giovedì 23 settembre 2010

E finalmente iRS parlò: questo processo ci interessa

Mentre i nostri deputati regionali si annusano per vedere se, alla fine di questa sessione del Parlamento sardo sul Nuovo Statuto, sarà possibile uscirne con una buona proposta unitaria, vale la pena che noi annusiamo che cosa ci sia di nuovo fuori di quell'aula. Una novità che a me sembra importante è che il fondatore di iRS, Gavino Sale, ha rotto il silenzio in cui quel movimento ha avvolto la questione dello Statuto sardo. Ne parlano, militanti e simpatizzanti, nel loro forum, quasi sempre con l'atteggiamento sprezzante di vede al di là dei Lumi un'umanità vagolante nel buio, ma nessuno dei loro dirigenti ha detto qualcosa in merito. Non nel dibattito aperto dalla Nuova Sardegna, non i documenti o comunicati recenti. E questo non ostante alcuni frequentatori del forum li abbia ripetutamente sollecitati.
Lo ha fatto ieri, invece, Gavino Sale sentito da un giornalista della Nuova che lo ha visto ascoltare il dibattito nella tribuna del pubblico. “È un momento storico. Finalmente tutte le forze politiche parlano di indipendenza” ha detto, aggiungendo di ritenere praticabile un progetto condiviso, graduale, verso l’affermazione della nazione sarda. Sale è un buon animale politico, è cosciente che la parola d'ordine “indipendenza”, la cui diffusione è frutto anche dell'azione politica e culturale del suo movimento, può affermarsi senza che le persone la mettano in relazione con iRS. In natura come in politica, il vuoto non esiste: c'è sempre qualcosa o qualcuno che lo colma.
Noi siamo solo la punta dell’iceberg. Quello verso l’indipendenza della Sardegna è ormai un processo storico inarrestabile” dice. Magari c'è un sovrappiù di enfasi e di utopia, ma è certo che, comunque sia, il “processo storico” non può non essere “condiviso e graduale”. La condivisione e la gradualità sono merce rara, almeno stando a quel che si legge nel forum di iRS. Eppure, leggendo o ascoltando il dibattito in corso nel nostro Parlamento, ci si accorge che, pur in mezzo ad autentiche sciocchezze improntate al più becero politichese, emergono posizioni grandemente interessanti. E quel che colpisce è che la parola indipendenza, variamente intesa e variamente partecipata, non è di uno schieramento piuttosto che di un altro, così come la fobia è altrettanto bypartisan.
Escluderei che da quell'aula possa uscire una dichiarazione di indipendenza, ma può uscire una buona dichiarazione di autogoverno della nazione sarda che si fondi anche – come si è sentito questa mattina – sulla costituzionalizzazione della lingua sarda, sulla cui inutilità ai fini dell'indipendenza sarda si sono sentite questa estate fin troppe banalità. Autogoverno, sovranità, indipendenza, federalismo, confederalismo sono i concetti chiave del dibattito in Consiglio regionale. Dire che non sono la stessa cosa è naturalmente giusto e corretto, così come scorretto e ingiusto è dileggiare chiunque non parli di indipendenza. Tutti quei termini faranno parte di un processo di autodeterminazione, altra parola chiave (forse non sempre coscientemente intesa) della discussione in atto. Processo nel quale tutti saremo chiamati a sceglierne uno, se ad un referendum di autodeterminazione dovessimo arrivare.
Immagino che Gavino Sale sia ben cosciente che scegliere l'una soluzione o l'altra avrà bisogno di una battaglia culturale non settaria, non a slogan né preconcettualmente schierata con l'uno o l'altro principe che nella Corte di Roma sono in conflitto. 

13 commenti:

  1. Calmate i bollori. Il prossimo anno si celebreranno i centocinquant'anni dell'unità d'Italia e questo insignificante atto di barrosia finirà, come è naturale, nell'oblio.

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  2. Ahi ahi, caro Anedda. Introducendo quella parola in sardo, barrosia, lei sta dando la stura ai suoi impulsi indipendentisti e temo non sarà più ben visto nel suo club Italia uber alles.

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  3. Caro Pintore,
    rispondo a titolo personale e con esperienza di Forum.
    Il forum di iRS non è il pensiero di iRS, ci scrivono molte persone che non sono attivisti ma solo simpatizzanti e ognuno scrive in libertà, per cui prendere a spunto per un ragionamento un luogo come quello è fuorviante.
    Non che ci scrive non sia rappresentativo, ma non è certo ne la voce ufficiale del movimento ne un qualcosa che può essere preso come un corpus unico. Ognuno (dei non attivisti) scrive per se stesso.
    Dello statuto ci si è occupati in passato e personalmente il mio punto di vista è che questa legislatura non sarà certo quella in cui si riscriverà lo statuto ne quella in cui si faranno le riforme generali tanto auspicate da tutti ma che passano sempre in secondo piano nelle priorità del CR.
    ALP

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  4. Caro ALP,
    "fuorviante" cosa? Render conto di qual è il tono dei ragionamenti in un sito pubblico in cui scrivono dirigenti, militanti e simpatizzanti di un movimento? Via, non scherziamo. Se è pubblico lo è per tutti, anche per chi, come me, si trova d'accordo con alcune posizioni e in disaccordo profondo con altre.
    Quanto poi alla "posizione ufficiale" non mi pare proprio che sia in merito alle cose di oggi e credo non sia un caso che in quel forum qualcuno ne solleciti una adatta al dibattito che si sta svolgendo.

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  5. Carissimu Anedda
    Ma si bi tenes gai meda a custa c..aule de italia poite no tin che ghiras a ive? So siguru chi ti sun cramande a boghe manna. Aneddaaaa Dammiano!!!! Aneddaaaaaaaaa Dammi...anoooooo

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  6. magari una posizione è stata espressa e i media non l'hanno ripresa....

    o magari rispondere a Mariotto Segni può essere controproducente....

    su questo non saprei...

    Sul tono dei ragionamenti forse lei da le troppo peso a questo componente.

    Un forum serve per discutere e quello di iRS ha delle regole molto chiare, nessun "troll", nessun utente con nomi di fantasia, o con doppi e tripli account.
    Se poi nella discussione il tono a volte può essere beffardo o burlesco o serio o qualsiasi altra cosa dipende molto dal contesto e da fattori legati al medium e non sono certo ne gli attivisti e ne i coordinatori di iRS ne il suo esecutivo nazionale a controllare questo tono.

    Per quanto riguarda l'intervento sollecitato diciamo che come ha detto Sale, finalmente si parla di indipendenza e sono sicuro che iRS continuerà a usare questa parola coerentemente con quello che è la sua storia. Anzi, forse se iRS non avesse avuto la coerenza, che a molti pareva fuori dalla realtà e settaria, (un movimento "estetico" secondo manichedda...), forse oggi la parola indipendenza non sarebbe stata "sdognata" così facilmente.
    ALP

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  7. @ zuannefrantziscu
    Il nostro Anedda mi dà l’opportunità di dire due cosette sull’Italia unita. Il fenomeno a mio parere ha del miracoloso, e per la realtà che si è riusciti a unire e per il modo in cui è stato fatto. Che reggesse 150 anni, i bookmakers di Londra lo diedero sicuramente a cento contro uno nel 1861, salendo nel rischio dopo il ’70 e la breccia di Porta Pia.
    Bene o male, la cosa è andata avanti ma erano tempi in cui ‘is canis s’acapianta a sartitzu’, con poche note stonate; qualcuno ricorda ‘il Brigantaggio’? fenomeno che ci sospinge sul nostro ‘Banditismo’, su cui bisognerà tornare? Catene e collari, prodotti in salumificio, si trasformarono, nel deprecato ventennio, in oggetti metallici duri e resistenti, però ostentati da tutti, con pochissime eccezioni, come ornamenti di gran pregio, quasi medaglie al valore.
    Fu in questo periodo che si rinsaldarono i nodi unitari con le mitiche sirene incantatrici di una gloria passata e lì, lì per essere riagguantata. Eh, quando si sa accarezzare il gatto per il verso del pelo… lo si porta dove si vuole. Qualche volta al macello. Come successe con la seconda guerra mondiale. Tutta acqua sporca che bisognava buttar via.
    Come spesso succede, assieme all’acqua dei lavacri, è stato buttato via anche il bambino che aveva cominciato ad emettere qualche sgraziato vagito. Lo spirito unitario si regge sul concetto di patria e sull’amore che gli si porta. Forse perché propinato in overdose in un sistema da cancellare dalla memoria, sentire parlare di patria e di amor di patria, a più d’uno faceva venire l’orticaria.

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  8. @ zuannefrantziscu
    Si riaprivano antiche ferite che erano sembrate chiuse per sempre con i patti del Laterano, da una parte, e con la pacificazione sociale per cui si “abolirono” le classi, da un altra. Lo stato unitario postrisorgimentale, evolutosi nello stato fascista, veniva sottoposto a scosse profonde. Il rimedio fu di compromesso che, di per sé, in politica è la norma. Quando, però, fra due forze che trovano un accordo, una è divisa in due schieramenti dei quali uno fa da sponda all’altra forza contraente, è difficile che il patto possa andare avanti per lungo tempo.
    La nostra Costituzione è il frutto di quel compromesso, fra cattolici e socialcomunisti. C’erano anche gli azionisti e i liberali, in breve ridotti, numericamente, a ben poca cosa per il risucchio gravitazionale verso i due maggiori contendenti.
    Tutto si è retto in virtù di assetti internazionali, anch’essi fondati su un compromesso: il mondo diviso in due, derivato della conferenza di Yalta. Caduto il muro di Berlino, venuta giù la cortina di ferro, tutto quel che si reggeva per forza maggiore, mostra tutte le sue debolezze costitutive e costituzionali. L’Italia unita ne è un esempio. Festeggeremo, l’anno prossimo i centocinquant’anni di unità e questo dovrebbe far piazza pulita, secondo Anedda, di ogni ‘barrosia’? Vada a raccontarlo ai cosiddetti padani e a tutti quelli che ormai trovano stretti i panni dell’abito comune. Abbiamo fatto di tutto per distruggere ogni senso di appartenenza diluendolo in un ‘volemose bene’ di “Italiani brava gente” che ha dato il modo ai furbi di qualsiasi parte di farsi gli affaracci propri. Adesso festeggiamo!

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  9. @ zuannefrantziscu
    In tutto questo bailamme di giulebbe di festa, a noi Sardi cosa ce ne viene? Siamo riuniti nel nostro Parlamento a discutere intorno a 10 (dieci) punti di vista diversi sulla nostra autonomia o la nostra indipendenza o chiamatela come vi pare, a discutere, comunque, sui nostri rapporti col nostro interlocutore romano. Con quale occhio volete che ci guardino da Roma se non riusciamo, e non ci riusciremo, a tirar fuori uno straccio di volontà comune? Basta col giudizio di Carlo V°, diamolo per assodato e non ripetiamolo più. Verissimo, siamo pochi e, per di più, ‘ si mallaus s’unu cun s’atru’, ci randelliamo le palle a vicenda (traduzione per Atry).
    Ho paura, carissimo Gianfranco, che abbia ragione il nostro ineffabile Anedda che se la sghignazza ( ma cosa avrà da ridere?): tutto si concluderà in un nulla di fatto. Non ci resta che aggrapparci alla speranza, che continua a stare in fondo al vaso, quando tutto il resto sembra volato via.

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  10. @ Elio
    Il fatto che siano dieci le mozioni in Consiglio deriva dal fatto che per regolamento solo i proponenti possono illustrarle e che se un gruppo non ne presenta può intervenire su quelle degli altri.
    In sé non è cosa brutta che ce ne siano tante e in realtà si rifanno a un paio di ipotesi: sovranità compartita e indipendenza (più, naturalmente, quella di comunisti come Anedda che diffidano anche del federalismo in concessione).
    L'importante è che, alla fine, si trovi il compromesso più alto possibile. Col pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà.

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  11. da Giulio Cherchi

    Gentile sig Loi,
    la sua “analisi” illogica di iRS è talmente sballata da legittimare molti dubbi sull’onestà di intenti dello scritto.
    Non mi voglio dilungare troppo, ma se ci avesse seguito bene, cosa che chi critica e si propone con scritti come il suo dovrebbe obbligatoriamente aver fatto, avrebbe colto ben più di un solo caso in cui abbiamo proposto soluzioni politiche immediate che addirittura erano fuori da qualsiasi altro “coro” politico, basta vedere la posizione che abbiamo sulle entrate in cui noi diciamo che possiamo già, con tanto di motivazioni costituzionali ( cosa che nessun’altro partito politico sardo ha fatto) come possiamo già da OGGI riscuotere le nostre tasse senza passare da Roma, senza aspettare statuti o consensi, solo con la determinazione di chi vuole davvero fare. Lo stesso con i trasporti, lo stesso con le infrastrutture, il settore agropastorale e con lo studio sul polo di Portovesme. Poi, certo, l’attuazione politica spetta a coloro i quali avete dato il vostro consenso, non lo avete dato a noi, e se loro non hanno il coraggio, o la convenienza, datevi una martellata nelle parti basse, non scagliarvi contro di noi. Per molto altro si, è vero, vi diciamo anche e soprattutto come potremmo vivere da indipendenti, a quali risorse potremmo accedere e su cui basare il nostro ben-essere, ma non siamo cosi stolti da credere o, peggio, vendervi facili illusioni di un futuro radioso in un domani a venire, sappiamo bene che dobbiamo vivere anche oggi, siamo esseri umani anche noi sa? In conclusione, sarebbe molto corretto da parte vostra concederci e riconoscerci un minimo di credito all’intelligenza, non fosse altro per il lavoro che facciamo, per la dedizione, per l’amore e per la determinazione che ci mettiamo, solo per il popolo sardo, nessuno di noi è pagato dal movimento per farlo.
    A presto
    Giulio Cherchi

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  12. @ Giulio Cherchi
    Mi perdoni, sà, anche per il latinorum, ma la Sua mi sembra una 'excusatio non petita'. Le assicuro che IRS era lontana dal mio orizzonte quando mettevo su quelle quattro cosette, approssimate per difetto, su quello che bolle in pentola non solo nella nostra Regione.
    MI farà sempre piacere leggerLa

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  13. @ Elio
    Giovanni Leone, presidente della Camera o del Senato, non ricordo, pare credesse fortemente nella sfiga. E un giorno, accortosi che un parlamentare, notoriamente menagramo, stava facendo confusione, rimproverò il collega sedutogli accanto: "La smetta, onorevole Xy, o la espello dall'aula". Al che, il povero Xy obiettò: "Ma, presidente io...".
    "Ci siamo capiti, onorevole Xy".
    Ecco, io penso che con il caro amico Juliu, tu non c'entri nulla. Tu sei solo "l'onorevole Xy", penso.

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