martedì 30 ottobre 2007

E' la nouvelle vague, stupido

E' in atto da tempo una campagna di delegittimazione della letteratura in sardo. Non è una campagna scatenata da destra, centro, sinistra, su o giù, ma molto più semplicemente da un gruppo di intellettuali di varia provenienza, contrari alla lingua sarda come veicolo di comunicazione.
Dispostissimi ad accettarla come residuo folcloristico e come dialetto cantonale, si oppongono con tutti i mezzi, compresa la menzogna più spudorata, alla affermazione del sardo come lingua nazionale.
E' tanto forte la cupio dissolvi, che intellettuali prima di allora schierati con il presidente della Regione, gli hanno voltato le spalle quando Renato Soru ha con forza affermato la sua volontà di fare adottare alla amministrazione regionale una lingua sarda di riferimento, sa limba sarda comuna. Sanno benissimo, questi intellettuali giacobini, che sa limba sarda comuna, pur senza mettere in discussione la ricchezza dei linguaggi delle varie comunità, è la prima mossa verso la internazionalizzazione del sardo e, dunque, verso la sua dimensione nazionale. Lo sanno e proprio per questo la osteggiano.
Recentemente, il capofila della intellighentzia metropolitana, Giulio Angioni, ha riconosciuto la esistenza della "nouvelle vague" letteraria sarda, cooptando in essa gran parte degli scrittori sardi in italiano e espellendo dalla "vague" tutti gli scrittori in lingua sarda. Oggi sono circa duecento i romanzi e i racconti in sardo, alcuni ottimi, altri mediocri, altri ancora brutti, come, del resto, succede per tutte le letterature.
La speranza della sua tesi, sposata da alcuni scrittori da lui coalizzati nel saggio "Cartas de Logu", è che negando l'esistenza dell'unica letteratura sarda (quella scritta, appunto, in sardo), non resti, a rappresentare la Sardegna, se non la letteratura italiana di autori sardi. Magari con la vergogna di essere sardi.
Leggi a proposito la testimonianza, raccolta nel libro di Angioni, di Bianca Pitzorno

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Apo lèghidu s'artìculu de Bianca Pitzorno. Ma si custa pitzoca non connoschet su sardu, ne lu leghet ne lu chistionat, come raju faghet a nàrrere chi non b'at iscritores in limba de gabale?

Anonimo ha detto...

Circa la questione della denigrazione de Sa Limba sarda Comuna, è opportuno dire, al di fuori dell'aspetto più tecnico in seno ad un argomento così complesso, che vi è uno strano timore di istituire a titolo definitivo una lingua unica, se vogliamo veicolare, che permetta una identificazione nazionale tra sardi e che ne conservi omnia secula seculorum le caratteristiche ed i tratti propri. Per non saper nè leggere e nè scrivere dico che anche all'interno del mondo studentesco se moltiplicano le rivendicazioni a favore della lingua unica da parte di ragazzi provenienti da aree diverse dell'isola, molti dei quali favorevoli ad adottare una comune lingua che finalmente rispecchi e trasmetta direttamente emozioni, opinioni, punti di vista che, per coloro i quali parlano come prima lingua il sardo,o la variante familiare di esso, incontrano difficoltà dovute alla minore pratica dell'italiano ripetto al sardo appunto. E poi, per noi linguisti che per professione o per studio ci occupiamo di lingue e di traduzioni, poter tradurre dall'italiano come anche da altre lingue europee i classici della letteratura, i documenti, i saggi, sarebbe una grande opportunità per avvicinare sempre più la nostra isola in un contesto europeo e globale rinforzando uno dei tratti che è caratteristico e veicolo primario di trasmissione interdisciplinare e interculturale: la lingua.