È scaduto il 10 dicembre il tempo che l’Onu aveva assegnato a Serbia e Kosovo per mettersi d’accordo sullo status della nazione kosovara. E non resta al governo di Pristina che proclamare unilateralmente l’indipendenza. A suo favore milita il Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato dall’Onu il 16 dicembre 1966, ed entrato in vigore nel diritto internazionale il 23 marzo 1976. Secondo questo trattato “tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale”.
A sfavore del Kosovo milita l’Atto unico di Helsinki, adottato nel 1975 dalla Conferenza sulla sicurezza e la collaborazione in Europa (l’attuale Ocse), nel quale si riconosce il diritto dei popoli alla autodeterminazione ma, contemporaneamente, il diritto degli Stati firmatari alla loro integrità territoriale. Su questa contraddizione si fonda il no all’indipendenza del Kosovo opposto dalla Russia, dalla Spagna e, singolarmente, dalla Slovacchia che, per conquistare la sua indipendenza, aveva violato il principio dell’integrità dello Stato cecoslovacco.
D’altra parte, questo principio a niente è valso quando hanno dichiarato la loro indipendenza Lituania, Estonia, Lettonia, Georgia, Ukraina, Moldova, Slovenia, Croazia, Bosnia, Macedonia, Montenegro, tanto per citare alcuni esempi. In tutti questi casi è prevalso, com’è giusto, il diritto dei popoli ad autodeterminarsi.
Con saggezza, i kosovari hanno deciso di lasciar passare del tempo, due o tre mesi, prima di esercitare il loro diritto. La cosiddetta “comunità internazionale”, ossia i governi europei, ha il tempo per trovare la soluzione di un certo numero di problemi: la sistemazione del problema della minoranza serba all’interno del Kosovo, l’irritazione della Serbia, la contrarietà della Russia, i timori di alcuni stati europei multinazionali (Spagna, Francia, Italia) che l’indipendenza del Kosovo dia la stura ad analoghe rivendicazioni delle nazioni europee senza stato: il Paese Basco, la Catalogna, la Galizia, la Corsica, la Sardegna fra le altre.
Non c’è alcun dubbio che, come il kosovaro, anche questi popoli (ed altri) godano del diritto, internazionalmente garantito, all’autodeterminazione. La prepotenza degli stati (in prima fila quello francese e quello spagnolo, ma anche l’italiano ha analoghe tentazioni) può opporre resistenza all’esercizio di questo diritto. Ma sta solo ai popoli decidere se esercitarlo e quando: tutto il resto è, appunto, arroganza e prevaricazione. Con i se non si fa storia, si dice, ma che cosa avrebbero fatto i kosovari se nel 1989 la Serbia di Milosevic non avesse cancellato la forte autonomia del Kosovo, chiudendo anche l’università kosovara e spingendo i giovani kosovari alla ribellione armata?
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