Tutti, o quasi, i media visti o letti titolano i loro articoli sulla fiducia al governo sul fatto che i finiani sono stati decisivi. Le cose non stanno così e sono gli stessi giornali a dare i numeri che mostrano che così non è stato. La maggioranza necessaria ad ottenere la fiducia era 309, pdl e lega avevano 307 voti e con il Movimento per le autonomie 311. Risicatissima, ma la maggioranza c'era anche senza i 31 finiani e i 13 della macedonia. La cosa, insomma, è evidente. Interessante è allora capire perché tutti i giornali, in Sardegna come in Italia, l'hanno nascosta.
Una chiave per capire (che però è la chiave, la voce dal sen fuggita), è che l'Mpa “risponde a logiche siciliane”, è un movimento regionale. Ha contrattato il suo appoggio chiedendo e pretendendo cose a favore della Sicilia e del Meridione in genere. Ha fatto, cioè, quel che normalmente hanno fatto e fanno i nazionalisti baschi e catalani: contrattano l'appoggio ai governi spagnoli non rispondendo a un “sentimento nazionale” spagnolo che non sentono, ma agli interessi delle rispettive nazioni, basca e catalana. È capitato, per esempio, il centrodestra catalano, CiU, abbia indifferentemente appoggiato il socialista Gonzales e il popolare Aznar.
C'è fra questi casi, è vero, una differenza: baschi e catalani hanno contrattato il loro appoggio per una legislatura, i siciliani ora che il governo è in gravi difficoltà, dalle quali – ma questo è un discorso poco interessante – non è certo uscito con un temporaneo voto di fiducia. Quel che mi sembra interessante, anche per l'esempio che la Sardegna potrebbe utilmente cogliere, è che accordi e alleanze potranno essere d'ora in poi fatti fra un governo dello Stato da una parte e partiti regionali e nazionali dall'altro. È già capitato altre volte che la Sicilia si sia fatta valere in quanto tale, con una unità di intenti che i siciliani mostrano davanti a questioni importanti e che noi sardi raramente, e solo su episodi, riusciamo ad avere. Siamo troppo intenti, normalmente, a combatterci fra di noi inquadrati negli eserciti dei prìncipi che si scannano per questioni di cui ai sardi non potrebbe fregare di meno.
È una piccola svolta (piccola per i numeri, intendiamoci) quella alla cui costruzione sta lavorando il Mpa, in sintonia con una visione federalista che non può essere quella del “federalismo solidade”, una sorta di ossimoro inventato dai gattopardi per cambiare in modo che tutto resti com'è. Le entità federate non sono e non possono essere dame di San Vincenzo e, soprattutto, dovranno mettere da parte la retorica della “coesione nazionale” per mirare, se non ad una coesione europea a una coesione repubblicana. All'interno della quale cercare la prosperità dei propri cittadini facendo loro dimenticare l'assistenzialismo e, soprattutto, la certezza che si possa sprecare, godere delle ricadute del clientelismo, perché tanto c'è la “solidarietà nazionale” a ripianare tutto. Ci sarà sempre un Bertolaso che con la sua struttura risolverà la catastrofe dei rifiuti a Napoli e ci sarà sempre una Regione sarda che, in nome del solidarismo, correrà in aiuto alla sua politicamente omologa Regione Campania.
La lezione siciliana, che dovremmo imparare più svelti che possiamo, è che nel federalismo futuro, e anche in questo incerto del presente, non esistono governi dello Stato amici. Ma solo governi con cui si tratta e con cui gli accordi si fanno sulla base del rispetto degli interessi dei popoli o delle popolazioni che si rappresentano. Il resto, temo, sia retorica e ideologia.