C’è una sindrome curiosa in alcuni di noi: pur di andare contro un partito avversario (la Lega in questo caso) si gioisce per la marcia indietro rispetto a un provvedimento che avrebbe giovato ai sardi. Muoia Sansone con tutti i filistei, per non dire dell’estremo sacrificio di chi per fare dispetto alla moglie... Con atteggiamento che è difficile non definire sub-colonialista si irride ai dialetti (lombardi o comunque nordici), contenti della differenza della Sardegna che ha, invece, una lingua tutelata dalla Regione e dallo Stato, come se il sardo non fosse lingua anche prima di questi riconoscimenti. È proprio vero, allora, che una “lingua è un dialetto con alle spalle un esercito”.
Ma c’è qualcosa di più bizzarro ancora: della proposta della Lega sui dialetti e le culture regionali hanno parlato i giornali così come i giornali hanno parlato della marcia indietro della Lega sulla questione dei dialetti. Alcuni di noi hanno appreso della proposta dai giornali, altri (come me), dal testo autentico dell’emendamento presentato dalla stessa Lega. Noi ci siamo presi diverse qualifiche, dagli ingenui ai babbei creduloni da chi ha appreso della “marcia indietro” dagli stessi giornali. Noi babbei, loro svegli. E poco importa che non abbiano verificato sui documenti autentici.
In realtà – basta leggere le dichiarazioni dei leghisti – la marcia indietro appare solo una tattica: lancio un’idea, osservo le reazioni, modulo l’idea, ma non la lascio perdere. “Si tratta di un esame di poche domande, ne bastano quattro, per provare il livello di conoscenza di storia, cultura, tradizioni e lingua della regione in cui vogliono insegnare” gli esaminandi, ha detto la capogruppo della Lega in commissione Cultura alla Camera, Paola Goisis. Se così sarà, anche noi sardi saremo tutelati da chi pretende di insegnare a nostri figli cose di cui ignorano l’esistenza. Come quegli insegnanti sardi che obbiettano “il sardo? Ma per carità” o che parlano della dominazione coloniale dei greci in Sardegna o, anche, che i fenici costruivano tombe nel IV secolo aC, perché così hanno letto su La Repubblica.
Dire di no a questa idea solo perché è venuta ai leghisti è quanto di più idiota si possa immaginare. E, soprattutto, pone quei sardi, magari fervidi assertori del diritto loro e dei propri figli a conoscere la lingua, la cultura e la storia, sullo stesso piano dei tanti giacobini (di destra, di sinistra, di su e di giù) che hanno condannato la proposta leghista. Ecco un piccolo florilegio: “Il dialetto è un’eredità storica molto locale e circoscritta che si impara nella vita reale, quella di tutti i giorni. Impossibile introdurlo nella scuola” (Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca). “E’ una proposta discriminante e ingiusta, che riporta indietro al 1800, quando l’Italia era ancora divisa in stati e ognuno parlava il suo dialetto” (Sindacato Gilda). “Esprimo solidarietà al governo perché i giornali non lo capiscono mai. Forse se il governo parlasse in italiano invece che in dialetto ci sarebbero meno fraintendimenti...” (Rocco Buttiglione, presidente Udc). “Stupisce che mentre la Lega cerca di simulare passi indietro per sgonfiare le polemiche sui test di cultura e dialetto, il ministro Gelmini non esisti a fare passi in avanti che ridicolizzano ancora di più la scuola pubblica” (Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione Cultura della Camera).
È in compagnia di gente così, cari amici che avete irriso, che rischiate di trovarvi. Badate che gente così non fa distinzione fra dialetto e dialetto: per loro sardo, siciliano, lombardo, veneto sono la stessa cosa.
Intanto, così per curiosità, vi segnalo che in Italia (sondaggio del Corriere) il 67,5 per cento si è detto contrario al test “dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono insegnare”. In Sardegna (sondaggio dell’Unione sarda) il 74,1 per cento è favorevole. Stamattina, questo sondaggio è stato chiuso, dopo appena una trentina di ore dall'apertura. Curioso: restano aperti questi sondaggi che dall'argomento si capisce non sono freschi di giornata:
Napolitano: stop alle polemiche in vista del G8. Che ne pensi?
Calcio: il Milan deve comprare un attaccante. Chi potrebbe essere l'uomo giusto?
G8, i grandi per l'etica e le regole. Sei ottimista?
Donne in pensione, l'età si innalza. Che ne pensi?
Chimica, si riapre una prospettiva per la Sardegna. Che ne pensi?
Afghanistan e missioni di pace. Sei d'accordo sull'impegno dell'Italia?
PS - Il "mio prezioso nemico" (così Marcello Fois nei miei confronti e io contraccambio di cuore) si scopre linguista e scrive sul Corriere: "Un sardo deve sapere almeno uno dei tre ceppi linguistici: logudorese, campidanese, gallurese. Sono tre lingue...". Incavolati tabarchini, sassaresi e catalani d'Alghero neppure nominati; felici Blasco Ferrer, Graziano Milia e altri inventori del "campidanese" come lingua a parte. Hanno trovato un adepto nella Barbagia di Bologna.
3 commenti:
Maura M:
Caro Gianfranco,
anzitutto, per essere precisi, le devo far notare che il sondaggio proposto dal Corriere della Sera non parlava di un test per insegnanti “dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono insegnare”, come scrive lei, ma di una selezione dei prof in base alla conoscenza del dialetto tout court.
In secondo luogo prenda atto che la prima proposta di cui i giornali diedero notizia, attribuita alla leghista Goisis, è stata rigettata da altri componenti della stessa commissione cultura del pdl come la presidente Valentina Aprea e la direttrice del Secolo F. Perina, che riconosce: «un meccanismo del genere di fatto istituzionalizza una forma di apartheid scolastico».
Così come era stata presentata, era una autentica deriva campanilistica. Ma io mi fermo qua, perché tra intenzioni, proposte e smentite ormai c'è troppa confusione e finirei per scrivere sciocchezze anch'io. Ribadisco sinteticamente cosa penso: 1. E' giusto che anche a scuola si valorizzino i saperi e le culture locali, era già la proposta del grande Ascoli ma non venne mai ascoltata; su questo problema culturale non ci sarà mai abbastanza sensibilità; attenzione però che questo non venga preso come un alibi per possibili derive razziste a cui la Lega è avvezza.Infine, se si riferiva a me, io non sono affatto "contenta della differenza della Sardegna che ha una lingua tutelata dalla Regione e dallo Stato": per me quei riconoscimenti sono puramente virtuali perché non si è (quasi) mai fatto nulla di serio per applicarli.
Cara Maura, il mio era un discorso generale. Non si riferiva a lei, altrimenti lo avrei detto. La domanda posta dal sondaggio è proprio quella che ho riportato; l'imprecisione è sua.
Quanto al resto, d'accordo con lei, anche sul fatto che dietro alla proposta leghista si possono intravedere derive antimeridionaliste.
Ma che c'entra un possibile retropensiero con il nostro interesse concreto?
O Zuannefrantziscu, in s'Italia de oe, innue sa "beridade" durat una pariga de oras e s'agenda politica paret (est?) scrita de unu scritore de fiction de pagu importu, su fatu chi unu scritore de fiction de pagu importu si nde ischidet a culu trotu e detzidat de esser linguista ("a hero for one day"!) non mi spantat prus. Tra pagu amus a bider bagianas tontas sententziende de fisica teorica, petzi ca tenent unu bellu giogu de titas e sos amigos giustos. Est tempus de nanos e ballerinas (bipartisan, cando si tratat de limba). Ballade, ballade bois, ca sos ballos sunt sos bostros...
Posta un commento