sabato 22 settembre 2012

Unu millione

Eris note amus brincadu su millione de bisitas. No isco pro ite, ma so cuntentu

Quella insana voglia bonapartista

L’articolo 114 della Costituzione italiana afferma che “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Prima del 2001, quando con i suoi soli voti (4 in più) il centrosinistra approvò la riforma di questo e degli altri articoli del Titolo V, la Costituzione del 1948 affermava che “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”. La trasformazione non è da poco, visto che vi si riconosce, 53 anni dopo la approvazione della Carta italiana, “una posizione paritaria a tutti gli enti costitutivi della Repubblica” fino ad allora un quasi sinonimo di Stato. È una affermazione che irrita, e non poco, gli adoratori del centralismo bonapartista, fra i quali il costituzionalista Michele Ainis che oggi sul Corriere della sera si scandalizza perché così “lo Stato ha la stessa dignità del Comune di Roccadisotto” (fra l’altro inesistente) e parla di “sprezzo del ridicolo”.

giovedì 20 settembre 2012

Perbacco, quante cose dice quel frammento a Monte Prama

Foto dal sito Viaggi e vacanze in Sardegna
 di DedaloNur

Su invito di rsroberto nella discussione Dalle stalle alle stelle: l’upgrade dello scarabeo di Monti Prama ripropongo il mio invito a riflettere sul frammento di scarto di lavorazione delle statue. Questa è la notizia riportata da Rendeli, in La Profezia sul Passato p. 243-244 nota 4, da cui estrapolo il brano seguente:

Esiste poi una seconda via che lega il gruppo statuario a uno spazio consacrato di carattere civile piuttosto che funerario, più precisamente un edificio che potrebbe essere un tempio a megaron situato a qualche centinaio di metri di distanza o, in alternativa, da ricostruire nell’area delle tombe. Massimo Pittau, in un suo recente lavoro, propone la ricostruzione di una aedes nella quale i cosiddetti “pugilatori” potrebbero avere la funzione di “colonne-telamoni” (Pittau, 2008, pp. 27-30). Nel primo caso si scioglierebbe il legame fra area funeraria e complesso statuario, legame che C. Tronchetti e P. Bernardini ritengono molto forte e che viene avvalorato dal rinvenimento nella tomba 6 di un frammento di scarto di lavorazione di uno scudo: dunque appare  difficile sciogliere questo nesso (4).  (4): Questa notizia, presente nel diario di scavo redatto da Carlo Tronchetti, mi è stata ricordata da Paolo Bernardini in una sua comunicazione personale. Ringrazio entrambi: il primo per avermi concesso, con la consueta disponibilità e amicizia, la lettura del diario; il secondo per avermi ricordato questo fatto e per essere stato sottoposto a una lettura di questo testo con successiva, stimolante discussione di alcuni punti chiave del discorso.

Difficilmente potrò prender parte alla discussione. Quindi ribadisco preventivamente alcune mie considerazioni.

mercoledì 19 settembre 2012

Sos Nurakes e le città nuragiche

di Mikkelj Tzoroddu

Abbiamo appreso da una scorreria sul web, come il signor Mario Galasso, che pare molto addentro alle “cose sottomarine”, riferisca d’aver notato anni addietro, a duecento metri dalla riva, di fronte all’insediamento nuragico di Sant’Imbenia, nella Baia di Porto Conte, delle strutture circolari alte qualche decina di centimetri, poste ad una profondità di m. 2,5, che gli fecero pensare ad abitati nuragici (egli li chiama capanne nuragiche). Prendiamo atto (con ritardo per nostra colpa) della segnalazione, che il Galasso dice essere stata inoltrata inutilmente alla sott’intendenza di Sassari, e noi commentiamo: povero signor Galasso, non sapeva che a dirigere quell’ufficio, pagata, ebbene sì, anche con il suo danaro, era apaticamente stanziata la sviscerata amante dei Ciprioti, altrimenti nota come Nostra Signora della Soprintendenza? Ma noi, facciamo subito nostra la notizia che riteniamo carica di conseguenze per il prosieguo della riscrittura della davvero vetusta storia del Continente Sardegna. Acquisiamo pertanto il dato del Galasso circoscritto, così come rilasciato, dai semplici dati esplicitati, però sufficienti a permetterci di affermare che: in tal caso circa nel 750 a.C., quelle strutture si trovavano allo stesso livello del mare.
Orbene, siccome il saggio uomo non costruisce nulla al livello del mare, evidentemente esso, all’atto della “posa della prima pietra”, si trovava distante da quel punto. E, siccome il Nurake è una struttura destinata a rimanere in eterno (da quel poco che abbiamo potuto capire dei Nurakes) il mare, in quella circostanza d’inizio costruzione, doveva trovarsi non semplicemente distante, ma molto distante. Ora, essendo la percezione della risalita del mare (secondo il nostro parere) molto ben presente a qualsiasi cultura umana marinara dall’Ultimo Massimo Glaciale in qua, ed in particolare negli ultimi quindicimila anni (e, aggiungiamo, soprattutto per tutta quella terra emersa che definimmo Sardegna Paleolitica nella sua sì variegata manifestazione geomorfica), era evinte ai Sardiani, che il Nurake dovesse costruirsi molto lontano dal mare, anzi e meglio, dovesse essere costruito in un luogo che risultasse molto in alto rispetto al livello del mare. E, quale poteva essere una altezza di sicurezza? Secondo un parere che abbiamo elaborato fin dalla prima occasione in cui ponemmo in essere queste elucubrazioni, non può essere meno di sette-otto metri, meglio se dieci! Consideriamo però, come ciascun sito abbia le sue peculiarità e questa non può considerarsi pertanto una regola generale.
Bene, se prendiamo il luogo nominato dal Galasso e guardiamo (sulla carta nautica) verso il mare aperto, ci accorgiamo che a circa un miglio marino (m. 1852) trovasi l’inizio del limite di profondità proprio dei dieci metri, il che significa (a nostro parere) che del complesso che fa capo al Nurake di Sant’Imbenia, fu iniziata la costruzione prima di 4500 anni fa. Ma, quanto prima? Beh, noi crediamo che, per la Baia di Porto Conte, una altezza sul livello del mare di assoluta sicurezza, per quei tempi, dovesse essere rappresentata dai venti metri. E, sì, il limite di tale profondità trovasi a circa 1,5 miglia marine cioè a circa m. 2778 dal punto indicato dall’ormai nostro signor Galasso. Ed, in tale corrispondenza, in termini temporali, siamo andati indietro di circa 7000 anni dall’oggi. Quindi, l’inizio della costruzione dela struttura che fa capo al Nurake di Sant’Imbenia, può essere avvenuta anche settemila anni fa. Con buona pace delle asfittiche intellettualità che sono ancora ferme all’adorazione dei 3500 anni fa, senza aver mai, assolutamente, effettuato una pur minima ricerca per verificare e confermare tale data: essa fu rilasciata dall’obnubilato sapere di qualcuno e fu semplicemente fatta propria da tutta quella congerie di nanetti che stettero per decenni, ma ancora sono, accovacciati ed imploranti sotto il tavolo, a nutrirsi delle poche briciole di cultura che il caso fa loro cadere addosso. Si tenga presente che nel contributo scritto per questo blog nell’ottobre 2011 abbiamo scritto, suscitando il più negligente disinteresse (chiediamo venia per il voluto pleonasmo), essere nostra opinione (che ci deriva da una precisa elucubrazione su alcuni dati molto più circostanziati di questi buttati giù in un attimo senza prenderci nessun tempo, se non per dare un’occhiata qua e là) che la datazione del primo Nurake dovesse essere posta prima di ottomila anni fa, il quale dato si avvicina, guardate un po’, a quello testé scoperto!
Ergo, il momento in cui gli incapaci immaginano di far arrivare qualche straccione da qualsiasi dove (intorno al 1000 a.C.), proprio nella progredita città nuragica di Sant’Imbenia, quel popolo Sardiano, Grande Maestro Dell’Architettura, era ivi stanziato da moltissimi secoli, forse anche quaranta!
Caro ed attento lettore, considera un po’ se questo dato (che crediamo posto molto vicino alla realtà, il quale siamo disposti a discutere (magari fosse) con chicchessia) possa ancora permettere, a quei taluni, che tu profumatamente paghi perché ti diano onesta contezza di un lavoro intelligente, ben impostato, scientificamente condotto, senza badare a soddisfare nepotismi mentali, di raccontare amenità, dannose per te e per la riscrittura della storia della tua isola, ma certo utili a puntellare i loro ormai traballanti scranni.

domenica 16 settembre 2012

Sa Catalugna indipendente diat sighire a fàghere parte de s'Unione Europea

 de Sarvadore Serra (*)


In intro de su dibàtidu abertu subra de sa possibilidade, pro una Catalugna indipendente, de abbarrare in s'Unione Europea.   Horitzò Europa (assòtziu trasversale, apartìticu, catalanista e  europeista chi s'est formadu in Catalugna in su 2007). at fatu unu comunicadu in ue ponet in duda  chi s'Ispagna sigat a èssere membru de deretu prenu de sa UE. Custu assòtziu at giai fatu un'istùdiu subra de sa possibilidade de ampliamentu  internu de s'Unione Europea, elaboradu dae su professore Antoni Abat, de s'Univesidade  de Stanford, e presentadu in su mese de freàrgiu de su 2010.
Cunforma a custu istùdiu, sa Catalugna est unu territòriu de sa UE, de su mercadu comunu, de sa zona èuro e de s'ispàtziu Schengen, chi  "interessat totu sa legislatzione de s'Unione ". In custu sentidu,  su status de una Catalugna indipendente eventuale in intro de sa UE diat èssere una "chistione  chi diat chèrrere negotziada politicamente, cun s'interessu a li dare una solutzione  pro evitare chi sa crisi de s'èuro aumentet".
Manifestu indipendentista
S'istùdiu nos ammentat chi "sos Tratados europeos  no istabilint ite protzedura bi cheret  si unu territòriu  de un'Istadu membru si partzit". E narat finas chi "non prevident mancu sa protzedura de sighire in su casu de s'annessione  de unu territòriu esternu a sa UE a un'Istadu membru".B'at petzi unu casu chi diat pòdere èssere orientativu: s'unificatzione de sa Germània in su  1991, chi l'ant fata gràtzias a un'acordu polìticu.
Cun custa  premissa, pro Horitzó Europa un'indipendèntzia ipotètica de Catalugna  diat chèrrere nàrrere chi  "su Rennu de Ispagna de como si diat partzire  in duos Istados noos". Una situatzione chi, segundu s'istùdiu, "non b'at nudda chi asseguret  chi s'Istadu ispagnolu nou  resurtadu dae custu protzessu  diat sighire a èssere membru de s'Unione Europea in sas matessi cunditziones de como, e nemancu chi s'Istadu catalanu nou  diat dèvere cumintzare  su protzessu de adesione  a sa UE moende dae  zero". 
Cunforma a custu istùdiu, "s'Ispagna noa, mancari mantenende su nùmene suo, si diat agatare cun  37 milliones de abitantes e diat dèvere torrare a negotziare  sas cunditziones suas de adesione  a sa UE, comente su nùmeru de eurodeputados, su votu in su Cussìgiu o su cuntributu a su bilàntziu comunitàriu". A s'àtera ala, una "Catalugna  indipendente diat èssere erede de s'Ispagna betza e diat tènnere  sos matessi deretos e doveres,  in dae in antis de s'Unione  Europea, de s'Ispagna noa". "Duncas ", cuncruit s'istùdiu, diat torrare a negotziare sos tèrmines de s'adesione de sa Catalugna,  ma non si diat pònnere in duda sa continuidade de s'Istadu catalanu  in intro de s'Unione Europea.

sabato 15 settembre 2012

Saremar o Antitrust? Ma il sardismo è in grado di governare nel 2012?

di Adriano Bomboi (*)
 
Pur non vedendo alternative valide nell'insieme dell'indipendentismo, non da oggi ritengo che il
sardismo abbia perso la sua spinta propulsiva nell'offrire tutte quelle soluzioni che nell'ultimo
secolo sono diventate parte del patrimonio politico ed intellettuale Sardo. Il sardismo ha
cessato di ragionare sulle soluzioni strutturali e si è rintanato nelle suggestioni del passato. Il
dibattito regionale attorno al tema della “Flotta Sarda SPA” è solo uno dei vari esempi che si
potrebbero fare al riguardo. L'aver pensato che poche navi pagate dai contribuenti avrebbero
potuto invertire la drammatica situazione dei trasporti dell'isola è stata una operazione
alquanto ingenua e forse persino irresponsabile. Purtroppo nel nostro gruppo non ci eravamo
sbagliati.
L'intero nazionalismo Sardo oggi dovrebbe chiedersi a che punto è la riflessione sul tema della
Costituente: le riforme sono o non sono la chiave di volta per lo sviluppo sociale ed economico
Sardo? Io credo che pochi lo abbiano compreso. Le poche proposte di riforma dello Statuto
Sardo continuano a rimanere non aggiornate alla realtà culturale ed economica del 2012 e,
oltre ad esse, ben 13 partiti Sardi (fra autonomisti e indipendentisti) non riescono a produrne
di nuove, tantomeno ad alimentare un dibattito.

venerdì 14 settembre 2012

Il popolo che celebra le sconfitte

di Francu Pilloni

Esiste un popolo davvero strano sul nostro pianeta che celebra le vittorie altrui, ovverosia le proprie sconfitte. Si dice che viva circoscritto sul suo territorio da vari millenni, tutto compreso nel cercare di comprendere (scusate il gioco di parole) la propria angoscia esistenziale. Da come ho iniziato il mio discorso qualcuno arguirà che si tratta di un excursus storico vero e proprio, oppure di uno studio specialistico di antropologia, di quelli, per intenderci, in cui vene passata al microscopio ogni più piccola manifestazione quotidiana, comprese le eventuali rughe d’espressione della fronte che esprimono perplessità di fronte alla realtà, come pure la piega amara del disincanto riservata alla visione del futuro personale e collettivo. No, non è così: si tratta solamente del racconto di una realtà per altro non ignota, questa volta esaminata da un punto di vista estemporaneo, se non paradossale, come paradossale vi sarà sembrato il titolo di questa comunicazione. In parole povere, è come se guardassimo alla via che frequentiamo tutti i giorni non con i piedi sull’asfalto della strada, ma da sopra un campanile o, meglio ancora, come se vedessimo la città, il nostro quartiere o il paesello dall’alto, affacciati dal cesto di una mongolfiera così che i parametri più evidenti delle cose non sono più l’altezza delle stesse e i colori, ma la distanza e la relativa collocazione spaziale, poiché il colore dominante sarà quello dei tetti o dei prati.