giovedì 23 dicembre 2010

Non è per tigna, ma vorremmo sapere dov'è questo coccio

Dal castello fortificato ancora nessun cenno di vitalità: i più di settanta reperti archeologici con segni di scrittura continuano ad essere circondati da un fossato di silenzio. È appena attraversato da qualche anatema lanciato contro chi trova scandalosi gli occultamenti e qua e là si levano cortine fumogene sollevate nella speranza che, dissolvendosi, si trascinino appresso gli impertinenti assedianti. Arriva, di tanto in tanto, oltre le mura del fortino qualche sussurro anonimo, qualche anonima soffiata (come quella relativa al frammento ugaritico di Mogoro, nella foto), piccole sortite, insomma, come per dire: “Ah, se potessi parlare”.
Non parla neppure il ministro Sandro Bondi, a cui due senatori della Repubblica hanno chiesto, quasi sei mesi fa, che cosa il suo Ministero sapesse, per esempio, di quel frammento di Mogoro che, nell'assiriologo Giovanni Pettinato, suscitava l'idea di segni di scrittura cuneiforme. È pur vero che il ministro dei Beni culturali sta passando in questi giorni brutti momenti, anch'egli assediato da chi ne vorrebbe la testa. Eppure i suoi uffici di qualcosa avranno, forse, voluto informarsi. Chiedendo conto, per dire, alle soprintendenze sarde indiziate di aver nascosto o perso o sottovalutato. Ma non è detto che queste non abbiano già fatto conoscere quel che sanno. C'è sempre, però, la possibilità che il Ministero non se la sia sentita di dare risposte sulla base dei documenti ricevuti dalle sue dipendenze periferiche.
Con che faccia, per dire, Bondi potrebbe riferire in Senato che quel frammento, ricoverato per un certo periodo nel Museo civico di Senorbì, dove il coccio fu appeso ad una parete, è sparito? O che, ancora, di esso non c'è traccia se non nella fotografia mostrata al prof Pettinato? Sarebbe imbarazzante, almeno quanto il crollo di un muro a Pompei. E, a proposito, che cosa ha detto l'assiriologo ai funzionari del Ministero che certamente lo avranno contattato per sapere se confermava la sua idea sui segni di scrittura cuneiforme nel coccio? È vero che il professor Pettinato è collocato a riposo, ma figurarsi se la Soprintendenza cagliaritana avrebbe avuto più difficoltà nel contattarlo di quella incontrata dagli organizzatori di un recente incontro in Sardegna con lui. Scherziamo?
Il fatto è che, forse, delle parole dell'assiriologo, i funzionari sardi neppure avevano bisogno. Mettiamo che essi avessero deciso che quel frammento appartenesse ad una cultura, per dire quella di Ozieri, notoriamente sviluppatasi in Sardegna intorno al IV millennio avanti Cristo, duemila anni prima del tempo in cui si usava scrivere in ugaritico. Quei trattini di forma triangolare che al prof Pettinato erano parsi segni cuneiformi non avrebbero potuto essere altro che decorazioni. Si possono leggere? Si possono cioè rintracciare lettere ugaritiche? Una invenzione della sorte. E poi, scusate, sappiamo tutti che un calabrone non può volare e che se lo fa è perché ignora le leggi della fisica.

1 commento:

Gigi Sanna ha detto...

O Direttò, 'tignosu' nono, ma contra a sos tirriosos (mudos) 'tirriosu' emmo! Cumprendo su fele e mi ses caru. Ma assumancu in Paschighedda faimos a bonos! E si du natzo jeo...