giovedì 23 settembre 2010

Trigonometria Nuragico-egizia


di Davide Marras    


Mi permetto di portare alla vostra attenzione, uno studio sulle cose sarde che penso possa catturare la curiosità dei più preparati, nel saper cogliere i dettagli tecnici, nonché degli altri, come me, che non si possono permettere molte esternazioni, se non per  riconoscere in questo, il miglior biglietto da visita per il Nuragico, nel contesto scientifico internazionale.
L’autore dello studio, l’ing. Nicolino De Pasquale, con la sensibilità e la competenza che lo contraddistinguono,  ha saputo esprimere, tutta la complessità delle sue elaborazioni, in semplici forme e rappresentazioni che sono risultate comprensibili anche ai non addetti ai lavori, io ne sono stato un testimone, alquanto privilegiato, perché tra i pochi con cui ha condiviso le sue scoperte.
Il suo discorso in relazione ai numeri, vale molto di più, secondo il mio umile parere, di tante esposizioni stratigrafiche espresse dai nostri studiosi, nonché dell’operato di tante agenzie isolane, impegnate come sono, da sempre, a richiamare l’attenzione dei tour operator nel mondo.
Esaminando i giochi di Imenmes, conservati al Museo  Louvre, è possibile ricostruire le notevoli conoscenze matematiche e trigonometriche degli antichi egizi. In particolare sul prezioso disco in pietra turchese è inciso a scacchiera un potentissimo sistema di rappresentazione polare-esponenziale, dedotto dalla struttura intima di alcuni frutti, che conduce ad una incredibile semplificazione nella rappresentazione di tutte le funzioni. Queste, anche nelle forme meno elaborate, si caricano di profondi significati, riuscendo a descrivere la crescita di tutti gli esseri vegetali, secondo le proprie fillotassi...

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31 commenti:

Pierluigi Montalbano ha detto...

Ohia sa conca!
Spero che altri si cimentino in queste disquisizioni tecniche.
Personalmente sono convinto che i nostri cari nuragici fossero pratici delle leggi ad "occhiometro" per la costruzione dei loro edifici, e che per i loro orientamenti utilizzassero ciò che offriva la natura: funi, compassi artigianali e tanta sensibilità acquisita e praticata con i 5 sensi, oltre l'intelletto.
Da parte di molti studiosi, si tende frequentemente e impropriamente ad identificare la divulgazione con la superficialità, come il tecnicismo con la competenza scientifica, in particolare laddove si privilegia il linguaggio specialistico, spesso retaggio di un accademismo autoreferenziale e talora inadatto sia al luogo sia al contesto, rispetto all’efficacia comunicativa e alla chiarezza espositiva, doti che sono invece indici di maggiore padronanza conoscitiva sull’argomento, come peraltro insegnano i più grandi scienziati, studiosi e archeologi.

Sono curioso di leggere qualche commento in proposito alle esposizioni dell'ing. Natalino De Pasquale poiché assistetti alla sua esposizione sulla pintadera a Cagliari. Rimasi profondamente deluso: incespicò continuamente sui calcoli, rovesciò addosso ai partecipanti una valanga di numeri (incrociandoli e attorcigliandoli) e alla fine...i risultati non tornarono.
Buona fortuna, preferisco Dante e Leopardi, veri solleticatori dell'intelletto.

Unknown ha detto...

Il Prof. De Pasquale è un tecnico, come tale ha esigenza di esprimersi in quei termini, la comprensione non è limitata a nessuno, ma sicuramente sono favoriti quelli che masticano quotidianamente questi dati. L'interesse attorno a questi ambienti, tecnici, mette in evidenza la multidisciplinarità delle osservazioni attorno alle cose antiche. Questo è uno dei più importanti, essendo coinvolte le Civiltà Mediterranee del tempo Nuragico, offrendone uno sguardo differente dai soliti, osservati fino ad ora.

Gigi Sanna ha detto...

No Pierluigi, a mio parere (e cercherò di dimostrarlo in un prossimo articolo)dire che i nuragici andavano ad 'occhiometro' è esagerato così come lo è l'attribuire ad essi strumenti di calcolo da superuomini tecnologici dell'antichità.
Quanto al cosiddetto tecnicismo e al linguaggio specialistico ritengo che tu lo debba rispettare. Ha ragione Bolognesi: la scienza è aristocratica e spesso usa un linguaggio che si fa fatica a comprendere. Hai notato la 'tenzone' da specialisti tra lui e il Blasco Ferrer? Chi li ha capiti? Pochissimi. E nessuno, te compreso, ha messo becco sul loro tecnicismo e linguaggio specialistico d'obbligo! Certo, meglio sarebbe, dato un pubblico 'mondiale' che non può arrivare a certi livelli, che in questo Blog si usasse la lingua di tutti i giorni; ma non sempre ciò è possibile. Spesso il difficile è addirittura del tutto necessario come si può capire, ad esempio, dalla giustificazione dell'inglese di Aba Losi, non tradotto, qualche giorno fa, per rispettare certe coloriture del brano proposto. Chi non ha una buona conoscenza dell'inglese non ha potuto e non può condividere il 'gusto' di Aba che ha optato per lasciare il brano in lingua originale.
Detto ciò penso che una volta superato il cosiddetto 'difficile' si possa passare alla confutazione.Socrate era un maestro nella confutazione e ci ha insegnato che si sconfigge l'avversario (quando lo si sconfigge!)su basi dialettiche, sempre su basi dialettiche. Esaminando e passando al setaccio punto per punto le argomentazioni altrui. Si divertiva a sconfiggere, guarda caso, proprio gli illuministi ed i razionalisti supponenti del tempo. Ma che vado dicendo? Queste cose tu le sai meglio di me e Socrate poi... è Socrate. Bisogna dunque argomentare, argomentare con luciditò, e proporre soluzioni o alternative diverse. Altrimenti si concede varco e spazio alla tanto detestata supponenza. Anche l' 'occhiometro', se ben consideri, può essere misura, magari non voluta, di supponenza.

elio ha detto...

@ Pierluigi Montalbano.
Non sono d'accordo col tuo modo di risolvere la questione e la tua curiosità di leggere altri commenti è speranzosa di stroncature.
Il Norace del 'bisu' di Efisio Loi, mi pare che rimproverasse Davide di un eccesso di vanteria, di 'pallerentzia' diciamo dalle mie parti; sembrava che esistessero solo i Sardi nel mondo dell'età del bronzo.
In questo articolo, invece, il Sardo è uno fra tanti altri che, però, porca miseria, manca poco costruissero navicelle spaziali.
Ho sentito anche io Natalino De Pasquale presentare il suo stidio sulla pintadera. Vorrei sentire un matematico con i controfiocchi dire la sua in proposito. Che fanno? Snobbano?

Unknown ha detto...

Nell'appuntamento di Genova, lo scorso anno, oltre all'intervento di Nicolino De Pasquale, e della Dott.ssa Massimiliana Pozzi, affermata Egittologa, inseriti nel contesto dell'Egitto, ospite del Festival, ho assistito, tra gli altri, all'intervento del Prof. Plinio Innocenzi, dell'Università di Sassari, il quale esponeva la sua relazione sulle Nanotecnologie. Partendo dalla macchia della tazzina di caffè, è arrivato ad esporre le conoscenze della Fisica, settore che, allora, definiva i suoi limiti nelle strumentazioni, per l'osservazione dell'infinitamente piccolo. La sua esposizione arrivava a definire i Quasi Cristalli, come elementi ultimi delle loro capacità di studio. Per raggiungere queste conclusioni, ricordo il passaggio delle immagini, che mettevano in evidenza gli Opali delle decorazioni orientali e i soffitti delle tombe Tebane, con i fiocchetti a 4 petali. In questo ho rivisto la relazione di De Pasquale, che esponeva le sue conclusioni esponendo le stesse immagini delle tombe Tebane, con i fiocchetti a 4 petali.Percorso diverso, obbiettivo comune, ho pensato, nel affiancare le loro relazioni, da profano che sono.
Evidentemente, sono capitato bene, nel conoscere i loro differenti punti di osservazione, per cui mi sento nella posizione di privilegio nel comprendere che attorno a queste cose, si muovono enormi interessi, che vanno al di là della mia capacità di giudizio e a quella di tanti altri. Mi rendo conto, però che questo sia un passaggio importante della nostra generazione, nel recepire quanto meglio possibile, gli spunti che si presentano per arricchire il nostro bagaglio delle conoscenze.

Pierluigi Montalbano ha detto...

Caro Gigi,
a tuo parere la scienza è aristocratica? Allora sono felice di far parte del popolo manifatturiero.
Come ho scritto nel precedente articolo, e come ti raccontai qualche mese fa, la complessità di un'argomentazione, per essere presentata in pubblico deve essere resa fluida nell'esposizione.
Chi non ci riesce in ciò farebbe meglio a ritornare sulla Terra e iniziare un bel corso di comunicazione, oppure bersi una birra fresca e andare ad irrigare un campo (quest'ultimo non deve capire le parole ma limitarsi ad assorbire acqua) o, meglio, scrivere un testo ma non presentarsi in pubblico a raccontarlo.
Ovviamente questo discorso è rivolto a chi, come l'ing. in questione, vuole divulgare le sue teorie.
Dovrebbe rivolgersi ai matematici scafati e confrontarsi in ambito accademico, ma questo studioso non lo fa (almeno in questi argomenti).
L'esperienza di vita mi ha insegnato una cosa: se racconto un mio pensiero, e mia nonna mi segue nel discorso (o mio nipotino di 10 anni piuttosto che un lettore di blog e forum) significa che la comunicazione funziona, altrimenti...bisogna riformulare le proprie convinzioni e nel frattempo andare ad irrigare i campi.
Funziona così anche con i politici: se non vogliono farci capire...parlano il loro linguaggio tecnico da imbonitori, altrimenti sono fluidi e scorrevoli. Sono maestri nella comunicazione.
Ciò che affermo, e me ne prendo tutte le responsabilità, è che molti studiosi se la tirano con un linguaggio tecnico...ma i più bravi fra loro vengono ascoltati (e capiti) perché sanno comunicare.
Non entro nel merito delle teorie dell'ing. Di Pasquale (non ho le competenze richieste) ma i suoi discorsi farraginosi sono (a me) incomprensibili.
Meglio Pirandello.

Pierluigi Montalbano ha detto...

...continua
Un certo scienziato, Galileo Galilei, scrisse le sue due più importanti opere nel volgare bembesco e in forma dialogica, e non trattatistica, così che si potessero avvicinare alla scienza anche coloro i quali avevano intelletto, preferivano ascoltare piuttosto che sentenziare, pur non conoscendo questa “lingua aristocratica”.

elio ha detto...

@ Pierluigi Montalbano
Bene, Pierluigi, non posso che essere d'accordo con te. A patto che non si banalizzi.

francu ha detto...

Ha ragione Montalbano quando dice di non essere democristiano, nel senso deteriore di uno che beve ad ogni fontanella e dice che l'acqua è acqua ed è tutta buona.
Però non capisco questa sua presa di posizione contro il povero Nicolino De Pasquale, che è un uomo mite oltre che professore di liceo.
Io ha assistito alle due conferenze che ha fatto a Cagliari, una al B. di Sardegna (dove ha parlato dopo Ugas che si era preso oltre metà del tempo a disposizione e i quattro quinti delle potenzialità attentive del pubblico presente), l'altra nei locali comunali con ingresso in corso C. Felice (e anche lì non fu certo il primo a parlare). Poi l'ho sentito a Sorgono, parlare ai ragazzi delle scuole superiori. Devo ammettere che di fronte ai ragazzi se la cavava meglio, era più didattico e non dava nulla per scontato nelle conoscenze dei ragazzi.
Certo, parla un linguaggio specialistico e sbaglia quando pensa che la maggioranza degli ascoltatori siano in grado, non dico di capire, ma di ricordare, di collegare insieme "concetti" della matematica e della fisica.
Chi sa come funzionano i meccanismi della comprensione di ogni individuo, sa non solo che sono diversi, ma che ognuno segue un filo tutto suo del discorso che ascolta. Capita spesso che uno non senta per un minuto intero ciò che il relatore va dicendo, perché sta inseguendo nella sua mente un particolare che ha bisogno di una certa fatica ad essere messo a fuoco, per poter effettuare i collegamenti logici suggeriti dal discorso del relatore.
Anche a te, come a me, sarà capitato di distrarti e di non riuscire a seguire la logica interna al discorso di De Pasquale.
Per questo lo mettiamo in croce?
Se Davide Marras ha capito tutto sin dall'inizio, io ho avuto la fortuna di fargli un'intervista per un articolo su Paraulas, così che mi sono fatto spiegare quanto non collegavo. Gli mandai il mio articolo prima di pubblicarlo, dato che io so a chi riuscivo a vendere la rivista e pertanto avevo cercato di renderlo fruibile anche ai non addetti. Ti farei leggere la risposta, se ne avessi il permesso, per dire di quanto era contento che si fosse resa piacevole una materia così ostica.
Ti ripeto, per me Nicolino è un grande e una persona la più mite che abbia conosciuto.
Non è giusto disconoscere gli stidi di una persona solo perché abbiamo difficoltà a sintonizzarci con lui.
Perciò, caro Montalbano, non fare il comunista, adesso!

Unknown ha detto...

Il Prof. De Pasquale verrà a metà Novembre per illustrare lo studio sulla Trigonometria e lo studio sul simbolo delle decorazioni del Rame di Isili, il Fiore a 6 petali, conosciuto come il Fiore della vita, distribuito in tutte le culture arcaiche europee. Si sta pensando di coinvolgere altre figure che possano esprimersi sugli utilizzi del minerale e sulle maestranze coinvolte nella fusione e lavorazione in Sardegna e nel Mediterraneo in epoche diverse. Sembra che ci sia solo un'altro studio pubblicato in inglese, in merito, per cui sarebbe opportuno stimolare l'interessamento degli esperti.

Alessandro. ha detto...

Ho parecchi dubbi su questo paragone con i bronzetti "nuragici".

per due motivi.

-I bronzetti "nuragici" non sono dell'età del bronzo medio, ma del I Ferro. Quindi con i nuraghi non centrano nulla. Li hanno visti, usati e smontati. Ma non li hanno costruiti.

-Perchè viene analizzato solo l'apparente motivo trifoliare dello scudo e non il fatto che quello sia "solo" uno scudo, e quindi che le placche non abbiano un ruolo decorativo, ma difensivo, PRATICO?

Saludi.

elio ha detto...

@ Alessandro Lessà
Forse, Alessandro ti sfugge una cosa: i bronzetti rientravano in un'atmosfera complessiva di cui il sacro era gran parte. Per una concezione 'religiosa' come quella di allora, anche i particolari dovevano sottostare a canoni ben precisi, non tanto a scopi pratici. Che fossero quelli ipotizzati da De Pasquale, bisognerà vedere.

Alessandro. ha detto...

Certo. Infatti elmi, scudi e armature sottostavano ai principi della trigonometria, non servivano a salvare la pelle di chi li indossava.

foolish i am!

shardanaleo ha detto...

Ale scrive:
"-I bronzetti "nuragici" non sono dell'età del bronzo medio, ma del I Ferro. Quindi con i nuraghi non centrano nulla. Li hanno visti, usati e smontati. Ma non li hanno costruiti."
DOLCE MUSICA poer le mie orecchie! Allora non sono più il solo pazzo a dire che i BRONZETTI NON SONO "NURAGICI"... o almeno niente vi è che lo provi...
Sarebbe bello aprire su questo una DISCUSSIONE e sentire i vari apreri...
Fino ad oggi si è SACCHEGGIATO il simbolismo e l'aspetto dei BRONZETTI per giustificare le teorie più strampalate.
Non mi riferisco necessariamente a De Passquale, col quale in passato vi fu una collaborazione per le nostre due socperte sul Calendario "Nuragico" come lui lo chiama o SHARDANA, come io chiamo il mio.
Con la differenza che il mio CALENDARIO DELLE STAIONI è molto più semplice e ha altri "fratelli" in numerose altre CIVILTA del mondo antico. Dagli EGIZI ai SUMERI (Nippur), CELTI, INDONESIANI, AZTECHI, MAYA... i quali hanno sempre lo stesso idnetico CALENDARIO diviso in OTTO parti. Proprio come il PRIMO della storia: il DAN.GIR o DIN.GIR... quello di NIPPUR usato ancora oggi con la stessa DATAZIONE: 3761 a.C.

Pietro Murru ha detto...

Anche Benedetto Croce sosteneva la profonda sciocchezza secondo cui gli intelletti più sofisticati si occuperebbero di letteratura e filosofia mentre quelli un po’ più limitati, meno adatti alle profondità del pensiero speculativo, si troverebbero a proprio agio solo nei terreni melmosi della matematica e dentro gli schemi tarpanti delle “scienze dure”. Dunque Pierluigi Montalbano è in buona compagnia quando esprime disappunto nei confronti di chi osa irrompere dentro le dotte dissertazioni sul passato dell’uomo portando seco qualche calcolo...da seconda o, al massimo, terza liceo! Il pregiudizio è ben più antico del grande Croce, ed tanto più difficile da sradicare oggi che la fisica è diventata assolutamente inaccessibile ai non specialisti. Il bel libro divulgativo di Hawking “Dal Big Bang ai Buchi Neri” può andar bene per chi, con un po’ di pazienza, vuole avvicinarsi a certi argomenti, ma non può certo soddisfare chi si occupa di fisica, perché rinunciare alla matematica per trattare certi concetti significa rinunciare quasi del tutto a quei concetti stessi, perché essi sono esprimili in tutta la loro potenza e profondità soltanto nel linguaggio dei numeri.
Io ero presente alla conferenza in cui De Pasquale illustrò il suo studio sulla pintadera-calendario astronomico, e i conti tornavano, eccome se tornavano! Certo, per seguire le sue dimostrazioni dovetti rinunciare a prendere appunti e, anche grazie quel po’ di infarinatura di matematica che mi ritrovo ad avere, fui molto affascinato e sorpreso da quello studio. Prendersela con De Pasquale perché non si ha voglia di andare a vedere la matematica che servirebbe per capire i suoi studi mi sembra un atteggiamento piuttosto...limitante. Pretendere che De Pasquale illustri le conoscenze matematiche degli antichi senza parlare di matematica con la matematica mi sembra...limitante!
Molti tra quelli che si iscrivono in lettere e che poi finiscono per fare gli archeologi, scelgono questa strada a causa di una certa idiosincrasia per la matematica e per la scienze in generale. Così, quando questi signori indagano il passato non vedono un buon sessanta per cento della cultura di quelle antiche civiltà che pretendono di studiare: si perdono tutta la parte fatta di numeri! Per cui oggi noi assistiamo ai “mal di testa” per gli studi di De Pasquale... gli stessi studi di Zedda vengono ignorati dagli archeologi perché non ci capiscono un mazza! Mica per altro! La distinzione tra “scrittura vera” e “scrittura per far di conto” è, anch’essa, da attribuirsi all’idea ottusa secondo cui i numeri siano “roba da villani”. E quanto si perde della profondità della scrittura nuragica e delle scritture antiche in generale, se non si scorgono le simmetrie geometriche e i significati numerici che stanno dietro alle lettere e alle parole?...o se si rinuncia a un certo linguaggio perché chi esce da lettere non sia mai che debba imparare qualcos’altro?!
Io credo sia ora che gli archeologi abbiano nel loro bagaglio di conoscenze la matematica, la fisica, la geologia e la biologia. Non dico che debbano masticare la meccanica quantistica, ma che almeno sappiano estrarre una radice quadrata!

DedaloNur ha detto...

i bronzetti sono nuragici ed appartengono a periodo del nuragico finale come ne parlano gli archeologi e tra questi mi convincono di più quelli che utilizzano l'espressione di nuragico finale che quelli che parlano di post-nuragico: magari anche utile, ma troppo fuorviante.

sono solo "nuragici" quelli che costruirono i nuraghi? come definiamo quelli che li utilizzarono e che ancor di più li ritrassero nei modellini facendone il loro simbolo?

l'equazione bronzetti nuragici è provata dall'associazione Giganti di Monte Prama modellini di nuraghe.

che poi i bronzetti e le navicelle nuragiche non ritraggano gli uomini e le armi del XVI secolo va da se..

ma cmq ritraggono i discendenti diretti degli uomini che edificarono pozzi sacri, megaron, e nuraghi (in particolare quelli polilobati) dal 1400 in giusto visto che i tipi ceramici che spesso si trovano associati ai bronzetti nel ferro hanno ascendenza al bronzo medio-recente ...se qualcuno sa diversamente in proposito, attendo gradite correzioni...

quindi continuità culturale perfetta o quasi con un evoluzione interna a alla civiltà nuragica, determinata dai commerci e dai rapporti esterni.

Pierluigi Montalbano ha detto...

Caro Murru,
mi sono laureato in Economia (nel 1984) e la matematica la mastico bene, molto bene.
Volevo smettere di scrivere su Di Natale, perché ho rischiato parecchio di essere frainteso, o preso per imbecille, ma visto che sono stato tirato in ballo sarò schietto:
la perfezione degli architetti nuragici (e degli egizi) è dimostrabile con la geometria (che arriva dopo). NON IL CONTRARIO! Chi vuole rovesciare il mondo non mi è simpatico, qualunque sia l'argomento tirato in ballo.
La conoscenza si acquisisce con l'esperienza...sapete chi l'ha detto?
Chi era presente alla conferenza dello studioso a Cagliari, sotto il Municipio sa bene che oltre la metà dei partecipanti se ne andò. Sa anche che i conti non tornarono e l'addetto alla proiezione delle diapositive si dovette fermare perché ci fu il caos.
Forse lei assistette ad un'altra relazione.
Vorrebbe quindi sostenere che i nuragici erano esperti nei calcoli matematici...e che quindi calcolarono tutto prima di edificare? O di costruire le armi? Ma vi prego...non esageriamo! Diamo ai nuragici ciò che meritano e lasciamo stare i numeri dove stanno.
Se avessi tempo da perdere le dimostrerei la suddivisione perfetta in 360 gradi dei cerchi in lega delle Ferrari (o se preferisce la divido in 300 gradi o scelga pure un numero e le dimostrerò che la sostanza non cambia), la divisione in 8 spicchi dei fari alogeni di una Maserati (o in 12, in 4, in 7...)e la possibilità che La Torre degli asinelli è orientata esattamente come quella dell'Elefante di Cagliari.
I nuragici utilizzavanio il cerchio...ossia la perfezione geometrica!
Ritornando alle strutture...ma avete presenti le cattedrali gotiche? O Santa Sofia? Ma sapete che le raddrizzavano strada facendo verso l'alto? Ma avete idea di che tipo di carico e spinta devono reggere le strutture? E mi parlate di numeri utilizzati per fare scudi?
Meglio che mi prenda una pausa salutare.
Ora andrò a Villanovaforru, c'è un convegno sui nuraghe, ore 17.30 alla Biblioteca comunale. Relatori gli archeologi e il direttore del museo. Titolo: "A cosa servivano i nuraghi? Dal dato archeologico all’interpretazione della funzione delle torri nuragiche".
Saluti.

elio ha detto...

@ Pierluigi Montalbano
Caro Pierluigi, cosa sei, di quelli che dicono: "Mi avete stufato. Ora basta, con voi non ci parlo più"? Mi auguro proprio di no, è bello averti con noi.
Ma veniamo alla geometria e chiamiamola 'minestra'. Se tu avessi mangiato un tale piatto prima che gli avessero appioppato tale nome, non potresti definire te stesso un mangiatore di minestra?
Perdonami il paragone terra terra o, meglio, piatto piatto, ma quando scrivi: "La perfezione degli architetti nuragici è dimostrabile con la geometria (che arriva dopo). NON IL CONTRARIO!" non riesco a capire cosa tu voglia dimostrare.
Per quanto riguarda il linguaggio, artatamente scientifico ,spesso usato per mascherare la pochezza di peso scientifico delle idee espresse, sono d'accordo con te: in molti ci marciano.

Pierluigi Montalbano ha detto...

No Elio, tranquillo...continuerò a scrivere, leggere, commentare e proporre.
E' stato un momento di riflessione accesa. Proprio perché mastico la matematica mi accorgo quando mi vogliono prendere per i fondelli, e se qualche personaggio vuole giocare con i numeri riferendosi al cerchio (che è la figura geometrica più facile da manipolare) allora metto le barriere e alzo la voce.
La Storia della Sardegna è sacra, non tollero che si inventino storielle per amplificarla, è già immensa così com'è, senza aggiungere fronzoli.

Con la mia frase sulla geometria intendo dimostrare che i concetti che oggi spiegano ciò che fecero i sardi all'epoca dei nuraghe sono più recenti di circa 1000 anni rispetto alle torri. La società nuragica era un concentrato di praticità, è improponibile dire che la matematica è alla base delle conoscenze di quel periodo. La perfezione che raggiunsero fu frutto di un'evoluzione appresa sul campo, con miglioramenti progressivi e continui (e certamente fallimenti che suggerivano i cambiamenti di rotta).
Applicare le leggi dei numeri alla circonferenza è gioco da ragazzi, ma manipolare le dimostrazioni è grave! E non lo accetto.

Pierluigi Montalbano ha detto...

ç Aba
mi chiedi:
come è possibile, se quel che dici è vero, che si discuta ancora così tanto sul ruolo e le motivazioni della costruzione nuragica? sull' arte nuragica,sulla religione?sul simbolismo dei segni fino ad arrivare alla scrittura?

Infatti discuterne è lecito. Ma prima bisogna capire cosa mangiavano, chi erano, come vivevano...e l'archeologia, la zooarcheologia, la botanica, la chimica e altre scienze hanno ampiamente dimostrato che la società disboscava per coltivare, conservava le derrate (grano e orzo), organizzava cittadelle...mi pare che non rimanesse molto tempo per contemplare gli dei e gli astri. Erano una società agricola, orientavano i monumenti secondo le esigenze di una società agricola, mangiavano molta carne (anche di cervo), sintetizzavano l'arte con l'aniconismo (massima espressione dell'essenzialità) e infine...si fermavano a riposare, come Dio comanda. Essenzialità. Essenzialità e praticità, che non significa ignoranza.

shardanaleo ha detto...

Mi perdoneranno i "CITTADINI" se me la prendo un poco e dico che, prima di lanciare roboanti dichiarazioni sugli usi e costumi delgi Antichi e sopratutto sul fatto che essi CONTEMPLASSERO o NO IL CIELO, bisognerebbe aver vissuto in campagna almeno fino a 40 anni fa.
DIre, come ha fatto qualcuno che

"... l'archeologia, la zooarcheologia, la botanica, la chimica e altre scienze hanno ampiamente dimostrato che la società disboscava per coltivare, conservava le derrate (grano e orzo), organizzava cittadelle...mi pare che NON RIMANESSE MOLTO TEMPO PER CONTEMPALRE GLI DEI E GLI ASTRI"
E' autentica ERESIA.
La vita di PASTORI e CONTADINI era regolata Proprio DAGLI ASTRI per l'intero anno.

I pastori della Barbagia solevano dire ancora 20 anni fa: "QANNO S'URDONE S'IN BETAT A S'ABBA .. TANDO EST HORA DE KALARE A KAMPIDANU"
Cioè: "Quando Le PLEIADI tramontano è tempo di transumanza in Campidano"...
- SOS ISTENTANLES, che poi altri non è che la CINTURA DI OPRIONE, regolava la VENDEMMIA e altre attività agricole e pastorali.
- LA LUNA era consultata per svariate attività: dal TAGLIO DELLA LEGNA, AL TRAVASO del vino, all'Uccisione del Maiale...
.... Gli Antichi Sardi, e non solo, "Nuragici" o Shardana che fossero, non solo GUARDAVANO GLI ASTRI, ma ne seguivano i MOVIMENTI per regolare la loro vita...
altro che "non avevano tempo..."
Salude
Leonardo

Pierluigi Montalbano ha detto...

Ok, prendo atto, ma non condivido. Il mondo è bello perché è vario.

elio ha detto...

Pierluigi , che sa di matematica, non avrà dimenticato le 'grandezze incommensurabili'?
Per valutare la' essenzialità' dei bisogni, ci vuole un metro.
Ho l'impressione che il nostro Pierlu utilizzi il metro di oggi per valutare i bisogni di allora.

Pierluigi Montalbano ha detto...

@ Leo

deciditi...lo studio di Tonino a cosa serviva?
E' valido per altri nuraghe (come io affermo), o è un caso isolato? E' lecito pensare (come io scrivo) che il calcolo millimetrico di solstizi ed equinozi sia legato alle attività agricole?
Pensi davvero che i nuragici impiegassero molto tempo per decidere quando eseguire i lavori stagionali?

Io sono convinto che il nostro amico Mura abbia visto bene e che con quel sistema, studiato da lui empiricamente verificando giorno e notte il movimento di luci ed ombre al Santa Barbara, si abbia la certezza che i nuragici non volessero avere sorprese sui risultati che volevano ottenere nelle loro attività. Questo si chiama organizzazione, ed è tipico di chi non ha tempo da perdere.
Quindi...affermare che ai nuragici rimaneva poco tempo a disposizione per contemplare sole, luna e dei è ben diverso da affermare che non lo facevano, e io non l'ho fatto.
Se poi si vuole strumentalizzare...mi tiro indietro immediatamente.
Mi dispiace non essere giunto a bersaglio con ciò che ho scritto.
Volevo affermare la qualità dei sardi nuragici e la loro evidente essenzialità, nella metallurgia, nelle ceramiche, nelle architetture e in ciò che la scienza che studia i ritrovamenti di piante e animali hanno dimostrato.
Purtroppo attenermi ai reperti ritrovati nei contesti è una abitudine mentale che non riesco a superare.

giovanni ha detto...

A me invece sembra molto riduttivo, per non dire avvilente, ridurre la cultura di una civiltà alla mera essenzialità del vivere quotidiano, che certamente era presente e fondante.
Forse gli studi sino a qualche anno fa si sono sviluppati(eufemismo?)in questa sola direzione; si è approfondita la quotidianità, si sono misurati i nuraghi e gli altri templi, se ne è ipotizzata la funzione. Il tutto con risultati spesso incerti e approssimativi, tutt'altro che convincenti.
Niente sulla scrittura, niente sulle tecniche costruttive, niente sulla navigazione, quasi nulla sull'archeastronomia, quasi nulla sulla vera religione, nulla sulle conoscenze cosiddette oggi scientifiche: nulla su tutto ciò che ha fatto grande la nostra civiltà nuragica, su tutto ciò che per merito di studiosi "laici"(nel senso di non appartenenti alla sacralità di certa accademia) sta portando la Sardegna antica ad affacciarsi alla pari delle altre grandi civiltà sulla scena della storia se non addirittura ad essere primieva in diversi campi.
Non voglio essere ripetitivo, ma come si può costruire ad occhiometro un tempio che ha valore sacro e valore scrittorio; ci si legga con calma "Sardoa Grammata".
E' lapalissiano che esiste un progetto minuzioso; si veda pure nello specifico "Le torri del cielo" di Danilo Scintu.
Io poi non vedo alcuna contrapposizione tra essenzialità e praticità da un lato e religione,scrittura,scienza,astronomia,architettura dall'altro.
Ritengo anzi una caratteristica rilevantissima dei nuragici l'aver fatto convivere con una sintesi perfetta le due componenti (forse come la scrittura lineare con la pittografica?).
Mi piacerebbe portare altre riflessioni sul tema; non ho assistito alla lezione di De Pasquale, ma ne condivido pienamente l'approccio,soprattutto per quanto attiene alla civiltà nuragica.
Per concludere mi sovviene una riflessione sempre a proposito di essenzialità e scienza.
Potrebbe essere che il nuraghe presenta per la prima volta nella storia la volta ad ogiva; la stessa non ha niente a che vedere con la tholos, peraltro successiva.
In certi nuraghi, alti più di 20 metri come un palazzo di 7 od 8 piani, ve ne sono 3 una sull'altra,perseguendo il principio dello slancio verso l'alto (tralasciamo qui il significato religioso e tecnico costruttivo).
Questa tecnica costruttiva è stata ripresa nella costruzione temporalmente successiva del tempio di Salomone a Gerusalemme, costruito,ma guarda un pò, da un Danita.
La stessa tecnica costruttiva è stata ripresa nel XII secolo d.c. dallo stile gotico( letteralmente, ma guarda un pò, "barbaro"); tutte le più importanti cattedrali gotiche sono state costruite improvvisamente e quasi in contemporanea al rientro dei 12(?) primi templari da Gerusalemme.
Giovanni

P.s.
L'esoterismo non è una brutta parola, anzi; è stato sicuramente il veicolo di trasmissione della conoscenza a partire dalla estrema antichità e fino quasi all'epoca moderna.

Unknown ha detto...

Uno studio pubblicato di recente dal Prof. Girgio Baglivi, mette in relazione la Piramide di Cheope, il Nuraghe Is Paras e le Ziggurat, quali costruzioni pensate per custodire l'Anima, nel suo percorso di rigenerazione, dalla Terra al Cielo, inserendole nello stesso periodo circa 2500 a.c.

Archeologia Nuragica ha detto...

Credo che per entrare nel merito delle tesi di Nicolino de Pasquale sarà meglio aspettare al momento in cui le metterà nero su bianco.

@ Pierlugi Montalbano scrive: "dimotrerò la possibilità che La Torre degli asinelli è orientata esattamente come quella dell'Elefante di Cagliari."

Tu per dimostrare che hanno lo stesso orientamento dovresti, smontarne una e ricostruirla orientandola come l'altra!!

caro Pierluigi immagino che le due torri abbiano un ingresso di cui si può misurare l'orientamento, quanto vuoi scommettere che non sono orientate nello stesso identico modo?


Se diamo una approssimazione di 1° esiste una possibilità su 360 che tu abbia ragione, mentre io ne ho 359 su 360.
Insomma così a naso potrei scommettere le mie vigne contro la tua barca che le due torri abbiano un diverso orientamento!

saluti

Mauro Peppino

PS: Le misure di Mura sul Santa Barbara di Villanova Truschedu sono sbagliate.
Sull'orientamento di questo nuraghe vedi art. Orientations Sardinias Nuraghes, some clues of their interpretion, in Journal for the History of Astronomy, Cambridge, 2004, o il libro Archeologia del Paesaggio nuragico

Pierluigi Montalbano ha detto...

Caro Mauro,
ho esagerato per far capire il mio punto di vista. Non voglio entrare nel campo da te studiato, ma ritengo che le tue ricerche e le tue ipotesi siano utili alla ricerca archeologica, così come quelle di Tonino. Non gioco al totocalcio, figurati se scommetto con te.
Nelle mie ricerche prediligo i contesti stratigrafici, ma apprezzo il parere degli studiosi, le comparazioni, seguo la logica e attenderò questo "nero su bianco" di De Pasquale, così potrò cercare di capire cosa dice.

francu ha detto...

E non devi sentirti un isolato, caro Montalbano, quando esprimi l'opzione che non ti va di essere menato per il naso.
Nella scelta di concretezza scrivi che "Purtroppo attenermi ai reperti ritrovati nei contesti è una abitudine mentale che non riesco a superare" e fai bene.
Ma hai pensato che Nicolino De Pasquale è partito dall'osservazione e dallo studio di "reperti ritrovati nei contesti"? O in che altro modo si vogliono identificare le pintadere?
Sempre che non ci si accontenti della definizione ad esse date nel sito ufficiale del Museo di Nuoro,che le considerava aggeggi buoni per ornare i pani e pitturare il volto delle donne nei giorni di festa. A supporto si esibiva in bella mostra il masso là esposto (che magari è un altare) con le pintadere scolpite, proveniente dal nuraghe Nurdule.
Onestamente non sono riuscito mai a immaginarmi le donne sarde inginocchiate davanti a una pietra per pintarsi le guance e la fronte con raggi e puntini.
Le teorie di De Pasquale che indicano le pintadere come ruote del tempo, calendari terrestri, venusiani, lunari per cicli stagionali, annuali, quadriennali, e ancora più lunghi, sono ipotesi suffragate da calcoli convincenti, anche se non semplici.
Poi, guarda un po', le ha messe pure per iscritto le sue teorie, prima e dopo le conferenze di Cagliari, sulla rivista degli ingegneri di Pesacara e su Paraulas. Pubblicazioni ambedue fruibili, iscritte al Registro della Stampa e non a circolazione riservata esclusivamente ai creduloni.
Le pintadere, con le loro simmetrie e le asimmetrie (alla faccia di chi li crede paciosi e lineari questi nostri Nuracini), con i settori, i raggi, i fori e i cerchielli, non le ha costruite De Pasquale, ma le hanno scavate i "tuoi" archeologi.
Una tra le più interessanti, e fondamentale a detta di Nicolino, è appunto quella di Villanovaforru. Ma ne esiste un'altra fra le tante, di cui non ha avuto il tempo di illustrare la funzione nei due appuntamenti cagliaritani, poco conosciuta, chiamata pintadera di Oristano, che dà ragione, con la forza dei calcoli, di un fenomeno celeste scoperto da non più di 150 anni.
Che tutto ciò sembri strabiliante, non lo nego; che ti lasci senza fiato, neppure; che il calcolo del tempo su pintadera sia più preciso di quello effettuato col calendario in uso, è dimostrato.
Che i Nuracini avessero abilità di calcolo, dunque, appare inconfutabile.
Sempre che anche le pintadere non siano opera dei Soliti Ignoti, stranoti però in Sardegna col nomignolo di Fenici.
Di tanto in tanto, caro Montalbano, bisogna lasciarsi stupire, stando all'erta a non farsi fregare, s'intende.

francu ha detto...

E non devi sentirti un isolato, caro Montalbano, quando esprimi l'opzione che non ti va di essere menato per il naso.
Nella scelta di concretezza scrivi che "Purtroppo attenermi ai reperti ritrovati nei contesti è una abitudine mentale che non riesco a superare" e fai bene.
Ma hai considerato il fatto che Nicolino De Pasquale è partito dall'osservazione e dallo studio di "reperti ritrovati nei contesti"?
O in che altro modo si vogliono identificare le pintadere?
Sempre che non ci si accontenti della definizione del sito ufficiale del Museo di Nuoro che le considerava aggeggi buoni per ornare i pani e pitturare il volto delle donne nei giorni di festa. A supporto esibiva in bella mostra il masso là esposto (che pare un altare) con le pintadere scolpite, proveniente dal nuraghe Nurdule.
Onestamente non sono riuscito mai a immaginarmi le donne sarde inginocchiate davanti a una pietra per pintarsi le guance e la fronte con raggi e puntini.
Le teorie di De Pasquale che indicano le pintadere come ruote del tempo, calendari terrestri, venusiani, lunari per cicli mensili, stagionali, annuali, quadriennali, e ancora più lunghi, sono ipotesi, appunto, suffragate da calcoli non semplici ma convincenti.
Poi, guarda un po', le ha messe pure per iscritto le sue teorie, prima e dopo le conferenze di Cagliari, sulla rivista degli ingegneri di Pescara e su Paraulas. Pubblicazioni ambedue fruibili, iscritte al Registro della Stampa e non a circolazione riservata esclusivamente ai soliti creduloni.
Le pintadere, con le loro perfette simmetrie e le asimmetrie ancor più sfacciatamente esibite (alla faccia di chi li crede paciosi e lineari questi nostri Nuracini), con i settori, i raggi, i fori e i cerchielli, non le ha costruite De Pasquale, ma le hanno scavate i "tuoi" archeologi.

francu ha detto...

Una tra le più interessanti, e fondamentale a detta di Nicolino, è appunto quella di Villanovaforru. Ma ne esiste un'altra fra le tante, di cui non ha avuto il tempo di illustrare il significato nei due appuntamenti cagliaritani, poco conosciuta, chiamata pintadera di Oristano, che dà ragione, con la forza dei calcoli, di un fenomeno celeste scoperto da non più di 150 anni.
Che tutto ciò sembri strabiliante, non lo nego; che ti lasci senza fiato, neppure; che il calcolo del tempo su pintadera sia più preciso di quello effettuato col calendario in uso, è dimostrato.
Che i Nuracini avessero abilità di calcolo, dunque, appare inconfutabile.
Sempre che anche le pintadere non siano opera dei Soliti Ignoti, stranoti però in Sardegna col nomignolo di Fenici.
Di tanto in tanto, caro Montalbano, bisogna lasciarsi stupire, stando all'erta a non farsi fregare, s'intende.