domenica 2 agosto 2009

In quei 20 milioni c'è posto per il sardo a scuola

Ci sono 20 milioni di euro stanziati dalla Regione per assicurare il lavoro di un anno ai precari della scuola. Spetta ora agli insegnanti e ai dirigenti scolastici far sì che i cittadini sardi non considerino questa spesa un semplice, per quanto opportuno, aiuto ai precari. E lo considerino, invece, un investimento che la società sarda fa per metter freno alla scandalosa espulsione dalla scuola della lingua, della storia e della cultura della Sardegna.
Francamente, io non so se, accordandosi con il governo italiano, l’assessore Baire avesse in mente di consigliare i precari sardi di non sprecare i soldi dei sardi (12,5 euro a testa, dai neonati ai vegliardi) zappando la terra già molle. Se, insomma, abbia voluto suggerire ai precari e ai dirigenti scolastici di radicare questi posti di lavoro su qualcosa di permanente com’è l’insegnamento della lingua sarda (e delle altre quattro alloglotte), oggi assente nella stragrande maggioranza delle scuole.
Quel che si capisce leggendo i giornali è che questi 20 milioni di euro sono destinati ad insegnamenti curriculari. Per quel che ne capisco, quel “dovrà trattarsi esclusivamente di materie curricolari, quindi per quelle non attinenti al corso di studi non ci saranno spazi né fondi” significa che i dirigenti scolastici, nella loro autonomia, per aver soldi dalla Regione dovranno inserire una determinata materia nei progetti formativi della loro scuola.
Non solo il buon senso, ma anche una legge dello Stato, art. 4 della legge 492, consente l’insegnamento del sardo e in sardo. Alcuni insegnanti non hanno atteso questa legge per farlo. Gli altri non hanno più alibi: i soldi ci sono, le disposizioni di legge anche. Sta ai dirigenti scolastici, ma anche e soprattutto ai precari, spingere affinché il posto di lavoro che per quest’anno è assicurato sia permanente come si conviene a una regione che ha la più forte minoranza linguistica della Repubblica e che ha diritto a imparare, parlare, leggere, vedere la propria lingua.

Com’è naturale, l’opposizione critica duramente la decisione dell’assessore Baire di stringere un accordo con il ministro della PI sulla spesa di 20 milioni per la scuola. È un suo diritto ed è un suo dovere. Anche se, su un aspetto, l’ex assessore Mongiu e la candidata al Pd Barracciu avrebbero dovuto assaporare la sottile ebbrezza del tacere per non essere colte in castagna. La prima e la seconda rimproverano il governo regionale di farsi “scippare soldi dallo Stato e si lascia facilmente convincere ad usare quelli che ha a disposizione per sopperire alle mancanze di questo Governo nazionale” (Mongiu), “adesso è addirittura la Regione a coprire le spese che il Governo ha il dovere di affrontare” (Barracciu).
Naturalmente non ho alcuna intenzione di entrare, terzo incomodo, nello scontro. Ma mi rode quando qualcuno cerca di prenderci in giro. Così nel bilancio 2008, si legge che la Regione si è fatta scippare 155.621.000 euro per i Beni culturali che sono notoriamente dello Stato (anche il governo Cappellacci qualche scippettino lo subisce, ma di 18.585.000 euro); per il restauro e catalogazione dei beni culturali dello Stato, la giunta Soru ha regalato allo Stato quasi 44 milioni di euro (15 mila l’attuale governo). E per l’istruzione, che, come giustamente dice la signora Barracciu, è spesa che il governo italiano “ha il dovere di affrontare”, la Mongiu si è fatta scippare 419.874.000 euro dallo Stato (un po’ più della metà l’assessore Baire: 243.000.000). In compenso, per la lingua sarda, la Giunta Soru ha stanziato la bellezza di 1.270.000 euro, un novantesimo di quanto ha speso per i beni culturali proprietà dello Stato.
Ah, la voluttà del far finta di niente, quando si hanno scheletri nell’armadio.

5 commenti:

p.atzori ha detto...

ZF, il tuo auspicio, purtroppo, non troverà riscontro nella realtà. Sui quei 20 milioni credo non ci sidebba contare più di tanto.

Tu scrivi:
Quel che si capisce leggendo i giornali è che questi 20 milioni di euro sono destinati ad insegnamenti curriculari. Per quel che ne capisco, quel “dovrà trattarsi esclusivamente di materie curricolari, quindi per quelle non attinenti al corso di studi non ci saranno spazi né fondi” significa che i dirigenti scolastici, nella loro autonomia, per aver soldi dalla Regione dovranno inserire una determinata materia nei progetti formativi della loro scuola.

Il mio commento è il seguente. E' vero che le scuole possono modificare, mi pare fino al 15% il curricolo, inserendo anche materie nuove, ad esempio l'insegnamento del sardo. Non mi risulta però che ci sia una scuola che abbia fatto scelte simili, almeno alle superiori. L'autonomia scolastica non è attuata e, talvolta, è proprio impossibile attuarla per rigidità strutturali e organizzative.
I 20 milioni di euro verranno in gran misura spesi a salvare posti di lavoro di insegnanti sardi e no, a prescindere dalla loro conoscenza del sardo e dalla loro disposizione a insegnarlo. Questa è la realtà che si prospetta.

Anonimo ha detto...

Seu diacórdiu cun Atzori. Ma ddu boleus cumprendi ca a sa scola in su 99 e prus po centu de is casus de su sardu no sceti no ndi dd'afutit nudda ma ddi est contras! Avatu de totu custus annus de italianisadura a marolla anca s'ant nau ca a fueddai in sardu fut de gretzus e managus ma ita boleus fai? Ma ita tocat a fai progeteddus po fai música, disínniu, motória, religioni, inglesu, francesu, etc? Unu custa matérias si ddas agatat in su curriculari e ddas fait, sena de musciai (a su prus si podit sceberai de no fai religioni). A su própiu depit essi po língua e stória sarda, posta a marolla po lei, in su curriculari, cun maistus e professoris chi traballant de s'incumintzu de s'annu, sena chi su consillu de docentis potzat nai o fai nudda, ca nudda est mellus chi fatzat!

Pàulu Pisu

larentup@gmail.com ha detto...

Caru Zuanne Frantziscu imbidio s'ottimismu tuo e lu dia cherre aer peri jeo, ma non mi faco illusiones meda, ca s'imbolicu est in sa frase "attività curricolari", tropu zenerica pro pensare chi dirizentes iscolasticos italiotas che potan ponner in mesu s'istudiu de sa liba sarda. Ma sa curpa no est s'issoro. Est de sa politica. Baire deviat pretzisare chi fra sas materias curricolares sa pretzedentzia la deviat aer sa limba sarda. Gai sos dirizentes isclasticos no aian apidu peruna iscusa pro seperare ater materias, chi a bortas non serbin a nemos.

zfrantziscu ha detto...

A su chi naraiat unu prus sàbiu de su chi so deo, tocat de èssere pessimistas cun su cherbeddu e otimistas cun sa boluntade. Craru, amigos istimados, chi sa situatzione de oe est sa chi narades bois, ma est pròpiu pro custu chi la depimus mudare. A bellu a bellu, cumbinchende sos poleddos chi su bastu est grae.

Larentu ha detto...

Sa filosofia Gramsciana chi muntovas l'amus particada dae semper, tant'est chi a pustis de 33 annos semus galu in pelea, ordinzande a nou su comitadu pro sa limba sarda. Non pensas chi cando sas lutas duran totu cussu tempus, carchi iscoramentu potat benner? E si b'at carchi responsabilidade politica l'amus o nono su dovere de la denuntziare?