Si discute poco in Sardegna sul federalismo. In compenso si litiga molto fra destra e sinistra su chi è più infettato dall'economicismo. Più che un brutto morbo che induce a valutare tutto in relazione al denaro ed al profitto (personale o collettivo poco importa), l'economicismo è un idolo che dà all'economia la primazia nelle analisi e nelle soluzioni dei problemi sociali.
Fu il male più evidente della discussione sullo Statuto speciale che abbiamo. I costituenti misero da parte i diritti storici, culturali, sociali, linguistici della Sardegna, riconoscendoci specialità solo perché economicamente meno sviluppati. Il che (sia detto per inciso) giustifica le mattane di Brunetta e del presidente veneto Galan, quando dicono che le ragioni della specialità sono finite.
La Sardegna è da tempo fuori dell'Obiettivo europeo n.1 perché, rispetto alla media economica delle altre regioni europee, non se la passa così male. Perché, dunque, considerarla ancora "speciale"? Naturalmente le cose non stanno così: la specialità della Sardegna si fonda su un complesso di parametri fra i quali quelli economici, pur esistenti, non sono tutto. La politica sarda finge di saperlo, ma quando si tratta di agire (e di bisticciare) se ne dimentica.
All'economicismo si è aggiunta recentemente un'altra categoria che veleggia fra la geografia e l'economia: l'insularità. Il suo riconoscimento come handicap è sbandierato come risolutore e, va da sé, il bisticcio è su chi per primo l'ha invocato e su chi ha ottenuto assicurazioni sul suo riconoscimento. La cosa è utile, aiuta a crescere. Ma al pari della concessione di nuove competenze, del trasferimento di denari dallo Stato e di altre misure omologhe non sposta il problema. Che è quello dell'autogoverno pieno della società sarda in tutti i domini utili ad essa.
Paradossalmente, avere il riconoscimento dell'insularità come handicap non significa che i processi del suo superamento sono governati in Sardegna: li potrebbe governare Roma o Bruxelles che alla Sardegna potrebbero così trasferire i benefici destindandoli a questo o quall'uso. Con tanti saluti all'autogoverno.
Il problema, di cui neppure per bisticciare, i ceti politici fanno conto è proprio quello di vedersi riconosciuto il diritto sancito per tutti i popoli dall'articolo 1 del Patto dell'Onu sui diritti politici e civili: "In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale". Questa concezione del diritto internazionale ha ispirato il progetto di "Carta de Logu nova de sa Natzione sarda" redatto dal Comitato "Firma per la tua Sardegna", progetto che ha avuto l'adesione anche di Francesco Cossiga, oltre che dei gruppi consiliari del centro destra.
La cosa sconcertante è che non se parli, neppure per contrastarlo. E si continui a veleggiare fra economicismo e geografismo. Come stupirsi, poi, che ci sia chi vuole abolire la specialità della Sardegna?
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