di Davide Marras (*)
La Nostra è una Società, quella Sarda, che solo fino a qualche decennio or sono aveva la capacità di reggere la sua sussistenza con quello che la natura gli ha sempre offerto in abbondanza, clima favorevole, ogni tipologia di risorse e voglia di fare, tutte le arti erano praticate con orgoglio e con maestria, garantendo per i suoi abitanti, alla maniera antica, una vita confortante, certo, piena di sacrifici, ma alla portata, dove tutti avevano di che vivere e perfino nella disgrazia, c’era l’abitudine di aiutarsi gli uni gli altri, per tutte le fasi importanti della quotidianità. Ne sono testimonianza le consuetudini, nelle occasioni di perdita del raccolto o delle greggi, quando veniva volontariamente rinfoltita dagli altri contadini o pastori, contribuendo così al mantenimento della azienda.
Che dire poi del rapporto tra le persone quando gli screzi venivano risolti durante le feste, nella danza de su ballu ‘e ogai, durante il quale venivano invitati al ballo i contendenti, in cerchio nella pubblica adunanza e se uno dei due rifiutava, veniva estromesso dal ballo e allontanato dalla piazza. Sono questi i racconti dei nostri grandi maestri, quelli che ancora riescono a trasmetterci la quotidianità di quei tempi, i loro usi e costumi, laddove persiste il rapporto con la tradizione, quella che ancora oggi raccoglie i resti della cultura millenaria che ci rappresenta, una cultura che oggi viene sempre più minacciata dalla modernità, con i suoi pregi, che non sono pochi, ma anche con i suoi troppi difetti, frutto di una evoluzione della Cultura Occidentale, accelerata in maniera esponenziale, in questi ultimi decenni, i cui danni sono nell’evidenza di tutti, dovunque, nel nostro vicinato e altrove.
Ma siamo sicuri che di questa modernità siamo obbligati a recepire indistintamente tutto?
Non si direbbe che in Sardegna siamo mai stati bravi in questo. Quando, per esempio, a scuola si obbligavano gli studenti a parlare l’Italiano anziché il Sardo, usato comunemente in Famiglia e nella Società, molti di loro subivano percosse dai loro insegnanti, ebbene alla lunga hanno si, imparato, e come, la grammatica italiana, ma non rinunciando a parlare il Sardo, il risultato è che, ancora oggi, la nostra Lingua ha resistito a quegli attacchi, anzi è risaputo che i Sardi, in Italia, siano tra quelli che, ancora riescono a parlare meglio l’Italiano, soprattutto quelli che parlano bene il Sardo...
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(*) Associazione Culturale Sardegna Corsica
Buongiorno Davide.
RispondiEliminaMi accingevo a pubblicare il tuo bell’articolo ma Gianfranco mi ha preceduto. Meglio così, avrà certamente migliore visibilità.
Tralascio le considerazioni romantiche, che pur sarebbero ben collocate in questo argomento, e cerco di inquadrare i 3 punti per i quali mi trovo in disaccordo con lo scritto.
Le ricopio per miglior chiarezza:
1) Prof. F. Delanfranchi, affermato archeologo francese, ha sempre sostenuto che i suoi risultati di scavo in Corsica possono essere estesi anche alla Sardegna, essendo state unite in epoca antica, per cui non accetta le datazioni della Civiltà Megalitica e Nuragica della Nostra Isola, secondo lui molto più antiche. Di recente anche l’Archeologo Giacobbe Manca ha strigliato i suoi colleghi sardi per portare indietro le datazioni sul Nuragico.
2) La scrittura però ancora, noi nuragici, non l’abbiamo praticata, per cui non possiamo essere classificati tra quelli evoluti, perché questo è il criterio usato, chi aveva la scrittura vanta una diversa considerazione.
3) Vale la pena, probabilmente, dimostrare con presunzione di essere questa l’Isola di Atlante, di Ercole, di Sardò, nella giusta collocazione, in Sardegna, fino a prova contraria, perché questo, darebbe ai Sardi gli stimoli che mancano, così da farci vedere il nostro Mondo Sardo con altri occhi, riconsegnando alla Storia la Sua Isola Madre.
...continua
In Sardegna abbiamo un patrimonio architettonico che è ben lontano dall’essere stato portato alla luce. Questa è una fortuna, in quanto allo stato attuale delle cose non meritiamo di capire cosa ci hanno lasciato gli Antichi Padri della civiltà isolana del Bronzo. I dati archelogici ci aiutano parecchio nella definizione delle basi della civiltà nuragica, ossia le capacità architettoniche e metallurgiche delle varie comunità e la potenzialità che queste tecniche offrivano. I cari Delanfranchi e Manca vogliono portare indietro le datazioni? Non sono d’accordo. Non serve a nulla, non aumenterebbe di una virgola l’importanza della civiltà nuragica, la più importante del Mediterraneo occidentale. Dobbiamo volare bassi perché ciò che abbiamo è talmente grandioso da costituire un unicum nel panorama dei reperti da esaminare, ed è superfluo perdere tempo nelle forzature. Qualora gli scavi futuri mostreranno contesti stratigrafici interpretabili per una retrodatazione saremo tutti felici, ma fino ad allora dobbiamo sforzarci di resistere alle tentazioni e magnificare questa grande civiltà per ciò che era.
RispondiEliminaIl secondo e il terzo punto punto sono ,legati a doppio filo con lo scritto precedente. Il nostro Mondo Sardo, come lo definisci, non ha bisogno di amplificare o ricercare miti, leggende e favole. Gli oltre 8000 nuraghe, 500 tombe di giganti, 500 pozzi, 3000 villaggi (al momento) sono ben oltre qualsiasi mito si voglia proporre. E sono reali! La scrittura non vanta una diversa considerazione, è semplicemente più facile da interpretare. Gli Egizi erano già grandi prima che si capissero i geroglifici. Gli Etruschi, seppur diversamente, non aumenteranno il loro valore storico quando si capirà con esattezza il loro linguaggio. Allo stesso modo i sardi sono una realtà che fa dell’aniconismo e della simbologia sulla pietra un punto di forza, e non di debolezza. La scrittura era certamente utilizzata ma le strade da intraprendere sono ad un bivio, e forse hanno percorso ambedue i percorsi che ora proporrò.
1) Potevano utilizzare un sistema già conosciuto (visto che viaggiavano) e sarebbero stati avvantaggiati nei commerci con l’esterno.
2) Non conosciamo il codice di lettura e, di conseguenza, non possiamo capire.
Siamo in un periodo (il Bronzo) nel quale avvengono le trasformazioni dei codici di scrittura di tutti i popoli. Si approda, nell’arco di un millennio, ad un sistema di segni che riportano ai suoni. Si abbandonano i simboli e si passa agli scritti che oggi conosciamo. È sbagliato considerare arretrati i popoli che non avevano scrittura, o che comunicavano attraverso codici a noi sconosciuti. Il valore di una civiltà si misura anche con altri parametri. È dovere degli archeologi riconsegnare alla storia la giusta dimensione delle civiltà, procedendo lentamente e adottando metodi scientifici. Ciò non significa che la ricerca debba arenarsi se non capisce la scrittura. Ci sono l’architettura, la ceramica, le sculture, le sepolture e tante altre variabili che descrivono una civiltà, e quella sarda fu tra le più grandiose.
@ Pierluigi
RispondiEliminaNon serve a nulla la retrodatazione dei nuraghi e compagni? Certo, non serve proclamarla. Ma servirebbe o no, se la ricerca archeologica l'appurasse? Secondo me sì, anche se non aggiungerebbe alcunché alla bellezza delle cose, i nuraghi, ma molto alla comprensione della società che se ne servì.
Non penso tu creda che la scoperta di questa retrodatazione sia come la mela che - racconta la leggenda - ha fatto scoprire la gravità. Bisognerà pure cercarla, facendo ipotesi e confrontando queste con le acquisizioni scientifiche. Lo stesso capita alla scrittura nuragica. Se non si fanno ipotesi e, soprattutto, se non si vogliono fare, perché tanto... continueranno a passare inosservati reperti, similitudini con altri reperti.
Voglio dire, caro Pierluigi, che a me interessano moltissimo le cose in sé, ma più mi interesserebbe conoscere gli uomini che li hanno fatti, la loro concezione della vita e del mondo, il loro rapporto con la divinità, solo orale o anche scritto? E allora bisogna osare: di mele di Newton ce n'è una sola e con forte sospetto che si tratti di una leggenda.
Avevo spedito un "pezzo" a Gianfranco sulla questione, ma pare non sia arrivato. Vi fornisco comqunque il LINK a RAI INTERNATIONAL... ove il 14/sett... è andata in diretta una trasmisione sul NURAGHE DI BARUMINI.
RispondiEliminaIn studio
- l'archeologo GIORGIO MURRU e
- lo studioso dei Popoli del Mare LEONARDO MELIS.
La trasmissione verteva sul nuraghe e sull'Unesco, ma si è finiti a parlare di NURAGHI e di SHARDANA.
La trasmissione (interamante audibile) è durata quasi un'ora.
QUI: www.international.rai.it/raitalia.tv/taccuino.php?id=3920
Salude a Bos
leonardo
@ Leo
RispondiEliminaSì in effetti non è arrivato. Grazie Leo
Grazie Aba e Zuanne, in effetti ho ottenuto il risultato sperato: ho aggiunto una manciata di poco velata e intrigante "siamo grandi e verremo fuori comunque" e avete reagito.
RispondiEliminaHo proposto una civiltà nuragica di altà qualità, ideologica e manifatturiera, capace di interrogare i posteri, e di giudicarli acerbi intellettualmente e disuniti organicamente (così traspare dalle vostre risposte).
La civiltà nuragica va oltre.
Ho affermato che utilizzavano la scrittura (e noi siamo ancora alla ricerca di una chiave di lettura, anche se a piccoli passi facciamo progressi), che edificavano le più imponenti strutture architettonica del Mediterraneo Occidentale e fra le più complesse nel mondo antico (e ancora non abbiamo capito la funzione), che commerciavano attraverso rotte navali ben definite (e solo recentemente l'abbiamo preso come dato di fatto), che possedevano un'arte aniconica poderosa (e tuttora non abbiamo il codice interporetativo). In conclusione, abbiamo sottomano la più meravigliosa, evoluta, caparbia, efficace civiltà dell'occidente mediterraneo...visto che sono rose, fioriranno. Non abbiate fretta.