sabato 18 settembre 2010

Segni dall'antichità: in Lombardia li studiano tutti, persino gli archeologi

di Stella del mattino e della sera

Un convegno internazionale  sugli “idoli a pagnotta” (Brotlaibidole), se ne sentono davvero di tutti i colori. Non solo, ma dopo il convegno una mostra , lunga come la fame da suddetta pagnotta . Cosa ci sarà mai di tanto avvincente dico io? Poi scopro che se ne sono occupati i maggiori giornali italiani di queste pagnottine, grosse come un cellulare mi si dice (ma di quelli moderni piccoli piccoli). Piene di segni anche. Non c’è che dire, arrivo sempre tardi, ma meglio tardi che mai. Ringrazio il prezioso collega che mi ha segnalato l’evento.
Troppo tardi per andare al congresso, peccato perché la cena sociale al ristorante La Capra mi attirava. Come mi seduce vedere accostati nello stesso programma titoli quali: “Analisi e comparazioni morfologiche tridimensionali applicate alle Tavolette”, “Some ethno-linguistic and paleo-cognitive hypotheses on ‘Enigmatic Tablet'”, ”Computational intelligence applied to enigmatic tablets in search of their hidden origin”, “Quando il codice non diventa scrittura. Virtù e limiti di uno strumento antichissimo di comunicazione europea.” Non balbettano certo questi signori e di fronte all’esistenza di oltre 300 “pagnottine” tavolette enigmatiche coperte di segni, datate tra il 2200 ed il 1400 a.C. , fanno l’unica cosa possibile: le studiano, sfruttando tutte le competenze a disposizione nel III millennio. Poco importa se sono enigmatiche e se in parte lo rimarranno, enigmatico non è sinonimo di mistico o misterico.
C’è un sito, dove trovate anche la rassegna stampa  ed un recente articolo per chi va di fretta . In altri luoghi del mondo si tiene in un cassetto una navicella nuragica incisa con segni alfabetici dell’età del bronzo, si butta nel dimenticatoio per oltre 30 anni un coccio in ugaritico, non ci si chiede neppure cosa ci fa un’iscrizione fenicia del XI-XII secolo a.C. quando di Fenici non c’era l’ombra, non ci si preoccupa di verificare l’ autenticità e l’età di iscrizioni sulle pareti di nuraghi , sulle pietre che sono diventati sedili,  su sigilli microscopici e di bellezza incomparabile . Molto più semplicemente, se ne nega a priori l'esistenza: così si risparmia energia e non si alimentano derive identitarie.

Caro Stella, agli esempi di politica dello struzzo (povera creatura, innocentemente evocata) che lei segnale vorrei aggiungere un altro che - a quanto mi sussurrano - è se possibile "più struzzesco". Ricorda  l'interrogazione al ministro Bondi sui quattro esempi di scrittura antica? Era della fine di giugno e nessuna risposta è ancora arrivata. E se l'interrogante non insisterà, risposta non ce ne sarà. Già, perché - ecco i sussurri - i funzionari del Ministero avrebbero "preso in carico il documento" e, come naturalmente dev'essere, essi hanno chiesto lumi alla "autorità locale" preposta. E questa avrebbe risposto con un sibillino: per l'amor di Dio. In Lombardia, persino il Consiglio regionale ha sponsorizzato il convegno e la mostra di cui lei parla e che hanno interessato gli archeologi. Qui la sola idea che la Regione finanzi ricerche approfondite e costanti sulla preistoria e la protostoria specifica della Sardegna ha sollevato l'indignazione di un bel po' di archeologi e di sponsor mediatici. Il pretesto è l'Isola di Atlante, questione del tutto incidentale nella proposta, che mira ad altro. In Lombardia si possono studiare le trecento tavolette del XXIII secolo, persino mettendo in conto il loro "enigma" (parola aborrita dall'Accademia sarda che tutto ha capito e tutto sistematizato). Ma si sa, lì non si corre il rischio di derive identitarie. Al massimo si può percorrere la strada della secessione sì, ma per questioni economiche e finanziarie e non per derive nazionaliste. Vuoi mettere?  [zfp]


1 commento:

  1. Purtroppo gli stessi studiosi che hanno organizzato il convegno sulle "pagnotte" ignorano (o fingono di ignorare?) l'esistenza di una cultura che ha prodotto, esattamente nello stesso periodo, oltre 8000 nuraghi, migliaia di centri abitati, centinaia di tombe di giganti e di pozzi sacri e decine di santuari.
    Solo il numero di nuraghi equivale al numero odierno complessivo dei comuni italiani, mentre in Sardegna ci sono oggi 377 centri abitati; questo significa che l'Isola aveva un territorio estremamente parcellizzato.
    Tuttavia, non Sardi, di fronte ad un fenomeno imponente come questo, cosa facciamo? Anzichè compattarci per approndirne gli aspetti e farlo conoscere all'esterno ci "scanniamo" se in una proposta di legge tendente a riscoprire le vicende della nostra preistoria si osa inserire il nome dell'isola di Atlante.
    Eppure la logica impone che la stessa esistenza del'"Isola dei miracoli" non poteva che alimentare quelli che noi moderni ci ostiniamo a chiamare "Miti", in realtà si tratta di antichissimi racconti che nascondono vere e proprie realtà storiche e geografiche.

    Giuseppe Mura

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