È molto difficile che, leggendo i quotidiani o vedendo la televisione, qualcuno abbia idea di che cosa sia successo ieri nella riunione dei cosiddetti Stati generali convocata nell'aula del Parlamento sardo. Non solo per l'ovvia difficoltà di riassumere in 565 parole (L'Unione sarda) o in 741 (La Nuova Sardegna) o in pochi minuti (le Tv) oltre cinque ore di dibattito, ma per una sorta di rimozione del senso di quanto è accaduto. Certo, il titolo di Stati generali, in ricordo degli États généraux che precedettero la Rivoluzione francese, era alquanto enfatico, ma si è trattato di una assemblea in cui la classe dirigente sarda, nelle sue componenti politica, sociale, comunali e provinciali, culturale, si è detta come intende costruire un rapporto nuovo, o ex novo, fra la Sardegna e lo Stato.
E siccome chi è interessato non troverà soddisfazione nei grandi media, ecco il link al sito del Consiglio regionale che fornisce il resoconto delle cinque ore di dibattito. Gli Stati sociali (sindacati e imprenditori) hanno badato all'economia, ma in alcuni casi non solo ad essa; gli Stati comunitari (Enti locali) piuttosto al decentramento dei poteri dalla Regione e dallo Stato a loro favore; gli Stati politici (i parlamentari) hanno mirato al cuore del problema: il superamento dell'autonomismo verso la costituzione della Sardegna in entità federata.
È da loro che è venuto il disegno del percorso che, se ci sarà la capacità di un alto compromesso fra le diverse sensibilità, potrebbe portare a una nuova Carta della Sardegna. Secondo il senatore democratico Antonello Cabras (presentatore di un disegno di legge costituzionale) preliminare ad ogni altro discorso è la denuncia del patto costituzionale che ha portato nel '48 all'attuale Statuto speciale “perché una decisione di questo tipo obbliga lo Stato a confrontarsi con la Regione per costruire una revisione, un nuovo Statuto”. I senatori del Pdl Delogu e Massidda hanno messo sul tavolo della discussione prossima ventura Sa Carta de Logu noa pro sa Natzione sarda, la proposta redatta dal Comitato per lo Statuto e fatta propria da Massidda in un suo disegno di legge costituzionale.
Di questa proposta, chi legge i quotidiani sardi e ascolta le tv non sa alcunché, visto che mai ne hanno parlato. E continuano anche oggi a nascondere, neppure citando quel che è stato detto ieri. Si tratta, come qualche amico di questo blog ricorderà di aver letto, della attribuzione alla Sardegna di tutte le competenze salvo le quattro tradizionalmente attribuite agli stati federali. “Non è il Vangelo, però – ha detto Delogu - è la dimostrazione che qualche cosa di concreto si è fatta, che qualcosa di concreto si può fare”.
Pare di capire che, attraverso la proposta di Cabras e quella del Pdl, il prossimo dibattito sul nuovo Statuto sardo possa portare a qualcosa di assai meno vago di quanto i media abbiano fino ad oggi riferito. E di quanto, di conseguenza, i sardi siano stati indotti a sperare.
8 commenti:
Hai colto nel segno.
I politici hanno dimostrato, fatte salve tute le critiche possibili ed immaginabili che possono essere loro rivolte dai più disparati punti di vista, che la questione Statuto è una questione eminentemente politica e non tecnica o giuridica o d'ingegneria costituzionale come non pochi affermano.
E fra gli interventi si è anche registrato come esistano politici esperti e altri principianti o che al peggio non conoscono della politica neanchel'ABC o sono crassamente ignoranti in materia e non solo.
Penosissime le letture di papirozzi scritti da altri e forse neanche letti prima dell'intervento e comunque fuori tema.
Direi che quattro sono stati gli interventi principali.
Quello di Giacomo Meloni della CSS che ha sviluppato compiutamente un discorso indipendentista colto e realista come traguardo massimo non solo ideale ma realizzabile.
Il secondo del Sen, Antonelo Cabras che forse ha suggerito l'argomento più importante e di valore, cioè la necessità di esprimere al Governo e sopratutto allo Stato pregiudizialmente la denuncia del patto costituzionale del'48 perchè, pur essendo come molti hanno ricordato un gatto dell'autonomia, è stato rotto unilateralmente da Roma.
Proprio come si fa nei rapporti fra Stati quando si denuncia un trattato e ci si appresta a sedersi ad un tavolo di trattative, senza pregudiziali per riscriverne un'altro. Atto quindi di scelta soggettiva, convinta, di sovranità.
Il Sen. Delogu invece ha aggiunto che bisogna scendere senza indugio a proporre contenuti perchè i tempi sono stretti e questi contenuti il centrodesra li ha indicati nella proposta del Comitato che ha riscritto lo Statuto e che il Se. Massidda " a nome di tutto il centrodestra" ha presentato il senato. Invitando gli altri a presentare proposte scritte e complete e non chiacchiere.
Da sottolineare il pietoso intervento del Prof. Mastino, rettore dell'Università di Sassari e anche a nome del rettore di Cagliari, infantile, confuso,impreparato, tesi arretrata e decisamente contro il federalismo di tipo americano o nord europeo, ovvero modernamente nazionalitario o comunque di una nazione come quella sarda o anche di altre regioni della penisola in nome di una inesistente tradizione ( mai realizzata )o scuola italiana del federalismo di tipo comunale.
Pessima anche nella forma la relazione del Presidente di Confindustria Massimo Putzu che si è scagliato direttamente contro " la concezione federalista nazionalitaria" esprimendo il punto di vista di un anonimo scribacchino piuttosto che quella degli imprenditori sardi che certamente avrano le loro idee in merito e diversificate.
In conclusione le note stonate sono venute proprio dai rappresentati principali della colonizzazione, quella culturale dell'università e quella economica produttiva della borghesia compradora, parassitaria e perennemente in attesa d'assistenzialismi, cresciuta nelle cucine de petrolieri, dei produttori di fanghi rossi, della Saras e di tutte le iniziative di rapina e scempio del nostro territorio.
Ma anche dalla CISL la sorpresa per bocca del segretario Mario Medde che ha fatto una clamorosa marcia indietro rispetto al documento nazionalitario firmato con CGIL e UIL, chiedendo ancora una volta contro l'evidenza della situazione, una Costituente con una legge ed elezioni, per raggiungere l'obietivo di avere un testo fra 3-4.5.anni.
In definitiva la triade sindacati-università-confindustria, si è dimostrata il bastione della conservazione e colonizzazione, peso morto, l'ostacolo vero ad un cambiamento costituzionale verso l'indipendenza ma anche verso un'autonomia nazionale sarda più condivisa.
Adesso si vedrà se il Consiglio regionale, dopo l'audizione saprà produrre concretamente una sua proposta in tempi brevi.
@ Mario
Da tempo vado sostenendo, tra gli spernacchiamenti affettuosi di non pochi amici, che il ceto politico sardo è meglio degli altri ceti della classe dirigente sarda. Fatte le dovute eccezioni nell'uno e nell'altro campo, in bene e in male, naturalmente. Pavidi il ceto culturale, quello sindacale, l'imprenditoriale, come impauriti che con una maggiore sovranità della Sardegna, lo Stato si vendichi contro di loro, togliendo un sostentamento (non forzatamente materiale) che la Regione non sarebbe in grado di assicurare.
Sembra incredibile, soprattutto per via dello scollamento fra politica e società (e la conclusione della crisi in Regione lo conferma), eppure è la politica ad avere meglio degli altri la coscienza che qualcosa è cambiato nel popolo sardo. Poi, è vero, molto viene abbassato o attenuato dalla politica politicante. Ma qui si parla d'altro, della capacità della politica costituente. E speriamo che sia davvero quel che il dibattito sullo Statuto promette.
PS - Ho come te la sensazione che gli interventi più colti siano quelli che segnali.
Molti soppravalutano l'italianizzazione della Sardegna, in tutti i sensi e sopratutto nel versante della negatività, ma sottovalutano come questa abbia subito un'inversione nel dopoguerra con un processo di fortissima meridionalizzazione.
Nulla contro i valori positivi della parte inferiore dello stivale, ma quelli negativi sono proprio tantissimi.
Uno per tutti il "chiagni e fotti"
La lamentela continua, l'elemosina chiesta mostrando tutte le piaghe comprese quelle costruite appositamente come in una sala di posa tetrale.
Sputtanando tutti i valori positivi, le classi dirigenti, gli intellettuali ed imprenditori, il mondo delle campagne, per arrivare ai paesi e alle persone singole con i loro valori di identita e linguistici.
Nel frattempo i piagnoni fottono, con doppia morale, lingua biforcuta, riempiendosi le tasche con i denari elargiti a borghesia compradora, sindacati compradori, università compradora e da tutti coloro che formano la galassia parassitaria del parastato, Compresa l'informazione.
Tutti però contro il nazionalismo diffuso quando con le proposte nazionalitarie istituzionali mira a rovesciare un'intera economia assistenzialista di rapina e creare le condizioni per l'emersione di una nuova classe dirigente nazionale sarda e si oppongono ad ogni scatto di dignità e professionalità e rinascita culturale basata sulla lingua sarda. Anche dei politici si parla sempre male eppure ne esistono bravi, esperti e preparati dentro e fuori dalle istituzioni.
Che almeno sono eletti e quella trafila hanno superato.
Certo se dovessi pensare al domani del dopo statuto nuovo e alla classe dirigente che dovrebbe governare la Sardegna, molti degli attuali e più in voga li escluderei perchè incompatibili ma purtroppo dalla lista cancellerei anche certi neoindipendentisti,che non solo sono meridionalizzati ma fanno parte di una corrente di sinistra italiana, filocoloniale malgrado le apparenze, travestita per l'occasione con la mastrucca dei più radicali "patrioti".
Non a caso hanno scatenato una campagna diffamatoria contro il sardismo, le radici storiche di quest'ultimo e che sono di tutti ormai,contro il nazionalismo, la lingua sarda come fattore principale d'identità anche politica, ed ogni progetto riformista sullo Statuto.
Appunto chiagni forte-forte, ma fotti ..i sardi che vogliono veramente liberarsi, dividendo un fronte unitario costribile su almeno delle questioni di base comuni.
Eppure bisogna continuae a confrontarsi con loro, con quelli nelle istituzioni equelli fuori se vorranno e se si apriranno da chiusure settarie e chiesastiche.
Avranno anche da contribuire con uove idee per i nuovi tempi. Non lo escludo, ma evitando la rissa e l'insulto anche personale per la quale sono portati e si rifugiano quando non hanno argomenti.
In quei casi è meglio l'ironia come risposta..
Non solo condivido l'analisi dell'articolo di Zuanne, ma devo riprendere alcuni brani degli interventi dello stesso e di Mario Carboni, in quanto descrivono una realtà che ho sperimentato sulla mia pelle senza la capacità e il tempo di analizzarne i motivi(forse perchè ho duvuto dedicarmi più al lavoro che alla politica). Mi riferisco in particolare alle seguenti frasi:
"In definitiva la triade sindacati-università-confindustria, si è dimostrata il bastione della conservazione e colonizzazione, peso morto, l'ostacolo vero ad un cambiamento costituzionale verso l'indipendenza ma anche verso un'autonomia nazionale sarda più condivisa" (Mario Carboni) e
"Da tempo vado sostenendo, tra gli spernacchiamenti affettuosi di non pochi amici, che il ceto politico sardo è meglio degli altri ceti della classe dirigente sarda. Fatte le dovute eccezioni nell'uno e nell'altro campo, in bene e in male, naturalmente." (Zuanne)
Tutto sommato mi pare, finalmente, di cogliere degli aspetti positivi, quindi sarebbe opportuno valutare l'opportunità, offerta da questo periodo, tentando di unire le forze positive, politiche e sociali, in modo da ottenere un risultato che consenta di porre un minimo di solide basi per futuri progetti. Infatti, uno dei modi per uscire da questa situazione, credo sia la politica dei piccoli passi. Di fronte a prese di posizione decise e risultati concreti, sono convinto che una buona parte di Sardi raddrizzerebbero la testa, anche perchè siamo (sottolineo il "siamo") davvero stufi di votare turandoci il naso.
Giuseppe Mura
@ mario carboni @ ginfrancopintore
Alla fine della fiera è sempre il voto che sopporta la responsabilità ultima e decisiva; da qui, chi maggiormente soffre, nello stato di cose in cui ci troviamo, paradossalmente ne porta la maggiore responsabilità.
Non riesco ad essere tanto ottimista da consolarmi sulla bontà, di una parte almeno, del ceto politico sardo.
Non è questione di individui, quanto piuttosto di un male diffuso che avvolge l'intera società.
Noi andiamo ai nostri ‘Stati Generali’ e poche voci stonano nel piattume (pattume piatto), questo sì, generale. Da qualche altra parte si preparano altri ‘Stati Genarali’, questa volta della Cultura italiana. Tra dieci giorni si terranno in quel di Milano e tuoneranno i pezzi da 90. Vi trascrivo un sordo brontolio ‘angelico’ ( Angelus Domini nuntiavit…) che pochi giorni fa è apparso come trafiletto in uno dei grandi quotidiani nazionali, a firma di una penna di prim’ordine:
“Mentre Bossi si scusa con i romani (li aveva chiamati “porci”, ma era una battuta), Ciarrapico insulta gli ebrei. Non è facile star dietro il dibattito culturale del centrodestra italiano. Dai banchi austeri del Senato di cui fa parte (e questa davvero non è una battuta), il Ciarra della libertà si chiede se Fini abbia già ordinato la kippah, il copricapo ebraico. Non occorre un grande sforzo di esegesi: secondo un senatore della Repubblica nata dalla lotta al fascismo e a maggior ragione dal rifiuto dell’antisemitismo, gli ebrei vanno tutti accomunati al traditore per antonomasia, Giuda Iscariota. Neanche il cardinale Lefebvre nei giorni di luna piena si era mai spinto a tanto. Come è triste dover parlare di queste persone e di questi argomenti. Però fino a quando si continuerà a considerare un esercizio di folklore lo scempio dei valori con i quali siamo cresciuti, che credevamo condivisi? E col tricolore bisogna pulirsi il sedere, e il Risorgimento fu un complotto dei poteri forti, e la Resistenza non parliamone, e la Costituzione è comunista, e Roma è porca e ladrona, e i neri puzzano, e gli ebrei tradiscono, e i rom attaccano il malocchio. Non so voi, ma io non lo trovo divertente. E neppure innocuo. Qualcuno dirà che certa gente ha sempre pensato certe cose, senza trovare il coraggio di dirle. Ecco, vorrei tanto sapere chi glielo ha dato, adesso, quel coraggio. Forse ci siamo distratti un attimo. Per favore, non distraiamoci più.”
(continua)
Ci saranno proprio tutti quelli che contano: agli “Stati Generali della Cultura italiana” ci sarà l’intero estblishment. Non bisogna preoccuparsi, non sarà una cosa di parte, hanno invitato persino Bondi, ministro di Berlusca, lo sdoganatore di tutta quella gentaglia. E da chi hanno preso il coraggio, se non da lui?
Ecco contro cosa andranno a cozzare i nostri ‘Stati Generali’. Non saranno solo letterati e filosofi: assieme all’Istituto di Scienze Umane di Firenze e alla Fondazione del Corriere della Sera, promotori, ci saranno, come sponsor a cacciare i soldi, la fondazione Cariplo, la Pirelli e quei grandi mecenati dei Moratti che, non dimentichiamolo, ci fecero vincere lo scudetto quarant’anni fa, regalandoci un mucchio di altre belle cose di cui ancora godiamo.
Carissimo Mario, carissimo Gianfranco, una volta, pare, riuscimmo a fermare gli Arabi con le nostre sole forze, saremo, oggi, altrettanto balentes?
Permettetemi di dire che non credo che la discussione sul nuovo Statuto, Sa Carta de Logu noa de Sardigna, possa sortire effetti adeguati alle nostre aspettative, se non accompagnata ad una serrata critica della Costituzione italiana. Occorre subito proporre il superamento dei nodi costituzionali che bloccano la nostra autodeterminazone. Se si continua a considerare sacra la Carta italiana e non un compromesso cattocomunista quale fu, non credo che andremo da nessuna parte. Credo che il senso civico dei sardi, maturato nei secoli in cui vigeva la Carta de Logu (fino al 1847), possa farci pretendere una Costituzione più liberale di quella attuale. Gli antagonisti più subdoli del nostro senso della libertà si trovano fra gli eredi di Togliatti, che non vogliono che si abbatta il residuo di muro di Berlino esistente tra le righe del loro Corano (La Carta, appunto). Mentre in Europa si mettono al bando i simboli comunisti (bandiere rosse, falci e martelli ecc.) in Italia e, quel che è peggio, in Sardegna rimangono intitolate al porco orwelliano Palmiro Togliatti carrelas mannas.
@ elio
Ho come l'impressione che sia diffusa la coscienza che l'invito di D'Azeglio a fare gli italiani dopo fatta l'Italia non abbia sortito grandi effetti. Di qui la corsa a rimediare, anche con articoli come quello che tu citi.
@ Piero
La Carta de Logu è, come dire, una critica oggettiva alla Costituzione vigente che, infatti, si tenta di cambiare dal basso, senza neppure bisogno di metterla in mora. E' quanto avverte, come ricorda più su Mario Carboni, il senatore Cabras quando dice che bisogna revocare il patto costituzionale del 1948.
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