La crisi economica ha consegnato la Spagna a Mariano Rajoy, leader del Partito popolare e ha affibbiato ai socialisti di Zapatero la più sonora sconfitta dalla fine del franchismo ad oggi. Il Pp è passato dai 154 seggi del 2008 ai 186 di oggi, maggioranza assoluta; il Psoe dai 169 di tre anni fa ai 110 di oggi.
Il tutto è frutto, secondo gli analisti spagnoli, a due fattori: l'incapacità del Psoe di metter fronte a quella fetta della crisi economica mondiale che ha riguardato la Spagna e la rivolta degli Indignados che, tuttavia, non avrebbero scelto la destra piuttosto che la sinistra, ma invitato a votare per partiti diversi dal Pp e dal Psoe.
Il voto spagnolo non è, comunque, importante solo per questo risultato riguardante tutto lo Stato (che ha confermato la tendenza all'alternanza, sia pure in misura oggi estrema), quanto per la avanzata dei partiti nazionalisti e sovranisti nelle due altre nazioni che compongono la monarchia spagnola: quella basca e quella catalana. In Euskadi, il nuovo partito nazionalista di sinistra, Amaiur e il Partito nazionalista basco hanno ottenuto 11 dei 18 seggi assegnati al Paese Basco (6 ad Amaiur, 5 al PNB), lasciando ai cosiddetti partiti costituzionali gli altri 7 seggi: 4 al Psoe e 3 al Pp.
Per la prima volta, anche in Catalugna i nazionalisti hanno battuto gli altri partiti. Pur non ottenendo la maggioranza assoluta, Convergenza e Unione ha ottenuto 16 dei 47 seggi assegnati a questa nazione, sei più della passata legislatura, mentre Erc, la sinistra repubblicana catalana ne ha ottenuto 3, quanti ne ebbe nel 2008.
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