Si conclude oggi a Cagliari l'annuale congresso della Società italiana per lo studio della storia contemporanea, dedicato a “La costruzione dello Stato-nazione in Italia”. Nella due giorni di retorica patria, l'ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, oggi a capo del Comitato per il 150° della “unità d'Italia”, ha smesso l'abito di dottor sottile che gli era stato cucito addosso. E ne ha indossato uno casual e grossolano per lanciarsi, così trasformato, contro la Padania, i neo-borbonici e i consiglieri regionali sardi (anche del suo schieramento) che parlano di sovranità della Sardegna.
Che non ci fosse da aspettarsi granché di diverso da una rimpatriata di guardiani della “unità nazionale” e di rianimatori bocca a bocca dello Stato-nazione, era facile capirlo dall'intervento del professor Raffaele Romanelli, scelto da L'Unione sarda a dare il senso del congresso: “Le opinioni [sull'unificazione, NdR] ancora una volta attingono non tanto a dati materiali, quanto a dati storico-culturali del tutto fantasiosi (come i miti del Carroccio e di Pontida, o la rivendicazione di specificità linguistiche locali o regionali), con una singolare commistione di storicismo e di analfabetismo storiografico, di storia e di incultura.” Da notare la serietà dell'approccio scientifico di chi mette nello stesso calderone i miti padani (comunque legittimi almeno quanto i suoi) e le lingue nazionali, così le definisce la “Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali” europee.
A stare ai resoconti dei giornali, ci sono stati interventi più riflessivi e problematici, ma anche affermazioni lunari (che faranno felici alcuni teorici indipendentisti di casa nostra) come quella di un docente universitario di Pisa, secondo cui “il discorso identitario porta i germi dell’esclusione razzista, implica differenza e superiorità” e “il senso di una identità fissa e inamovibile”. Ma torniamo all'ex dottor sottile e alla sua crociata contro la sovranità. “La “sovranità del popolo sardo” è incompatibile con i princìpi della Costituzione repubblicana. Conosco la questione, ce ne siamo occupati con il governo Prodi” dice oggi in una intervista. Si riferisce alla bocciatura, da parte di Prodi, della legge statutaria voluta dal governo Soru, nel cui titolo si parlava, appunto, di sovranità del popolo sardo.
Nel suo intervento al Congresso ha detto: “Oggi anche la nazione Italia è contestata. Qui nella vostra isola si discute di modificare lo Statuto parlando di sovranità da affermare. Per me che sono un giurista costituzionalista fa rabbrividire che la sovranità venga attribuita a una parte del popolo e non all'intera nazione”. Quella stessa nazione che egli definisce “esangue” e sulla quale vorrebbe che gli intellettuali facessero una trasfusione vivificatrice. Da “giurista costituzionalista” con i brividi dovrebbe sapere che proprio la Costituzione parla di popolo sardo, il quale esiste accanto al popolo italiano che egli finge sia un tutto, per cui la sovranità del popolo sardo non confligge affatto con quella del popolo italiano.
Questo discorso, a parte ogni altra considerazione, da il senso della battaglia che la Sardegna si troverà ad affrontare, se il suo Parlamento terrà fede a quanto è emerso dal dibattito sullo Statuto, contro le incrostazioni nazional-stataliste, interpretate da Amato a Cagliari. Eppure, la questione della sovranità è già fonte, se non di diritto di volontà politica del nostro Parlamento. Il 24 febbraio 1999 (governo Palomba in Sardegna e D'Alema in Italia) fu approvato con 44 sì, 2 no e 13 astensioni una mozione che “dichiara solennemente la sovranità del Popolo Sardo sulla Sardegna, sulle isole adiacenti, sul suo mare territoriale e sulla relativa piattaforma oceanica”. Né risulta che Giuliano Amato, allora ministro delle riforme istituzionali abbia eccepito alcunché.
Vero è che, undici anni fa si pensava lontano dalla necessità di correre ai ripari con trasfusioni alla “nazione esangue” ed era lontano anche il 150° della cosiddetta “unità d'Italia”, ma un po' di pudore non guasterebbe. Per completezza dell'informazione, il giorno erano in Consiglio 59 degli 80 consiglieri, gli astenuti (13) provenivano da quasi tutti i gruppi e i due contrari furono il giornalista Giancarlo Ghirra (Progressisti federalisti) e il medico Aniello Macciotta, eletto con Patto Segni, dal cognome di quel Mario di cui anche recentemente ci siamo occupati per il suo sconvolgente articolo sulla riforma dello Statuto.
9 commenti:
Inutile attendersi qualcosa di nuovo da questi "funzionari" del potere costituito, cresciuti a pane e retorica risorgimentale. Peccato che Spadolini non sia più tra i vivi. Con Amato avrebbe fatto una bella coppia, tipo gGanni e Pinotto.
Amato e il suo seguito di politologi analfabeti vadano a studiare il mondo in cui vivono prima di dare aria ai denti. - B.A.
Giuliano Amato?
Quello di Tangentopoli e del "decreto salva-ladri"?
Da lui dovremmo imparare La costruzione dello Stato-nazione in Italia.
Ottimo maestro.
Nelle sue stesse inconsapevoli parole la distanza tra LORO e NOI che viviamo..."Qui nella vostra isola ..." dice lui.
Sissada amadu Amato,
tenese arrejone,
s'ISULA e nosta,
e tui non du ponnere in discussione
e chi pò pagus fueddusu aprilluziu che piggioneddu isciustu
eitta isa a fare chi ottenemus su giustu.
ADG
da Francesco Cesare Casula
La venuta dei tromboni storici continentali al congresso organizzato dalla Fondazione Siotto Pintor, diretta dal mio pessimo allievo Aldo Accardo, mi ricorda da vicino lo sbarco in Sardegna delle famose commissioni d'inchiesta dopo il 1861 per risolvere - secondo mandato - la Questione Sarda. Arrivavano, sproloquiavano, mangiavano a quattro ganasce (soprattutto porchetti arrosto) e se n'andavano (solo Quintino Sella fece, al termine, una relazione degna di nota). La differenza con oggi è che, allora, le commissioni erano pagate dallo Stato; oggi, invece, i tromboni continentali sono pagati dalla Regione (ci piace tanto, a noi sardi, chiamare la gente di fuori per essere presi a calci nei denti: li esaltiamo nei nostri giornali, li glorifichiamo nelle nostre televisioni, gli paghiamo vitto e alloggio in hotel da cinque stelle, probabilmente gli diamo anche un lauto cachet...). In una Regione meno stupida della nostra, un qualche cosciente consigliere (specie della minoranza) avrebbe dovuto fare un'interpellanza al Governatore per sapere com'è stata presentata la Sardegna (pagante!) al congresso sul Risorgimento. Parlo della Sardegna, non di una regione qualsiasi, la quale fino alla domenica mattina del 17 marzo 1861 dava il nome a tutta la penisola italiana, laddove tutti gli italiani erano sardi. Sono veramente nauseato.
@ Professor Casula
Lo sa, Professore, che più vado avanti e più mi rendo conto del danno provocato, dal Risorgimento (e diamogliela la maiuscola, altrimenti quel Topogigio di Amato si offende) prima e dal Fascismo (stessa cosa) poi, per la smania di "fare gli Italiani"?
Se ci avessero lasciato Sardi, Siciliani, Lombardi, Piemontesi, Veneti e non mi faccia andare avanti che lo sappiamo tutti, probabilmente non saremmo qui a piangere sulle nostre istituzioni e sulla considerazione di cui godono nel mondo, mentre il "made in Italy" si impone dappertutto.
Questo non significa che "l'Italia" non s'avesse da fare; è "il modo che ancor ci offende" (mi perdoni la claudicante citazione.
Naturalmente non dimentico che in questa costruzione di un'Italia, finita in un aborto, la posizione e il ruolo della Sardegna, fra noi Sardi, sia fonte di continua contesa e divisione.
caro prof. Casula,
parole sante!
Se come dice a nostre spese l'italiota "La “sovranità del popolo sardo” è incompatibile con i princìpi della Costituzione repubblicana", allora noi sardi dobbiamo dire che ad essere inadeguata è proprio la Costituzione repubblicana.
Certi individui pur di andare contro la lega leggono la Costituzione a loro modo e passebbero senza scrupoli sul nostro cadavere. Vanno battuti politicamente.
Scusate cari Signori, se è vero che la Regione Sarda invita e paga questi"tromboni" a mangiare su porcheddu e a sproloquiare perchè non ce la prendiamo,in primis con la nostra regione? Continuo a pensare che siamo noi a sbagliare o meglio i nostri politici e qui si vede la solita distanza abissale che esiste tra i politici e la gente"comune" che, indubbiamente, capisce più dei fanfaroni di destra e di sinistra,che una volta arrivati agli scranni sanno solo blaterare e mangiare alle nostre spalle.
Caru Frantziscu,
nois sardos semus che-i cuddos cundannados a morte cun su rusu maccu in cara e cuntentos, chi pacan su buzunu, inantis de che lis secare sa conca. Pacamus sos "intellettuales istriziles" che a Amato, pro nos imparare su ch'an imparadu dae nois... E cando nos inzurzan, a la narrer a s'oranesa, nemos de sos sardos " chi nanchi an potere" los picat a carches a culu
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