh santo (4 + yh (r.) + 7). Ma dal momento che non è possibile l'espressione senza il determinativo, cioè la voce yh con esclusione del segno commentatore 'h', lo scriba, con notevole arte del depistaggio e quindi del riporto nascosto dei segni, pone nel rettangolo successivo sei lineette differenti per obliquità e accostate alle precedenti al di fuori della figura geometrica. Si viene a formare così il motivo a V rovesciata. Questo offre, ripetuto, l'elemento che mancava e dal quale l'espressione con il nome 'sacro' non può prescindere. Quindi Forza di YH (r.) Santo Lui (r.), come si può vedere più chiaramente ...

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Vedi ciò che dà fastidio. Basterebbe meno supponenza e più intelligenza da parte di alcuni e, con l'aiuto dell'archeologia, potremmo datare con sufficiente sicurezza i 'blocchi' scritti di Nurdole. L'arco temporale del protocananaico, tu m'insegni, è XV -XII secolo a.C. E l'arco temporale della costruzione del Nuraghe? Nurdole 2, come dici tu, ha lettere lineari (shin, gimel, lamed 'aleph) che possono tranquillamente essere collocate nel XIII secolo a.C. Nurdole 1 invece è più difficile datarlo, anche se la testimonianza archeologica dei conci 'a coronamento' stimolano ad ipotizzare Nurd 1 e Nurd 2 dello stesso periodo. Questa datazione, se confermata, sarebbe interessantissima per tutti gli altri documenti. Ci sarebbe insomma la possibilità di ridurre l'arco temporale per ciascuno dei testi scritti. Soprattutto quelli di una certa tipologia(geometrico -numerica -lineare)
Comunque, si devono rassegnare: Nurdole dà documenti di contesto, irreprensibili. Ed ora ogni obbiezione sulla scrittura cade. A meno che non si voglia negare l'evidenza. Ad oltranza.Negare da folli e da folli tentare di gettare fango e discredito.

Anonimo ha detto...

Rombi e quadrati, ma soprattutto i rombi sono segni della Dea. Sono segni femminili. Neolitici e del neolitico antichissimo. Su questo possiamo essere sicuri. C'è una continuità iconografica tra la cultura del neolitico e tutta tutta la cultura dell'età del bronzo. Questo vuol dire che c'è anche in periodo betilico o fallico una continuità non traumatica o drammatica. La voce yh è sintomatica, quasi un capolavoro di sintesi in tal senso.

Anonimo ha detto...

Crolla anche la favoletta (per andare in soccorso a G.Lilliu che non ne veva proprio bisogno: chè la scienza è la scienza) del nuraghe fortezza prima e luogo di culto dopo. Favoletta vergognosa, direi ipocritamente indecente, ma tipica di chi pensa che i 'maestri' non siano comuni mortali. Tutti sbagliano , soprattutto chi ha il coraggio di formulare ardite ipotesi sulla base di forti convinzioni. Vuoi vedere che spunta il difensore ad oltranza, cioè chi affermerà che la scrittura ( ma diranno la 'decorazione sacra') a coronamento del nuraghe venne fatta quando la costruzione cessò d'essere 'fortezza'?

francu ha detto...

Io leggo solo oggi e non posso esimermi da un breve commento, anche fuori tema, se si vuole.
Vedo che nessuno, a parte Aba, ha detto qualcosa e io credo di sapere perché: siamo rimasti senza parole, ammutius come il pastore che non riesce a parlare alla volpe che gli sta rubando l'agnello.
Tramortiti dal tuo articolo, Gigi, dalla naturalezza con cui ci hai spiegato che ciò di cui si è autorevolmente detto che servisse a pitturare il pane o la faccia delle donne in tempo di carnevale, fosse invece un breviario, un innario al dio dei nostri avi.
E mi è tornato in mente mio nonno materno, analfabeta che non leggeva neppure una O fatta cund una cobidina, quando mi chiese chi io credessi che fosse Dio.
La domanda era inusuale, io ero bambino ma avevo già imparato a leggere e a scrivere, provai a fare il saputo: Dio non esiste, risposi secco.
"Così mi dici? - rispose piccato - Guarda il sole e dimmi: l'ha fatto tuo padre? o il padre di tuo padre che era uomo astuto?"
"Il padre di mio padre aveva la vostra età. Dunque, l'avrete fatto insieme".
"Poburu de tui chi no bis mancu su soli a mesudì" chiuse il discorso e non ci ritornò mai più, infastidito dal ritrovarsi in casa un nipote così stupido.
Tu, Gigi, speri davvero che qualcuno finalmente veda il sole ora che è quasi mezzogiorno?

Gigi Sanna ha detto...

La dedica a Maria Giulia Amadasi, caro Franco,non è solo un attestato di riconoscenza nei confronti della grande epigrafista romana. A lei, come in tanti sanno, devo moltissimo se è iniziato questo percorso 'scientifico' (cioè di conoscenza) sulla scrittura sarda dell'età del bronzo che sa di incredibile. E' anche una provocazione per tutti coloro che, infinitamente più modesti per competenza, si ostinano a non vedere, a negare e persino a delegittimare con insulti e calunnie ciò che già altri autorevolmente hanno (dove più dove meno) legittimato. E non da oggi.

francu ha detto...

Io l'ho capito, caro Gigi, il motivo profondo per il quale hai fatto la dedica alla Giulia Amadasi, ma solamente perché sapevo. Bene hai fatto ad esplicitare il tuo sentimento.

Aba, a me piace la luce, tutta la luce, quanto più abbagliante meglio è, come quella del Sole.
Mi piace il sole del mattino perché mi dà la conferma di essere vivo, presumo nel mio orgoglio di aver meritato di essere vivo, di vedere ancora quella luce che scopre ad una ad un e veste di luce le colline della Marmilla, a cominciare dalle loro cime rotonde.
Ma è il sole del tramonto che parla più direttamente al mio cuore, all'uomo primitivo che resta vivo in me, rimescolando ancestrali paure che vengono a galla come fagioli in una pentola che bolle.
So bene che non ho un atteggiamento scientifico, ma chi ripete la tabellina a memoria non è certo Pitagora.