Per onestà intellettuale, non fingerò di essere neutrale rispetto a quanto, sulle scritte antichissime trovate qua e là, dicono Atropa Belladonna e Gigi Sanna da una parte e i loro critici dall'altra. Sono infatti convinto che, fino a una prova contraria che ancora non c'è, abbiano visto giusto, riferendo degli abbondanti segni riconducibili alla scrittura al tempo dei nuraghi. Marcello Cabriolu, in un suo commento, suggerisce che non di segni mediorientali si tratti quanto, piuttosto, dell'alfabeto tifinagh, rinvenuto in iscrizioni nel Sahara. Per il resto, silenzio, quasi si trattasse di questione ininfluente per la conoscenza della civiltà nuragica, appagata dalle stratigrafie, dalle analisi chimiche e fisiche, dalle comparazioni fra civiltà più o meno contemporanee, purché non portatrici di scrittura.
E allora vorrei provare a rimettere in piedi la questione sollevata dal prof Sanna nei suoi due articoli La Teoria della Continuità e Il sardo "latino". Sì ma non romano. Cominciando a dire che Mario Alinei non sembra proprio il matto scopritore della pietra filosofale, ottimo linguista per gran parte della sua vita, improvvisamente impazzito dietro la sua Teoria della continuità e da allora messo da parte e isolato dalla comunità dei linguisti. In un rapido giro in Internet si scopre che ci sono storici della linguistica, glottologi, indoeuropeisti e filologi che lo prendono maledettamente sul serio. Questo non vuol dire naturalmente che la ragione sia della parte di Alinei e dei suoi sostenitori, ma che questi esistono e che, dunque, rendono la Teoria della Continuità quanto meno controversa e degna di essere discussa e il suo autore non un visionario isolato.
Ma non è questo, a mio modo di vedere, l'aspetto decisivo. Alinei (e Mauro Zedda e Gigi Sanna che ne accolgono le conclusioni) potrebbero anche avere torto marcio. Ma restano, valide sino a prova contraria che ancora non c'è, le letture che Gigi Sanna fa di reperti scritti, a cominciare dalle Tavolette di Tzricotu. L'amico Stella del mattino e della sera nelle sue ricerche ha scovato la stele di Polis tis Chrysochou i cui caratteri cuneiformi hanno straordinarie somiglianze con quelli delle Tavolette, tanto straordinarie da fare strame della loro attribuzione al Medioevo. D'altra parte – e la cosa risulta da un documento dell'ex soprintendente Azzena – la tavoletta in possesso della Soprintendenza è autentica.
Ebbene, Gigi Sanna vi legge almeno due parole ancora rintracciabili nel lessico sardo, GiGaHnLOY e GaWaHuLO (piccolo gigante la prima, cantore la seconda). In altri reperti appaiono parole come NoN(N)o-Y, KoR(R)ASh, H(o)GY'ANO, BAR'AS'ON-Y, L(e)Ph(e) S-Y, tutte parole che si rintracciano nella moderna lingua sarda, adattate alla fonetica attuale (Efis e Barisone, per esempio) e a volte modificate di senso, come Gaurru. Del resto, se si pensa alla pessima fine che il colonialismo ha fatto fare alla parola “balentia”, si può capire come questo possa capitare: il “piccolo gigante” può essere benissimo trasformato in “spilungone”. E allora delle due una: o si dimostra che Gigi Sanna ha letto male, ma per farlo non basta una scrollata di spalle, o bisognerà che i critici si rassegnino a considerare che ci sono parole che, nate nel II millennio, hanno attraversato indenni la conquista romana e sono arrivate a noi.
Non ha ragione Mario Alinei? E sia. Qualcuno può dare una spiegazione attendibile?
19 commenti:
Per quanto mi compete, vedo nei prossimi giorni -Sagra alla mano- di fornire una mia risposta.
Accomodati. Ma non sarò io a risponderti, stanne certo. Ciò che ti compete, dopo l'ultimo post scellerato su KORRAS e quant'altro, sarebbe quello di star zitto. 'Sagra alla mano'? 'Mettiti in mano', dato che ci sei, 50 articoli successivi in questo Blog, qualche Conferenza Internazionale, diversi saggi in qualche rivista, e due saggi -libri non da... 'prossimi giorni', credo: 'I Segni del Lossia cacciatore' e la Stele di Nora. E mettiti in mano anche gli articoli sulla scrittura nuragica dei...prossimi giorni. Non è finita sai! Anzi, il bello deve ancora venire (e bello davvero!).
Io non sono uno studioso di linguistica, nè ho mai scritto e scriverò un libro come Areddu, perchè non ho basi. Prova ne sia che io non sono mai intervenuto sui lavori di Gigi Sanna e A.B. Non saprei da dove cominciare. Io aspetto di sentire il suono di altre campane, altri studiosi, cioè,che studino le scritte presentate da Gigi Sanna e, speriamo, che giungano alle stesse conclusioni. Altrimenti diventa un fatto di fede. Bisogna crederci solo perché lo dice lui (ipse dixit?).
Vorrei però capire una cosa. Mi pare di aver capito che Sanna ha individuato 2 parole che sussistono ancora oggi. Da questo fatto se ne deduce che la teoria dell'Alinei dovrebbe essere valida. Non capisco dove sia il nesso. Probabilmente é un mio limite, lo ripeto. Per ciò che ci riguarda l'Alinei ha detto che in Sardegna si parlava un linguaggio simile al latino già prima dell'arrivo dei Romani. Bastano 2 parole a confermare le teorie dell'Alinei? A mio modo di vedere neppure 200 basterebbero. Del resto, se così fosse, qualcuno mi dovrebbe tradurre agevolmente tutti gli strani toponimi della Sardegna centrale. Se sono simili al latino che problema ci sarebbe?
io sono sempre pronto ad accogliere le novità, ma voglio esserne convinto.
Vede Maimone. Io corrispondo con Gratzia Pintore, con Aba Losi, con Gianfranco Pintore, con Pierluigi Montalbano, con Alberto Areddu e con quant'altri si firma o almeno fa sapere a me, (anche attraverso altri) privatamente chi è. Con gli altri no. E' più forte di me, mi creda. Da poco ho saputo chi si nasconde dietro una certa sigla. Abbiamo subito iniziato una interessante corrispondenza privata. Prima per me ( e sbagliavo molto) ciò che scriveva era indifferente. Lei non è uno sprovveduto e no fa solo domande. Fa ragionamenti. Anche da poco li ha fatti. Spesso anche non privi di interesse.Quindi discutiamo su di un piano di perfetta parità, senza rendite di posizione. Niente Nome e Cognome 'festa niente' (almeno per quanto mi riguarda). Pensi, perchè capisca che le scrivo con il cuore in mano, che io non uso se non per lo stretto necessario, il telefono. Sbaglierò, sarò fatto all'antica, un sardaccio d'altri tempi, scorbutico ed antipatico, ma preferisco e spesso anche 'pretendo' di vedere in faccia la persona che dialoga con me. Ha visto il Bibinu, l'anonimo prontissimo del primo post a commento? Ha 'sporcato' da troll l'articolo, come ha potuto, con finta gentilezza, e poi, messo alle strette da Gianfranco Pintore, si è dileguato. Sparito. Ora io non dico che Lei lo sia. Neanche lontanamente. Desidero soltanto che non solo io ma anche altri (soprattutto gli altri) sappiano chi è lei. Lei si immagini se adesso io le rispondessi firmandomi non Gigi Sanna ma 'SardegnadeiValori' o 'Sorighittu', o 'ForzaSardegna Libera' o per imitazione topografica, Portu Suedda o Is Aruttas. Magari in manier stupida e acida. Tutti penserebbero che è un amico di Gigi Sanna che è intervenuto. E si ritornerebbe alla situazione casinesca del recente passato che permetteva a chiunque, spesso la stessissima persona, di parla e di sparlare impunemente su tutti e su tutto. Sono stato chiaro? D'altronde Lei non perde granchè se non dialoga con me. Mentre ci perdo io se non dialogo con Lei, con una persona però in carne ed ossa. Ed infine. Gli Aristotele e i pseudoaristtele mi sembra che alberghino da altre parti. Tutto mi si potrà dire, tranne che pretenda che altri parlino per fede! Proprio no.
Se ci tiene tanto a sapere il mio nome non ho alcuna difficoltà a dirglielo, ma in privato. Mi faccia avere la sua E-mail e glielo farò sapere. Vedrà che il mio nome non le dirà niente, anche se una volta, molti anni fa, eravamo entrambi componenti di uno stesso organismo. D'altra parte, cerchi di capire, se mi sono inventato uno pseudonimo sarà perchè non ho desiderio o interesse ad apparire. Comunque,mi consenta un rimprovero bonario: lei parla e scrive troppo per essere un vero sardaccio d'altri tempi. Il sardo é molto sintetico nelle sue espressioni fino a rasentare il mutismo roite ca dae dae su nudda no si tinghet papiru".
Ok. Vero, uno strano sardaccio che parla troppo ('scrive' no. Non te lo accetto). Imbetzande... a d'ischis! Una prima ammissione. L'accordo funziona e a mio svantaggio 'bonario'. Avrei preferito però Maimo' che avessi gettato la maschera completamente anche di fronte agli altri. Però, per vendicarmi, ti scriverò per monosillabi, così nessuno at a tinghere ne pabiru ne perda. E du at essere una batalla po su nudda nieddu! L'indirizzo lo si trova nel saggio La stele di Nora. A menzus biere!
Caro Zua', per essere sardaccio vero ti commento, con un mio silenzioso boh!, solo la tua malizia, la tua finale domanda stupendamente retorica.Quante volte l'hai posta!
Possiedo il libro. Non appena tornerò a casa, verso le 20, vado a controllare. Comunque sono d'accordo sul fatto che scrivere molto non é un difetto, un pò perchè a me piace leggere, un pò molto perchè scrivere poco a noi sardi ci ha sempre danneggiati.
Signor Gigi Sanna,se potessi l'abbraccerei, anche se scrive troppo ,di conseguenza è poco sardo,(ovviamente scherzo) proprio per la sua totale sardità.Lei scrive,io parlo,comunico con tante persone e mi sento sardaaaa sia nei difetti che nei pregi.Finalmente ho capito perchè le persone non usano il loro vero nome,quando scrivono nel blog,trovavo assurdo nascondersi dietro questi pseudonomi.Anche se serve a poco,le do la mia totale solidarietà.(parola un pò in disuso,ma che amo per la sua rarità))
Cara Grazia, grazie per la pronta solidarietà. Ma con Maimone abbiamo chiarito tutto per posta privata. Il suo essere anonimo è dettato da qualcosa di molto comprensibile e, direi, anche nobile. Fossero tutti gli anonimi così!
E poi, mica sbagliava sul mio essere 'garrulus'! E qualche volta è bene essere (bonariamente) redarguiti. Ora però tocca a Pierluigi Montalbano! E non solo!
La solidarietà mia non era contro Maimone ma contro qualcuno che è un pò troppo astioso nei suoi confronti, signor Sanna,ma ORA SMETTIAMO LE POLEMICHE E GIOIAMO PER GFP
Caro Gigi,
probabilmente non hai letto la mia risposta nel 3d nel quale stavamo chiacchierando, pertanto la riscrivo in questo, scusandomi con i lettori per l'intrusione off topic.
Il mio pensiero è ben piantato sulla terra perché vivo quotidianamente situazioni che mi riportano a terra. Se in un sito nuragico trovo ceramiche, resti di pasto, anfore per il vino, semi di grano duro e tenero, vinaccioli, alari, tracce di bruciature di ossa animali, focolari, e fuori dal nuraghe trovo villaggi che contengono resti di ovi-caprini, semi di piante addomesticate di varia natura (dal fico all'uva, dal grano ai piselli), suini, bovini e simili manufatti…penso a persone che vivevano la quotidianità. Se vedo 16 nuraghe che circondano una giara, posti proprio in corrispondenza degli accessi dal basso…penso ad una comunità che vuole controllare chi accede alla giara. Se al centro di questa giara c’è un’imponente tomba di giganti…penso che quella comunità soggiornò a lungo in quella giara. Se un clan rivale, o in cerca di nuove terre da abitare, vuole insediarsi in quella giara…trova qualche difficoltà a causa dell’insediamento, e considerato che una tomba comunitaria (quale è quella di giganti) testimonia alcune generazioni di defunti, mi pare sia lecito dedurre che si tratti di un fortissimo segno di antropizzazione del territorio. Il mio pensiero parte da questi dati. La religiosità dov’è? Per trovarla devo proporre una teoria, dare una spiegazione ai manufatti trovati, alle architetture trovate, al perché hanno manipolato l’ambiente per creare zone coltivabili e pascoli, e infine…spiegare perché alcuni edifici sono polilobati non simmetrici. Quando leggerò qualche autore che scriverà le risposte in maniera esaustiva e convincente…staccherò i piedi dal suolo e inizierò a rivedere le mie idee. Nel frattempo ti auguro di continuare a trovare testimonianze della scrittura nuragica, e di indagare al meglio sul significato delle parole. Sarò ben lieto di ascoltare i tuoi pensieri, pur senza entrare nel merito perché non ho le competenze necessarie.
@ Pierluigi Montalbano
Chi torras a intrar'in ballu cantedutidha e sonendutidha, provu a t'acumpangiari.
DE totus is cosas chi agatais, bosatrus aregius, forroghendu in terra, cal' e'i sa chi non torrada cun sa religioni? Arregodadia ca sa religioni nosta puru ponit fundamentu in pitzus de su pani e de su binu.
T'iast a depiri ligiri is obberas de chini at iscritu de Istoria de is Religionis. Nd'at medas, ti ndi nau de unu feti: Mircea Eliade. Prova ti dhu ligiri.
No' abarristi prantau.
Ti ha già risposto Elio perchè tu sei un po' come Donna Prassede che scambiava il cielo ecc.....E se invece di tutto ciò che cerchi ti trovi davanti ad un bel coccio scritto, ad una pietra con pittogrammi, ad un nuraghe con delle scritte enigmatiche, ad un pozzo sacro con tre strani segni? Che fai? E se ne trovi trenta, settanta, centoquaranta di quei segni?
Ti gratti? Fai spallucce? Perchè non ti dicono nulla, al contrario dei semi dell'uva del cannonau o del vitigno di Capichera? O di un nuraghe ben posizionato? Se lo fai (come lo fai) sai perchè agisci così? Perchè è comodo, o almeno, più comodo che spremersi le meningi cercando di capire i messaggi scritti dei popoli sardi della civiltà del bronzo.
Tu per trovare la religiosità dei nuragici non cevi porre alcuna 'teoria': devi solo lasciarti andare, devi avere l'umiltà di ascoltare, di leggere e studiare. Molto, moltissimo. Non me, i documenti. Se ti dice qualcosa una ciotola nuragica, la produzione stretta stretta materiale, ti deve interessare anche e soprattutto se in essa c'è scritto qualcosa. Ricordi la Coppa di Alessandria? Se ne è discusso in questo Blog ma non perchè fosse un reperto archeologico niente male ma soprattutto perchè c'era la scrittura greca e una delle prime testimonianze, dopo la morte di Gesù, del culto e del rito che lo riguardava.Hai capito adesso? Nessuna 'teoria', solo comprensione della scrittura e oggettiva trascrizione e traduzione del brano. Io ho letto ad es. nelle tavolette di Tzricotu un nome bellissimo (di cui parlerò) di un Abay sardo del XIII secolo a.C. Un figlio della divinita solare e lunare, del dio androgino Yh. Se tu non hai fiducia ( e su di altri quanta ne hai invece!), non mi vieni dietro, non entri nel merito approvando o disapprovando, non puoi 'staccare i piedi dal terreno'. Mai: Terrena vides, caelestia non vides. Ti perdi il più bello e lo spirito dell'uomo sardo di 3300 anni fa. Vedi? Non puoi scampartela devi studiare (vedrai ancora quanti documenti!) gli alfabeti arcaici (perchè quelli ci sono) e fare un corso accelerato di epigrafia e paleografia sia prefenicia che fenicia. Ciao, altrimenti l'amico Maimone...
Ti perdi il più bello e lo spirito dell'uomo sardo di 3300 anni fa.
Sottoscrivo. Per me sarebbe la massima aspirazione. L'archeologia, come tante altre discipline che studuano l'antichità, é pur sempre una scienza umana, che non può limitarsi a studi un pò meccanistici, basati prevalentemente su catalogazioni e comparazioni di resti ceramici e di quant'altro. Bisogna anche staccarsi dal terreno e dare qualche colpo d'ala.
Molti anni fa ho letto il libro di Camillo Bellieni su Eleonora d'Arborea. Verso la fine del libro (o forse é proprio l'ultimo capitolo, ora non ricordo) vi é un capitolo intitolato "Poesia della Carta de Logu". L'Autore, nei capitoli precedenti, ha descritto, analizzato e sezionato e la Carta de Logu con piglio e rigore scientifico. Poi, però, sulla base di ciò che ne ha spremuto, cerca di immaginare il mondo di allora: la vita dei contadini e dei pastori, i loro contrasti, gli sconfinamenti di bestiame, gli incendi e così di questo passo. Si tratta di un capitolo di poesia nel vero senso della parola, benché scritto in prosa, che consiglio di leggere a tutti. Ecco, a me pare che agli archeologi moderni manchi questa capacità di carpire dal mero dato materiale, di per sè privo di un reale interesse, i pensieri, la fede, le speranze di coloro che hanno fabbricato e adoperato questo materiale. Dietro ogni oggetto c'é un uomo, e tanti uomini sono una comunità con la cultura che hanno sviluppato. E noi gli eredi di questa cultura. Conoscere la cultura dei nostri antichi, in fondo, significa conoscere noi stessi.
Per Sanna, ti reinserisco una osservazione finita in calce nell'altro post riguardo CORRAS:
Uhm, quindi deduco che sostieni che in epoca preistorica il nesso -RN- si sarebbe già assimilato in -RR-. Cosa un poco strana. L'area di assimilazione del nesso (in area romanza), oltre al sardo, è quella adriatica (dalmatico e albanese), i dialetti italiani centrali e meridionali lo mantengono invariato. Se dovessimo supporre che il tuo Corras sia preesistente ci troveremmo a un esito poco latino e poco italico, ma con ipotetico sostrato adriatico.Indi illirico.
Tenes arresone: Amsicora/AMPSAGORAS fuit ..albanesu.E comente nono!
Ant nau fintzas chi fuit 'sardo-cartaginese'! Podet dare!
'Poco' latino 'poco' italico? 'Ipotetico sostrato adriatico? Poco, poco, ipotetico, forse, chissà...Ohi, ohi! Totu tranquillu, totu una pardu sena crastos e mora e'orrù. Totu erbitta frisca frisca po su lentore!
Abbaida, cun sas fromigheddas tuas maccas accorradas m'as istorronau.
Bae bae e lassami sa conca! Como abbastat.
A Gratzia, simos totus cantande,brincande, bufaos e allirghittos che anzoneddos de paschighedda po su 'Nobel Sardu' de Zuà.
Tue naras: calicunu est astiosu e dda tenet cun megus.O GRA',ddue cheret cussu puru, sinuncas su Blog bivet sena inari in bussacca e si che morit (si non andat a campu a cricare calicuna antunna o fenugheddu areste).
Abbaida chi 'garrulus' est nomene latinu e cheret narrere 'chiacchierone, canterino'. Latinu 'romanu' però non sardu! In sardu nuragicu fuit GAWAHULU (pois 'gaurru') comente GAWAURU in Crabas in die de oe.
O Sanna, come al solito giri intorno e non dai risposte dirette (e poi son io che formicheggio !). T'ho fatto un'obiezione, credo sensata, come mi giustifichi la resa -RR-, invece che -RN-, posto che codesta resa è solo postromana e adriatica? Sei hai altre soluzioni (che so: il sostrato, che non conosceva -rn- e reagiva assimilando?)sarebbe giusto esplicitarle. Per Amsigora l'ipotesi africana è ad oggi la meno dispendiosa, anche se finora uno studio che ci attesti aldilà di toponimi, sul significato della parola manca. Per il figlio Hosto ti faccio notare la ricorrenza di tale nome in iscrizioni latine di area dalmata e illirica.
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