sabato 31 gennaio 2009

Caro Federico (Palomba), attento a Di Pietro

Nella sua inveterata mania di leggere gli atti politici (degli avversari-nemici, va da sé) con il codice penale in mano, Di Pietro ha evocato ieri il reato di "sostituzione di persona" nei confronti di Cappellacci e Berlusconi: "si vota Berlusconi, ma si elegge Cappellacci" ha detto - riporto da La Nuova Sardegna - testualmente. Il volto sempre arcigno e perennemente indignato non ha dato adito a pensare ad una iperbole scherzosa, ma, piuttosto, ad un avviso di garanzia in partenza.
Vicino a lui, c'era Federico Palomba, ex presidente del governo sardo. Immagino che, pensando a come si è comportato durante la non breve vicenda del Parco del Gennargentu, Palomba, che da buon magistrato conosce i codici, abbia sussultato e letto nella memoria gli articoli che alle sue azioni meglio si adattano. Da uomo a uomo, non certo politicamente, stimo Federico Palomba e tremo all'idea di quale reato possa contestargli il suo capo.
Per esempio, quale articolo di legge contempla il fatto che nel 1995 sia andato a Roma a firmare l'intesa con il governo per l'istituzione del Parco senza la necessaria consultazione dei comuni, chiesta, oltre che dal buon senso, da una delibera della Commissione ambiente del Consiglio regionale?
E, ancora, quale fattispecie di reato contempla il fatto che alla vigilia della firma del decreto istitutivo del Parco, un verbale di finta consultazione dei sindaci porti la firma anche di chi alla consultazione non ha neppure partecipato? Alla riunione, Palomba non c'era, ma non ha verificato la legittimità di quel che ha poi ha fatto proprio.
Il 19 febbraio 1998, Palomba volò a Roma, con in mano un verbale infedele, per sottoscrivere con il ministro Ronchi il decreto istitutivo del Parco. Il suo assessore dell'ambiente, Pasquale Onida, seppe solo per caso del viaggio del suo presidente e fece appena in tempo ad arrivare al Ministero per evitare che la firma fosse posta senza se e senza ma. Riuscì solo per un pelo a far inserire una clausola di prudenza: quella che riconosceva ai comuni il diritto di entrare nel parco o di starne fuori. Io non m'intendo di leggi, ma quello di Palomba fu solo uno sgarbo nei confronti del suo assessore?
Nel maggio dello stesso anno, il Consiglio regionale approvò all'unanimità un ordine del giorno che impegnava la Giunta a chiedere al governo la sospensione del decreto istitutivo del Parco in quanto, come prevede l’articolo 51 dello Statuto, "manifestamente dannoso per la Sardegna". Tradotto in soldoni, Palomba e il suo governo avevano compiuto un atto contrario agli interessi dell'Isola che essi governavano.
Il cammino, per fortuna bloccato, del Parco del Gennargentu in era palombiana, è denso di fatti che solo Di Pietro, nella sua immensa esperienza, sarebbe in grado di decidere se sono reati o normale insipienza politica. So solo che a nessuno venne in mente di denunciare Palomba più che politicamente. Forse è solo questione di stile e di considerazione che in politica e nella vita meno giustizialismo peronista c'è meglio si vive.

Nella foto: Manifestazione contro il Parco del Gennargentu a Cagliari

giovedì 29 gennaio 2009

La lingua (sarda) delle coalizioni elettorali

Nella modesta battaglia che questo blog fa a favore della lingua sarda, si è scritto che i partiti si illudono se pensano che la questione della lingua non produca voti e si è evocata la necessità di creare una lobby per il sardo che impegni, dopo le elezioni, i neo consiglieri che alla battaglia per la sua valorizzazione ci credono davvero. Su Facebook 442 persone (a ora) si sono impegnate a sostenere "un partito che promuova la lingua sarda".
Nessun partito ha preso sul serio questo blog (e poco male) né le centinaia di elettori che li hanno sollecitati a "dire qualcosa di sardo". Tre candidati (Paolo Pisu di Rifondazione comunista, Gianfranco Scalas del Mpa, Pierpaolo Vargiu dei Riformatori sardi) hanno però sottoscritto la dichiarazione dei frequentatori di Facebook. Segno di sensibilità che va a loro onore.
E siccome le coalizioni non vengono a noi, noi andiamo alle coalizioni. Ecco, così, quel che in materia di lingua sarda c'è nei programmi che sono rintracciabili in Internet. Questo non vuol dire, naturalmente, che altri non li abbiano. Solo che al pubblico non è dato sapere.

Peppino Balia, Sdi – Non rintracciabile

Ugo Cappellacci, centrodestra – Realizzare un sistema di incentivi per la valorizzazione della lingua e della cultura a favore dell’editoria, delle arti, dell’associazionismo, del marketing, della comunicazione e informazione, della formazioni e di ogni attività che supporti il patrimonio identitario dei sardi.

Gavino Sale, Irs – Non rintracciabile

Gianfranco Sollai, Unidade indipendentista - Avviamento di un programma generale di risardizzazione che porti ad un bilinguismo reale in ogni campo, dall'insegnamento alla cartellonistica stradale, dagli atti delle istituzioni ai mezzi d'informazione sardi. Bilinguismo significa avere due lingue, quindi 50% e 50% in ogni campo, come già viene applicato in altre zone dello Stato italiano quali Val d'Aosta, Friuli e Süd Tirol e come avviene in moltissime altre parti del mondo dove i diritti delle nazioni senza stato vengono tutelati.


Renato Soru, centrosinistra - Una terra è il suo paesaggio, la sua cultura, la sua lingua, la sua storia, la sua musica. Lo sviluppo della Sardegna non può che partire dall’identità, mai autoreferenziale e chiusa verso l’esterno ma aperta e dialogante, in grado di fare valere capacità e diversità.

Lieto se, nei prossimi giorni, le altre liste daranno a tutti la possibilità di sapere che cosa vogliano fare per la lingua sarda.

martedì 27 gennaio 2009

Il lato nascosto di Max Leolpold Wagner

di Alberto Areddu

In un’epoca nella quale l’aspetto privato dei personaggi in vista, acquista sempre più spessore, vuoi per la mediocrità del quotidiano vivere delle gente comune vuoi perché non si verificano più grandi eventi che tengano le persone maggiormente attaccate al proprio reale contingente che non a quello altrui, e anzi sia diventato di moda il frugare voyeuristicamente con telecamere piazzate ormai in ogni dove, non farà più di tanto scalpore indagare o almeno cercare di indagare per un attimo sulla privacy del grande studioso tedesco Max Leopold Wagner, che sardo ad honorem potremmo definire, visto che gli dedichiamo tante vie e strade, in ragione del fatto che consacrò buona parte dei suoi studi alla ricerca sui locali dialetti, o come da lui fu decretato: “sulla lingua sarda”. Forse non si sarebbe aspettato tanto onore postumo, giacché tempo in Sardegna ne passò poco; ci giunse giovanissimo insieme al suo giovane amante, che faceva il fotografo, e ci ritornò più volte stazionando a Cagliari da dove faceva poi sortite verso l'interno, soprattutto fra gli anni venti, in una Sardegna ancora estremamente arretrata e povera.
In alto: una delle foto scattate a Cagliari da ML Wagner



Leggi tutto

lunedì 26 gennaio 2009

La lingua sarda non produce voti? Illusi

Sarà perché i giornalisti sardi normalmente fàghent origras surdas quando sentono parlare di lingua sarda, sarà perché i partiti pensano che la lingua non porta voti, fatto sta in questa campagna elettorale è quasi del tutto assente la questione del che fare per e del sardo. Forse prevale nei partiti la vecchia e vetusta considerazione che dei beni immateriali ci si può occupare solo una volta risolte le questioni materiali (sviluppo economico, occupazione, assetto urbanistico, etc) e dunque mai, visto che è nella condizione umana non accontentarsi, giustamente, dello stato delle cose.
Un morbo, questo, da cui sono afflitti - stando ai resoconti dei giornali e delle televisioni - proprio tutti, persino i movimenti solo sardi che si richiamano alla sardità in tutte le sue declinazioni, dal federalismo all'indipendenza. Facendo della sardità un oggetto misterioso, posto che la lingua è fondamento principali dello "essere se stessi".
Eppure basta fare un giro sui blog, nei siti dedicati alla lingua, nei forum, nei gruppi e nelle dichiarazioni di Facebook per rendersi conto che la questione interessa molte migliaia di persone. Eppure basterebbe leggere i risultati della ricerca sociolinguistica delle università sarde per vedere come il sardo (e le altre lingue della Sardegna, catalano-algherese, sassarese, gallurese, tabarchino) sia considerato dall'89,9 per cento da promuovere e sostenere "perché è parte della nostra identità". O ancora come per l'80,1 per cento l'insegnamento nelle scuole va fatto dedicandogli "una parte dell’orario settimanale" e come per il 44,5 per cento dei sardoparlanti la lingua sarda va utilizzata al posto dell'italiano, quando si insegnano storia e cultura della Sardegna.
Forse il ceto politico non ama frequentare la gente del web; del resto, in molti, non si aggirano neppure fra la gente tout court. Qualcuno dovrebbe però segnalare loro che anche la lingua porta voti, se questo è il cruccio predominante. Insieme a Roberto Bolognesi e ad Alessandro Camboni ho inviato a tutti i partiti presenti in Sardegna, sia rappresentati in Consiglio regionale sia non rappresentati, questa dichiarazione firmata allora da quasi duecento frequentatori di Facebook (mentre scrivo sono 415):
"Sceglieremo un partito che promuova la lingua sarda"
Sceglieremo un partito che nel suo programma si impegni, entro un anno, a:
- proporre una legge di politica linguistica che: renda il sardo coufficiale all’italiano; faccia obbligatorio l’insegnamento del e in sardo nelle scuole di ogni ordine e grado; renda il sardo visibile nei media, nelle strade, nelle istituzioni, nelle insegne pubbliche e private; punti alla standardizzazione della lingua sarda;
- proporre una legge organica che trasformi i Lavoratori socialmente utili in collaboratori in un programma pluriennale di scavi archeologici tesi a restituire alla civiltà sarda tutta la sua importanza culturale ed economica;
- proporre la redazione di una Carta fondamentale dell’autogoverno della Sardegna fondata sul massimo di elementi di sovranità possibili.

Fino a questo momento neppure un partito, benché invitato a impegnarsi a fare le cose proposte, ha dato una risposta. Solo tre candidati, Gianfranco Scalas del Mpa, Pierpaolo Vargiu dei Riformatori sardi, Paolo Pisu del Partito di Rifondazione comunista, hanno sottoscritto l'impegno a fare.
Io non so se tutti i sottoscrittori della dichiarazione nel momento del voto si ricorderanno di averla firmata, se riterranno di far valere la firma, né so se nella loro prosopopea i partiti daranno di fronte alle firme una scrollata di spalle, pensando che si possa fare a meno di poche centinaia di voti. Sarebbe un errore, se non altro per la considerazione che chi entra in Facebook è una minoranza degli elettori, certo, ma è una minoranza che parla in famiglia, al bar, con gli amici, a scuola, nelle università. Ed è, normalmente, capace di argomentare e di porre almeno qualche dubbio in chi li ascolta.
Se 415 persone paion loro poche, forse vale la pena di crescerne il numero. Come? I frequentatori di Facebook cliccando qui, gli altri mandando mail al loro candidato preferito, altri ancora utilizzando questo blog.

domenica 25 gennaio 2009

Il giorno che uccisero "el Che", io...

Dariel Alarcón Ramírez, detto «Benigno», uno degli ultimi compagni di Ernesto Guevara nella sua avventura in Bolivia, ha raccontato al Corriere della sera la sua convinzione che a consegnarlo agli assassini sia stato il Partito comunista dell'Unione sovietica e, per non dispiacerlo, Fidel Castro. Il dubbio che questo, o qualcosa del genere, fosse accaduto era nella coscienza di molti. E, per il poco che conta, anche nella mia.
E' la prima volta che racconto perché io abbia avuto quel sospetto che "Benigno", testimone diretto, conferma. Nell'ottobre del 1967, corrispondente da Varsavia, il mio interprete mi leggeva quotidianamente i giornali polacchi, soprattutto la pallosa Tribuna Ludu, organo del Poup, e Zycie Warszawy, il quotidiano della sera, un po' più digeribile. L'8 ottobre di quell'anno, come ogni mattina, XY arrivò in albergo con le copie dei giornali e cominciò a tradurre le pochissime notizie contenute, avendo la compassione di non tradurmi i lunghi articoli sulla vita del partito che prendevano gran parte delle pagine della Tribuna Ludu e molte degli altri quotidiani.
Non fingerò, naturalmente, che mi fossero indifferenti le sorti del Partito comunista polacco; anzi ero lì perché convinto che la Polonia di Gomulka fosse diversa e più raccontabile delle altre Democrazie popolari. Solo non mi appassionava la ripetizione della propaganda.
A un certo punto, in uno dei giornali mi attrasse un titoletto su una colonna di due righe su un trafiletto di cinque o sei in cui lessi la parola Bolivia, l'unica che comprendessi, e chiesi ad XY di tradurmi e l'uno e l'altro. Il titoletto, lo ricordo ancora, era: Guerrigliero ucciso in Bolivia. Il testo raccontava della cattura di un guerrigliero, neppure nominato, da parte dell'esercito boliviano che l'aveva poi ucciso. Punto e basta. Niente in quei giornali avveniva per caso, per sottovalutazione, ad esempio.
Rimasi ancora qualche settimana a Varsavia prima di tornare a Roma, ma da quella maniera di parlare, senza nemmeno nominarlo, del "Che" capii che la poca stima dei partiti comunisti per il "Che" era qualcosa di più della presa di distanza dai movimenti guerriglieri del Latinamerica, formalmente comunisti ma troppo indisciplinati per far parte del disegno imperiale dell'Urss.
Quel che racconta "Benigno" è qualcosa di più dell'insofferenza che, allora, mi parve di cogliere. Un dio creò dei figli e poi li divorò.

sabato 24 gennaio 2009

Che s'ha da fa' per vendere una copia in più

Ma guarda tu che s'ha da fare per vendere qualche copia in più del giornale. Questa locandina dell'Unione sarda, esposta ad Orosei, ha creato, come si può comprendere, un bel po' di panico. Leggendola, chiunque capirebbe che un'ondata alta 18 metri stava per abbattersi sulla cittadina baroniese. Orosei, come si saprà dai giornali e dalla televisione, ha avuto recentemente a che fare con l'acqua: un disastro che ancora oggi è ancora negli incubi di chi ha avuto case semidistrutte, mobilia resa inservibile, campagne allagate e rese per ora improduttive.
Due mesi fa fu un uragano a combinare il disastro. Immaginarsi che cosa c'era da temere da un'onda di 18 metri. Si trattava di una notizia in parte esagerata e in parte completamente falsa. Esagerata perché l'allarme tsunami, dato da un istituto veneziano, è stato ridimensionato sia dal servizio metereologico della Sardegna sia dalla protezione civile italiana. Falsa (con punte di mala fede al limite del reato, quello di procurato allarme), perché in ogni caso lo tsunami o lo tsunameto riguardava un altro mare: quello occidentale, non l'orientale.
Qualcuno si appellerà poi alla libertà di stampa.

venerdì 23 gennaio 2009

C'è pintadera e pintadera. Quelle sarde...

di Francu Pilloni

Mi pare di ricordare che Giorgio Cannas ha riferito che la “pintadera” iranica ha più o meno lo stesso diametro di quelle rinvenute in Sardegna, con la differenza che quelle sarde sono “quasi” tutte in terracotta (qualcuna è tracciata su un grosso masso), mentre quella vista al Louvre è in bronzo. Franco Laner dice che sono identiche o che comunque si assomiglierebbero molto, sia per la decorazione a V, sia perché sono quadripartite.
La somiglianza a me personalmente pare oltremodo superficiale e solo al primo sguardo. Ad una osservazione più attenta, si vede benissimo che quella di Teti e quella di Orroli, raffigurate entrambe nell’articolo, siano ben più complesse e hanno da dire altro che non il semplice augurio di fertilità a cui si fa riferimento. Altrimenti, che significato avrebbe quel foro centrale che cattura immediatamente l’attenzione e gli altri 4 fori che gli stanno vicini? Particolari che la pintadera iranica non mostra assolutamente. Se si vanno ad osservare altre pintadere, a quattro o a cinque settori, si vede che la somiglianza fra queste e quella iraniana appare quasi “accidentale”, o per essere quadripartite, o per essere decorate a V, mentre quelle sarde si assomigliano assai di più per la logica che sottende la loro costruzione, indipendentemente che siano in 4 o 5 settori, che siano o meno decorate a V.

Leggi tutto

giovedì 22 gennaio 2009

La pietra di Aiga? Ecco cos'è

di Gigi Sanna

Non è chi non veda che nel documento lapideo di Aiga di Abbasanta, presentato in maniera asciutta ma molto precisa da Alessandro Martometti, si trova, sia pur lacunoso, l’incipit della pietra Pitzinnu di Abbasanta. Manca solo il ‘lamed’ (dovuto evidentemente al fatto che la pietra si trova scheggiata in tutta la parte superiore) al di sopra della piccola Tanit, ovvero della lettera ‘he’ che funge, come in Abbasanta da segno commentatore.
Ora, considerando che i documenti epigrafici nuragici (con scrittura in protosinaitico, in protocananeo, in gublitico, in ugaritico e fenicio arcaico) della seconda metà del Secondo Millennio a.C. sono ormai più di quaranta, si potrà chiaramente ricavare che in un tempo di neanche venti anni (dal 1995: anno della scoperta delle tavolette bronzee di Tzricotu di Cabras e dell’anello sigillo di Pallosu di San Vero Milis) il numero dei documenti sardi ha raggiunto e forse superato quello di un terzo dei cosiddetti documenti ‘fenici e punici’ e quasi raggiunto il numero dei documenti strettamente ‘fenici’ (non punici né neopunici), che non va oltre la cinquantina.
Quanto poi alla Sardegna che dalla preistoria non si vuole farla passare alla storia dagli anonimi con asterisco e con punti esclamativi, ne parleremo tra non molto. Sempre con i documenti, naturalmente, quelli che, come si dimostra con l’intervento di A. Martometti, non trova (e studia) solo il sottoscritto. O non è così?

Leggi tutto

mercoledì 21 gennaio 2009

La pindadera iranica come quella di Teti o di Orroli

di Franco Laner

Nel museo di Teti è esposta una pintadera del tutto simile a quella iraniana del Museo del Louvre che l’amico Cannas segnala. Anche quella di Orroli è quadripartita mentre altre hanno impianto pentagonale. Mi sono occupato di pintadere ed alcune deduzioni le ho esposte nel convegno a Paulilatino dei primi di gennaio del 2007 che organizzammo in particolare con l’ing. Angelo Saba. Convegno bellissimo, con tantissima gente, di cui penso siano pronti gli atti (i tempi di Angelo sono nuragici, lenti e circolari, nel senso che torna sempre ab inizio!).
La Pintadera di Teti, come le altre, è però di terracotta e non dopo poche difficoltà sono riuscito a sapere che ha un diametro di 8cm. Forse Cannas mi può dire quale sia il diametro di quella iraniana. Immagino sia molto piccolo, forse un paio di centimetri ed allora si può pensare che fosse un sigillo per un qualche atto. Per di più quella iraniana è di bronzo.

Leggi tutto

martedì 20 gennaio 2009

Una lobby per la lingua sarda

Avendo amici in ogni punto cardinale, a destra, a manca, su, giù e anche in diagonale, mi auguro che questo articolo non sia letto dagli amici che dell’indignazione militante hanno fatto una ragione di vita. Fortunatamente solo in periodo elettorale; poi tornano ad essere persone normali.
Di regola, questi amici si indignano perché il candidato presidente della Sardegna per il centro destra è stato scelto ad Arcore e ritengono normale e persino giusto che il suo avversario di centro sinistra sia stato scelto a Roma. È vero anche l’inverso, in un crescendo di indignazione per cui Soru è solo un quisling di Veltroni, mentre Cappellacci è semplicemente un candidato scelto in Sardegna e solo appoggiato da Berlusconi. Questo è un colonizzatore, mentre Prodi, quando governò, era un amico dei sardi. Prodi che bocciò un sacco di leggi del governo sardo amico ha compiuto peccati veniali, Berlusconi, che ancora non ha bocciato nulla, neanche ci si fila.
Ecco perché, tenendo molto più all’amicizia che alle zuffe chioggiote, spero proprio che gli indignati in servizio, ignorino quest’articolo.
Allo stato, non sono disponibili programmi sul che cosa, come, quando e con quali risorse fare. Solo scampoli di promesse, come mi ha scritto un caro amico, “per potenziare la caccia e difendere la selvaggina”. Né so se ne leggeremo di programmi come si deve. E allora che fare? Che possono fare i sardi, quelli normali, quelli che non sono interessati a fare dichiarazioni di fede? Quelli che sono stati esclusi dalla scelta dei candidati da votare?
Una mezza idea ce l’avrei e vale per chi vota ad est, ad ovest, a nord a sud e in tutte le posizioni geografiche (che siano anche politiche non direi visto che, guardando le liste, si possono vedere abomini, come un indipendentista candidato in un partito fra i più statalisti che esistano). In ogni raggruppamento ci sono candidati che sono seriamente e coscientemente legati alla loro sardità e al loro sardismo.
Con questi credo bisogna lavorare, facendo un’azione di lobbing: nella tua lista sceglieremo e appoggeremo te a due patti che sono indipendenti dalle scelte economiche del tuo partito o schieramento:
1. Ti impegni a presentare se eletto e nei primi cento giorni una proposta di legge di valorizzazione della lingua sarda in ogni ambito, dalla scuola elementare all’università, nelle strade e nelle piazze, nei mezzi di comunicazione di massa e con tutti i mezzi che la rendano visibile;
2. Ti impegni a cercare nel prossimo Parlamento sardo un accordo con tutti i nuovi e vecchi consiglieri che, al di là della propria appartenenza politica, sentano il dovere di non far morire la lingua sarda.
Venti giorni sono più che sufficienti per creare una lobby potente a favore della nostra lingua. Senza bisogno di chiedere il permesso.

domenica 18 gennaio 2009

I silos nuragici di Silvio Berlusconi

Sarei curioso di sapere chi ha consigliato al Presidente del Consiglio di dire sui nuraghi: "Erano edifici fatti per custodire prodotti, soprattutto prodotti importanti per evitare furti. Erano una sorta di forziere della comunità. Non mi sembra siano individuabili funzioni diverse". Come ogni uomo politico, anche Berlusconi naturalmente ha degli esperti che gli forniscono spunti per intervenire. Qualcuno gli ha suggerito la frase in sardo da dire a Fenosu: "Sardus fortis che is nuraghes", qualcuno gli deve aver suggerito la castroneria sui nuraghi.
Naturalmente tutto ciò non è tale da diminuire la responsabilità di chi ha detto la castroneria se non altro per la leggerezza con cui ha scelto il suo informatore o consigliere archeologico. La brutta figura rimane. Ma, ripeto, sarebbe interessante conoscere il nome del sardo che gliela ha fatta fare. Qualche idea ce l'avrei, ma non la direi neppure sotto tortura. C'è chi, senza competenza specifica ma con presunzione di onniscenza, va ripetendo i più vieti luoghi comuni sul nuragismo, età di inciviltà e di barbarie, nella quale le varie tribù, l'una contro l'altra armata, cercavano di saccheggiare i vicini, costretti, così, a costruire nuraghi per difendersi.
Paolo Mingazzini, archeologo della prima metà del secolo scorso, ha fatto scuola in Sardegna e fa ancora danno. Secondo lui "in età nuragica ogni aggruppamento familiare si costruiva un nuraghe per vivere, a scopo puramente difensivo, in una età di anarchia sociale dominata da ininterrotte vendette di famiglia o faide gentilizie. Le risse e le vendette impedivano loro di pensare ad altro, da qua anche la scarsa forza di espansione dei Sardi. Anche i nuraghi collocati sul ciglio delle "giare" non rispondono ad un fine strategico in previsione di una guerra sistematica".
Secondo il Mengazzini vi sarebbe stata una sorta di convenzione fra alcune famiglie della zona circostante, da pascolare in comune escludendo ogni altro proprietario e per raccogliere armenti e beni in luoghi ben difesi.
Dubito fortemente che Berlusconi abbia avuto il tempo di informarsi su che cosa fossero i nuraghi dai libri del Mengazzini. Quel che ha detto deve averlo sentito poco prima di visitare il nuraghe Losa. E quel qualcuno, probabilmente, si è candidato a fare il consulente archeologico, o più genericamente culturale, di Ugo Cappellacci, se vincerà questo febbraio.

sabato 17 gennaio 2009

Qualcuno sa dirci che roba è?

di Alessandro Martometti

Seguo questo blog ormai da tempo, dati il mio interesse verso le sue tematiche e il mio apprezzamento riguardo il livello e i modi che in generale caratterizzano gli interventi qui ospitati.
Pur essendo maggiormente interessato alla materia linguistica che non all'archeologia, mi è capitato ultimamente di lambire i confini proprio di quest'ultima, essendomi stata mostrata, alcuni mesi fa, una lastra di pietra che a occhio e croce parrebbe meritare attenzione in quanto “testimonianza avente valore di civiltà”, come recita la legge sui beni culturali.
Stante la mia scarsa competenza in materia di epigrafia e di paleografia, ne segnalo qui l'esistenza, rimettendo qualunque valutazione in merito a chi abbia conoscenze a riguardo. Si tratta di una lastra litica delle dimensioni di 47x43x10 cm., ritrovata nelle adiacenze del nuraghe Áiga, in agro di Abbasanta; chi la conserva mi ha raccontato di averla già mostrata in passato ad esperti in materia, che l'hanno ritenuta del tutto priva di interesse.
In quanto a me, ritengo invece – spero fondatamente – che alcuni segni che la pietra presenta sulla faccia superiore corrispondano ad altrettanti grafemi del tipo definito da Gigi Sanna, sul suo Sardôa Grammata, proto-cananeo.
Secondo lo schema a corredo di questo post, il numero 1 dovrebbe rappresentare un “serpentello proto-sinaitico”, ossia la lettera nun; i numeri 2 e – verosimilmente – 6 due cosiddette Tanit; il numero 3 la lettera shin (simile, mi pare, a quella presente sul “documento di Pitzinnu”); i numeri 4 e 5, infine, due chiare lettere beth.
Ringrazio il curatore del blog per lo spazio che mi vorrà dedicare e passo la parola agli esperti.

La foto meglio dettagliata è nel mio sito [gfp]

venerdì 16 gennaio 2009

E fecero dell'Italia l'ombelico del mondo

C’è in giro, qua e là per l’Italia, un ipernazionalismo stucchevole. Ne sono infettati frequentatori del Bar dello sport, ma anche giornalisti di fama e politici più o meno famosi che pensano al loro Stato come insostituibile ombelico del mondo. Passi per i primi, che più degli avventori non influenzano. Ma gli altri, se presi sul serio, sarebbero capaci di trascinarci in guerre revansciste o in rottura di rapporti diplomatici, inizi di disamistedes internazionali.
Si sono irati perché il Vaticano, stato indipendente, ha deciso di valutare volta per volta se accogliere o non accogliere nel proprio ordinamento le leggi italiane, leggi di uno stato estero. Adesso sono incavolati, fino a minacciare (qualcuno, sia chiaro) il ritiro dell’ambasciatore italiano, perché il Brasile ha osato applicare le proprie leggi nel caso di un latitante lasciato scappare dall’Italia. Quel che è giusto in Italia – è il ragionamento degli ipernazionalisti – non può non essere giusto fuori dei suoi confini. Naturalmente non è vero il reciproco e credo troverebbero ridicola la pretesa, che so?, della Spagna di applicare in Italia le leggi spagnole.
Trovano normale (ed io con loro, ovviamente) che le leggi italiane impediscano l’estradizione di qualcuno verso uno stato che applichi la pena di morte, contestano fino alle urla che uno stato contempli la non estradizione verso l’Italia di qualcuno condannato per un crimine politico.
Si permettono di dire che il Kosovo o il Montenegro sono staterelli in balia delle mafie, ma si indignerebbero (più di una volta lo hanno fatto) se all’Italia è rivolta la stessa accusa. Sbertucciano i piccoli stati, ma non riescono neppure a sorridere alla storiella cinese che fa dire “e in quale albergo sono scesi?” a un capo della Cina a cui è riferito che gli italiani hanno deciso di invaderla.
Credo che il top di questo morbo lo abbia raggiunto giorni fa un giornalista, Gian Antonio Stella, che scrive della trista condizione degli italiani sulla frontiera fra Slovenia e Croazia. Racconta delle difficoltà (spesso vere vessazioni burocratiche) cui sono soggetti gli abitanti di comuni contigui in quel che fu l’Istria sotto la dominazione italiana, oggi divisa fra due stati. Come se il superamento delle frontiere non avesse fino ad avantieri creato problemi ai sud tirolesi che volesse andare nel nord Tirolo. Come se fino ad avantieri non ci fossero stati problemi di frontiera per gli occitani delle Valli cuneesi per raggiungere gli occitani in terra di Francia.
L’Italia ha annesso territori e popoli, ha ceduto territori e popoli (da Nizza alla Savoia), ha creato frontiere laddove non c’erano. Ma che conta? Per gente come Gian Antonio Stella l’Italia è nel giusto; chi è da condannare sono la Slovenia e la Croazia che hanno fatto lo stesso. Per uno che, come me, è decisamente dalla parte dell’Europa delle Regioni, senza frontiere, quel che capita fra i due stati balcanici è francamente intollerabile. E da sardo non posso non riprovarlo; ma come cittadino dell’Italia sarei almeno cauto come un bue che volesse dare del cornuto ad un asino.
Il giornalista cita come esempio di mala sorte quel cittadino croato di etnia italiana che è “nato italiano per diventare yugoslavo, sloveno e in fine croato” senza mai muoversi di casa. Che dire dei sardi che, senza muoversi dall’isola, nacquero sardi, diventarono catalani, spagnoli, austriaci, piemontesi, italiani?

giovedì 15 gennaio 2009

Guarda un po' dov'è finita una pintadera

La pintadera sarda di Santu Antine e quella iranica conservata nel Louvre


di Giorgio Cannas

Nei giorni della Conferenza di Parigi (12 Aprile 2005), tenuta dal prof. Sanna alla Maison des Sciences de l’homme sulla decifrazione dei documenti pitici di Glozel, abbiamo approfittato di una mezza giornata libera per fare una visita mirata nel settore di antichistica orientale del Museo del Louvre, più precisamente in quello, ricchissimo, che espone oggetti archeologici anatolici, mesopotamici e curdi. Volevamo infatti vedere se, e quali e quanti, potevano presentare delle analogie formali e contenutistiche con gli oggetti sardi del periodo neolitico–eneolitico e nuragico.
Ad un certo punto la mia attenzione fu attirata da una bacheca in cui erano esposti dei cervi in bronzo, alcuni dei quali a doppia protome, proprio come quelli sardi. Ma lo stupore fu accresciuto dal fatto che accanto alle immagini miniaturistiche dei cervi si trovava una chiara ‘pintadera’ di bronzo.

Leggi tutto

mercoledì 14 gennaio 2009

Crocores e Magliano: chi dice che sono etruschi?

di Herbert Sauren

Devo alla amabilità di Gigi Sanna, se ho ricevuto il disegno dell’iscrizione a spirale proveniente da Magliano. Secondo la sua informazione, e secondo la nota inscritta, l’oggetto è in piombo. Gigi Sanna cita ancora altri oggetti della regione etrusca e qui lo prego di inviarmene disegni o foto.
La discussione fra di noi è cominciata sul disco di Crocores, trovato in Sardegna, che presenta lo stesso tipo di lettere come le iscrizioni iberiche trovate in Spagna del I secolo aC e apparentemente come l’iscrizione di Magliano.

Leggi tutto

Questo blog è felice di ospitare un altro articolo dell'epigrafista tedesco Herbert Sauren (professore emerito ora in buen retiro in Portogallo) che discute con il professor Gigi Sanna sulla "etruschità" di due dischi con iscrizioni antiche. Sono quello di Crocores, trovato insieme ad altri reperti durante una secca del Lago Omodeo in Sardegna, e quello di Magliano, trovato nella cittadina toscana nel 1883 e classificato come etrusco (nella foto le due facce del disco).
Senza entrare nel marito della discussione, credo vadano messe in risalto un paio di questioni.
La prima è che sul disco di Magliano (oggi nel Museo archeologico di Firenze) si sa, o si crede di sapere, tutto, anche se Sauren contesta il fatto che quel piombo di otto centimetri sia etrusco.
La seconda è che, ad un anno dal sequestro del dischetto di Crocores, la Soprintendenza continua imperterrita a negare qualsiasi informazione. Sauren sostiene che non è etrusco, al contrario di quanto afferma Gigi Sanna, ma di una cosa è certo: il reperto è autentico. Nel gennaio dello scorso anno, così scriveva invece, un cronista della Nuova Sardegna: "Neanche il tempo di presentarli, che i reperti sono stati bollati in tutta fretta come falsi dalla Sovrintendenza che ha anche avanzato dubbi sulla serietà di chi li aveva ritrovati". (cliccando qui si possono leggere i due articoli dedicati dal giornale al ritrovamento).
Qualche giorno fa, un gruppo di frequentatori di Facebook, ha scritto al ministro dei Beni culturali sollecitando una sua iniziativa per appurare che cosa ne sia stato del dischetto di Crocores e degli altri reperti sequestrati ad Allai.

martedì 13 gennaio 2009

Sardo-fascisti, altro che caduta di stile. Verità

di Carlo Carta

Il Presidente Soru ha parlato bene, con cognizione di causa. Parole chiare, meditate e dal cuore! Il Psd'az di oggi parla con lingua biforcuta ed i visi pallidi si son sostituiti ai mori di Sardegna. Non vogliono il Nucleare e vanno a braccetto con i Colonialisti. Hanno intenzione di vendere la nostra bella Isola in cambio delle solite perline & poltrone.
Giacomo Sanna, dopo la solenne bocciatura (ma si dice così?) lombarda, nel listino (comodo comodo) regionale ne è un grande esempio. Il Psd'az a destra è inaccettabile. Un ex democristiano è riuscito a portarcelo! Queste sono le parole di un vecchio militante, oggi 85 anni, che ha conosciuto Emilio Lussu. E' venuto a trovarmi per spronarmi ad organizzare la battaglia contro questi finti sardi. Agitando "sa mazzocca", mi ha aperto gli occhi ed indicato la strada...
Mi piace ascoltare i nostri vecchi, hanno sempre tante cose da dirci, tanti suggerimenti da darci...
Diffido della tv, dei giornali, di chi sa parlare bene ed ha un ottima favella... Sono meglio le pause, emozionano e danno spazio alla riflessione.
Sardo-fascisti come i fascio-mori una caduta di stile? Non l'amara constatazione della realtà.

Caro Carta, vedo che l'improperio contro l'avversario è tornato a diventare, da quelle parti, categoria politica. Contento tu... Ma sul colonialismo, per piacere, abbi un po' di ritegno. Almeno oggi che il partito di Soru deciderà a Roma, e non in Sardegna, come saranno fatte le liste in Sardegna. Non esiste un colonialismo buono e uno cattivo: esiste il colonialismo e basta. [gfp]

lunedì 12 gennaio 2009

Tolomeo, Copèrnico e sa limba sarda

Comente pessaia chi, in die de oe. finas su prus tostorrudu de sos tolemàicos s’esseret rèndidu a Copèrnico chi at mustradu sa tzentralidade de su Sole in su sistema suo, gasi e totu mi so trampadu pessende chi s’issèntzia linguìstica aiat bintu in contu de limba sarda. Pesat duncas tiernura sa lìtera longa de Giovanni Mura, de Casteddu, in s’Unione sarda de domìnica. Leghide·bos·la totu, e narademi tando si non b’at su tantu de si l’istrìnghere a coro, comente chi siat s’ùrtima tudda de s’ùrtimu de sos Moicanos.
Làstimat sos fizos de massàios, pastores e operàios apretados a imparare su sardu in iscola, su chi los at a tropedire in su de s’apoderare de unu codighe comunicativu artu. Est comente a nàrrere chi a imparare s’italianu in iscola est a tropedire s’intrada a unu codighe prus artu. De banalidades de gasi est prena sa lìtera e no apo deo a bos dogare su praghere de bos ispassiare.
Leghende, pro nàrrere, comente pìnnigat a bonu proe suo e siat a Mialinu Pira e siat a Gramsci.
Mala fide? Bah, bois puru. Sa mala fide, pro èssere canteddu canteddu, si devet fundare in su de cumprèndere su chi si narat o iscrivet.

domenica 11 gennaio 2009

Affossata la Lsc, caro Pilloni che cosa propone?

di Andrea Crisponi

Caro Pilloni, sorvolo sulle sue argomentazioni ex cathedra, e rispondo, per quanto la mia ignoranza di dati statistici mi consenta, alle tematiche che sono state affrontate. Ma nel voler sviluppare un'argomentazione che possa perlomeno tentare di avvicinarsi all'altezza di quanto lei ha affermato, mi rendo conto che il senso sfumerebbe, un po’ come è successo nel suo precedente intervento, in banali giaculatorie sulla "cultura”. Detto questo, sono in un'età in cui è meglio porsi delle domande, piuttosto che avere la pretesa di propinare risposte.
Sa cos'è che differenzia, su tutto, un giovane da un vecchio? Azzardare, brancolare nella penombra dell’azzardo, talvolta scivolando in dolci declivi umidi di aspettative, viscidi di convinzioni.

Leggi tutto

Sardo-fascisti: solo una caduta di stile?

di Annedda Muscau

Che caduta di stile, presidente Soru. Stavo lì lì per credere seriamente che le sue dimostrazioni di passione identitaria (la lingua sarda, la lotta alle servitù militari, la ricerca di una fiscalità sarda, etc) significassero un taglio netto con la cultura giacobina di parte del Pci e dei suoi nostalgici ancora in azione. E invece ecco rispuntare l’antico vizio dell’insulto contro chi si schiera diversamente da quel che si vorrebbe.
Ingiurie contro lavoratori che lo contestano,. diventati “fascistelli” al servizio di qualcuno; della vecchia “bieca reazione in agguato” suppongo. Offese lanciate contro chi si è tanto sicuri di padroneggiare da neppure calcolarlo, come è capitato al Psd’az. Vecchissima perversione.
La sorte toccò ai socialisti nel passato bollati come social-fascisti. Tocca ora ai sardisti che, oramai ritenuti nel carniere e invece uscitine, sono diventati sardo-fascisti. C’è una consolidata arroganza nell’incasellare i sardisti: partito de printzipales e di destra quando governò con i democristiani, il Psd’az divenne graziosamente di sinistra quando consentì al Pci di governare la Sardegna, si fece centrista (detto per insultare) quando non rinnovò l’alleanza, è diventato para-fascista oggi che si è posto nello schieramento avverso.
Certo, fra la proposta di politica linguistica di Soru che mi aveva intrigato e il risibile programma del Psd’az di insegnare il sardo nelle scuole elementari, non esiste proporzione. E in condizioni normali ci avrei fatto un pensierino. Ma quel che mi è sembrata lì per lì solo una caduta di stile, temo nasconda ben altro che una malcelata disillusione per un’alleanza “naturale” andata a male. Del resto, a meno che il presidente Soro non l’abbia già smentita, c’è una frase detta in una intervista all’Espresso che dà corpo ai peggiori timori. Paragonandosi a Mosé, ha detto che durante la traversata del deserto “è necessario un leader riconosciuto che trascini il popolo smarrito”.
Si riferiva al suo partito, ma chi mi assicura che non pensasse al popolo sardo?

sabato 10 gennaio 2009

Ultimus fogus in Gaza

Un bimbo palestinese ucciso dagli israeliani a Gaza; un bimbo israeliano ucciso in un attentato di Hamas in Israele


di Franco Pilloni

Caro Gianfranco, non so se l'intervento uscirà con questo titolo, ma mi piacerebbe molto, così come mi sarebbe piaciuto scriverlo in sardo, perché “i fuochi”, nel Medioevo e nell'Età Moderna, sono stati l'unità di misura dei villaggi sardi nei censimenti che ne fecero le autorità dell'epoca. Fuochi come focolari quindi, attorno ai quali si stringeva la cerchia dei parenti più prossimi nelle sere senza luci e senza svaghi che non fossero le eterne novelle, is contus o paristorias, attraverso le quali veniva tramandata la gran parte delle tradizioni, della cultura e persino delle strutture intellettuali ed etiche.
A Gaza invece, più che di focolari si parla dei focolai mai spenti dell'odio e dell'intransigenza, che divampano con tragica fatalità in immensi incendi, non solo figurati, in mezzo ai quali le famiglie devono forzosamente convivere oltre ogni limite di umana sopportazione. Che gli attuali fuochi di Gaza siano davvero gli ultimi, c'è da sperarlo e da temerlo, perché non si intravvede una soluzione definitiva che salvi la dignità degli uomini e delle donne di quel territorio e vada incontro all'ansia di sicurezza dei suoi storici vicini-nemici.

Leggi tutto

Inutilities da arredamento: ripubblicato il Wagner

di Alberto Areddu

L'editrice Ilisso ha da poco ripubblicato il DES (Dizionario Etimologico Sardo) di Max Leopold Wagner; la nuova edizione si propone -dice il curatore- di ovviare alle intrinseche difficoltà del ricercatore di parole di fronte alla editio princeps heidelberghiana del 1960 (il Wagner incasellò i lemmi in base alla loro supposta arcaicità, non in base alla loro diffusione), e ancor di più a quella successiva sarda del 1980 (ed. Trois) che si rilevò una maldestra opera di artigianato casalingo (molta parte dei caratteri originari utilizzati dal Wagner saltarono, compromettendone la genuina lettura).
La novità starebbe nell'accorpamento del vocabolario in un unico volume, con il sussidio di un secondo, ove il curatore ha immesso indici aggiornati (persino con lingue, come l'albanese e il greco, del tutto tralasciate dal precedente curatore Urciolo, amico e mecenate del Wagner). I due libri costano 130 € (non trattabili), che non sono pochi in tempo di vacche magre. Peraltro, in attesa che venga inserito il PDF sul sito regionale, se cercate su E-Bay o siti antiquari tedeschi (tipo Booklooker) non è improbabile che troviate l'edizione heidelberghiana a "stracco baratto".
In aggiunta vorrei confessare che del Wagner ancora ricorro alla Historische Lautlehre piuttosto che alla versione italiana della Fonetica Storica del Sardo, perché intere parti e note (non si capisce perché) sono saltate nell'edizione italiana; quindi non garantirei per questa edizione del DES, che ha la stessa curatela, una reale ottimizzazione dei lavori. Bene avrebbe fatto la Ilisso a far pubblicare i soli indici (ovviamente a un prezzo accessibile) perché il DES ce l'hanno un po' tutti e le piccole biblioteche, che hanno le due edizioni precedenti, non si vede perché si devono svenare per qualcosa che hanno già.
Ma sapete quel che ho già detto del pensiero intellettuale in Sardegna: basta che qualcuno che "pare importante" parli, e tutti gli portano lo strascico fino a casa, onde per cui vedrete che se ne doteranno subito. Aggiungiamo che l'opera, ai suoi tempi un mastodontico masterpiece della linguistica romanza, presenta materiali oggi in gran parte superati, grazie ai recenti lavori regionali di Puddu, Pittau e Rubattu (su Espa sarebbe meglio stendere un pietoso silenzio) e molti d'ambito locale (Casciu, Farina, Selis ecc. ecc.).
Per quanto riguarda l'etimologia, anche qui si son fatti passi avanti, grazie agli studi del Wolf, del Burrai, del Pittau e miei. Possiamo quindi concludere che la ripubblicazione del DES è una delle tante inutilities, che la recente pubblicistica isolana propina all'incauto lettore.

giovedì 8 gennaio 2009

Caro Sauren, sono proprio etruschi. Eccome

di Gigi Sanna

Caro prof, Sauren, Lei dice che del dischetto di Crocores (a destra) non si sa proprio niente e invece del dischetto si sa tutto. Ne hanno parlato (insieme ad altri nove reperti) i maggiori giornali sardi d’Informazione. Il sottoscritto inoltre ha tenuto una relazione per incarico del Comune di Allai che è stata, sia pure per sintesi pubblicata nella rivista Paraulas (anno X, n.30, pp. 3 -11).
Lei dice che la tipologia del manufatto con lettura a spirale non è riscontrabile in alcun oggetto antico. No. Proprio l’epigrafia etrusca mette al secondo o al terzo posto (dopo le bende della Mummia di Zagabria e la Tabula Cortonensis), per importanza assoluta, il disco in piombo di Magliano con scritta a spirale (a sinistra), di cui l’oggetto sardo riporta la forma quasi precisa, le stesse lettere e metà circa del contenuto.
Lei dice che la lettura è orientata in senso destrorso mentre è chiaramente in senso sinistrorso (come, del resto, quasi in tutta la produzione epigrafica etrusca, compreso il ‘modello’ di Magliano).
Lei dice che c’è del semitico (del ‘Nord e del Sud’) e invece c’è solo l’etrusco (a mio parere con presenza di lessico indoeuropeo) del IV –III secolo a.C. Ancora Lei dice....

Leggi tutto

Caro Gigi, va da sé che non entro nel merito (non ne ho la competenza né gli strumenti culturali), ma la tua risposta segnala quanto pesante e insopportabile sia il silenzio che la Soprintendenza ha fatto calare sui reperti di Crocores. Un anno è passato dal loro sequestro e nulla è uscito fuori delle pagine provinciali dei quotidiani sardi, della rivista di Franco Pilloni, di questo blog. E' una regola della società della comunicazione: ciò che non è comunicato non esiste. [gfp]

mercoledì 7 gennaio 2009

Un po' di coerenza, che diamine

Normalmente, i ceti politici italiani (e a cascata quelli sardi) non sentono la coerenza e la logica come impegno morale. Figurarsi se da coerenza e logica possano essere contagiati in campagna elettorale. Le parole raramente servono a catturare il consenso delle menti, più spesso quello delle emozioni che, come si sa, vanno poco per il sottile.
Chi non si emozionerebbe, fra i sardi coscienti del loro essere sardi, sentendo Renato Soru dire: alla Sardegna ci pensiamo noi? E fare appello: “I sardi dicano no al colonizzatore”? Il mio vecchio cuore di militante di Su pòpulu sardu (ricordate le mille scritte: “Sardigna colonia” sui muri dell’isola?) si è emozionato. La mente no, sentendo che Soru indicava come colonizzatore solo Berlusconi, comente su boe chi narat corrudu a s’àinu.
Ed ecco la coerenza e la logica. Non è la segretaria del suo partito (Soru fa ancora parte del Pd?) che è andata a Roma a consegnare le sue dimissioni nelle mani del capo del partito italiano? Non è questo stesso leader che ha mandato in Sardegna un suo proconsole per imporre al centro sinistra la candidatura di Soru? Non è questo stesso proconsole che presiede alle decisioni sulle candidature in Sardegna?
Almeno, dall’altra parte si è scomodato il capo in persona. Colonizzatori per colonizzatori, almeno in Sardegna è venuto il Principe non un qualsiasi valvassino. Cosa pessima l’una, insultante l’altra. C’è anche chi, come gli ex sardisti che hanno preferito l’Aventino allo scontro politico con gli ormai ex compagni di partito, grida contro “is meris istrangius de Arcore” e si allea con “is meris istrangius de Roma”. Sposta la questione sul terreno delle latitudini, inventando per il Psd’az un passato di limpida coerenza di sinistra e dimenticando i governi che ha fatto con la Democrazia cristiana, definita di destra dagli attuali alleati.
Purtroppo per la nostra terra, nessuno dei due grandi schieramenti può dire de custa aba non bibo, nessuno è immune dalla dipendenza dall’esterno. E allora, se vogliamo scegliere fra i due, dobbiamo fondare la nostra scelta sulla maggiore aderenza dei programmi alla nostra idea di Sardegna.

Su Facebook ho lanciato questa dichiarazione di principi:
Siamo certi che ogni partito prometterà agli elettori di:
a) combattere la disoccupazione;
b) sconfiggere la povertà;
c) aiutare la famiglia;
d) battere la dipendenza della Sardegna;
e) salvaguardare l’ambiente;
f) diminuire le servitù militari;
g) migliorare la sanità pubblica;
h) tutelate il diritto allo studio;
i)...
Tutto ciò non ci consente di scegliere e votare un partito piuttosto che un altro. Sceglieremo un partito che nel suo programma si impegni, entro un anno, a:
- proporre una legge di politica linguistica che: renda il sardo coufficiale all’italiano; faccia obbligatorio l’insegnamento del e in sardo nelle scuole di ogni ordine e grado; renda il sardo visibile nei media, nelle strade, nelle istituzioni, nelle insegne pubbliche e private; punti alla standardizzazione della lingua sarda;
- proporre una legge organica che trasformi i Lavoratori socialmente utili in collaboratori in un programma pluriennale di scavi archeologici tesi a restituire alla civiltà sarda tutta la sua importanza culturale ed economica;
- proporre la redazione di una Carta fondamentale dell’autogoverno della Sardegna fondata sul massimo di elementi di sovranità possibili."


In questo momento la dichiarazione “Sceglieremo un partito che promuova la lingua sarda” è stato sottoscritto da 80 persone. Poche per preoccupare seriamente i partiti, ma sufficienti a segnalare che anche di queste questioni vogliamo ci si occupi. E che comunque in base a queste scelte decideremo.
Certo, più saremo e più ascolto avremo.

Lsc: questione di opinioni

di Francu Pilloni

Da un bel po' di tempo gli studi di psicologia sociale hanno assodato che in un gruppo che presenzia ad esempio ad una conferenza, ciascuno degli ascoltatori segue un proprio filo del ragionamento, legato in parte alle sue esperienze, alle sue convinzioni e in parte alla propria emotività, sensibilmente diverso comunque dall'uno all'altro e a volte anche contrapposto. Eppure tutti hanno ascoltato le medesime parole.
Questo succederebbe, anche se in minor grado, anche davanti a comunicazioni scritte. Perché meravigliarsi dunque se Andrea Crisponi, di cui so solamente che è infastidito dallo stile di Art Nouveau (che, per quanto ne so io, risale a Socrate non ostante l'altisonante nome francese che altro non è che una “Ars nova” dei Romani e la stessa “Vita nova” dell'Alighieri, in cui appunto si specificava un “dolce stil novo”), perché meravigliarsi se “legge” nelle altrui comunicazioni ciò che più si attaglia o più contraddice il suo modo di vedere e di leggere le cose di questo mondo?

Leggi tutto

Non citerei il nostro amico comune Cicitu Masala come pietra al paragone per la sua ostilità ad uno standard linguistico. Ha sbagliato dicendo che la nostra era una "isola dei vinti" (ma quando mai?), potrebbe aver sbagliato sulla lingua comune. Però, in una cosa hai ragione: la tesi sono tutte in campo e ben conosciute. Apriamo le orecchie e cerchiamo finalmente, ben conoscendo le tesi alternative, quel che ci può unire. Sappiamo benissimo che cosa ci divide.
Segnalo a te a tutti gli amici del blog una ricerca fatta a Macomer sulla conservazione del dialetto tradizionale della città: è conosciuto - si dice nell'articolo della Nuova Sardegna che riproduco nel mio sito - da poche decine di vecchi. Gli altri macomeresi conoscono e parlano un sardo meticcio. E la Lsc non c'entra. [gfp]

martedì 6 gennaio 2009

Intanto è autentico. Se anche etrusco vedremo

di Herbert Sauren

È impossibile leggere tutto il testo fintanto che le lettere scritte sul margine del disco non siano interamente visibili. Ci vorrebbero molte foto o un disegno fedele fatto a mano. In più, prima di legge e interpretare un testo del genere, bisogna disporre delle informazioni disponibili concernenti ritrovamento, scavo archeologico, acquisto in un mercato di antichità, etc, misure, materiale, tecniche di incisione, gli strumenti, ferro o bronzo, luogo attuale di conservazione.
Se l’oggetto si trova in mano ad un ricercatore di testi etruschi, desidererei tanto contattarlo o essere contattato. Se questo testo è etrusco, tutte le iscrizioni dette etrusche sono in lingue semitiche. Mi limito a indicare lettere e parole a partire dalla lacuna.
Il testo corre dall’esterno verso il centro in scrittura destrorsa. Questo fatto mi fa considerare la data dell’iscrizione intorno al I secolo aC/I secolo dC. Si constata l’influenza della scrittura greca. L’epigrafia conferma la datazione stimata, si può comparare l’epigrafia dei testi di Glozel, pubblicata in Internet. La linea esterna prima della lacuna deve raggiungere il disegno delle lettere.
Comincio la lettura dopo la lacuna e questo fatto potrebbe provocare modifiche in futuro. La mancanza di informazioni concernente il materiale, ritrovamento etc, limitano anche la spiegazione.

Leggi tutto

Carissimo professore,
molte delle condizioni da lei poste perché sia possibile dire qualcosa di definitivo sulla scritta nel dischetto che ha esaminato (ritrovamento, misure, materiale, etc) sono state, come dire?, ottemperate sia da questo blog sia dal mio sito sia dalla coraggiosa rivista di un assiduo collaboratore di questo blog, Paraulas, di Franco Pilloni.
Ma lei ha ragione: uno studioso ha forzatamente come riferimento le pubblicazioni ufficiali. Fra lei e me può esserci una, spero reciproca, stima, ma lei è tenuto a fidarsi dei suoi colleghi che sono pagati per studiare, pubblicare, dare risposte a chi consente loro di avere uno stipendio. Il fatto è che suoi colleghi hanno fra le mani da un anno il dischetto che lei ha con perizia decifrato e da un anno tacciono. Non solo, non hanno neppure detto che cosa sta capitando intorno al dischetto e agli altri reperti trovati nell'invaso della diga sul Tirso.
C'è chi è certo che si tratti di reperti etruschi, altri hanno subito detto che si trattava di falsi. Lei dubita che il dischetto sia etrusco. Se lo sia o no, è cosa che può essere decisa da chi se ne intende. Ma una cosa di straordinaria importanza, caro Sauren, in questo articolo la dice: il reperto è autentico.
A chi, come me, si è messo in testa di stanare quanti ritengono proprietà personale ciò che i nostri antichi ci hanno lasciato, questo basta e avanza.
Ho chiesto ai lettori di questo blog di sottoscrivere una lettera al ministro italiano dei beni culturali, denunciando lo scandalo. Purtroppo solo una mezza dozzina lo ha fatto. Chi sa che il suo articolo non convinca altri che questo appello al ministro non è fondato su dicerie, gusto per lo scandalo o prevenzione nei confronti della Soprintendenza archeologica della Sardegna.
Basta mettere il proprio nome, la residenza e il proprio indirizzo elettronico in un commento a questo articolo. [gfp]

lunedì 5 gennaio 2009

Apologia dell'anonimato

di Francu Pilloni

Preciso che ho qualche stima di me stesso e rispetto per l’intelligenza che mi ha permesso di sopravvivere sin qua. Dunque, non ho intenzione di suicidarmi civilmente alzando la voce metaforicamente, ma tenendola bassa di fatto, a difesa dell’anonimato del quale in questo blog si fa spesso uso, abuso raramente, con interventi mirati sull’argomento anche da parte del padrone di casa. Il mio inno però vuole essere di carattere più allargato, sul costume e sulle scelte di vita della gente che legge e che scrive sui più svariati argomenti. Mi sento di dire che l’anonimato è:

Leggi tutto

PS - Per onestà, o Fra', due cose: gli asterischi posti invece di "anonimo" sono una mia invenzione, non c'entra l'autore; io non ho mai scritto anonimamente. Il tuo inno non mi si confà. [zfp]

Una Lsc che sarebbe piaciuta a Manzoni

di Andrea Crisponi

In netta controtendenza, scriverò un commento breve e, come molti in fondo, un po’ stupido. Dal dibattito ospitato su questo blog emerge un ostracismo ed in generale una resistenza opposta all'idea di LSC prima ancora che alla sua applicazione E, guardandomi intorno, vedo molte critiche decorate da forbiti interventi in stile Art Nouveau, bellissimi in sé, ma che danno uno scarso contributo alla causa della annosa "questione della lingua" sarda.
Mi rendo conto, dal punto di vista di chi si occupa di "criticare" in negativo un testo di qualsivoglia natura, che sia di moda e d'impatto una critica sulla Limba Sarda Comuna; bisognerebbe dunque chiedersi: "Signori, cosa vogliamo fare della nostra lingua? Perchè parliamo la stessa lingua, non è vero?" Forse non è proprio così. Ed onestamente non capisco perché.
L'intercomprensibilità delle varianti del sardo, dei suoi "dialetti", è stata appurata in altre sedi e da personalità ben più rappresentative del sottoscritto; ma è chiaro che, su questo blog come su altre riviste e/o mezzi di informazione, si sia aperta già da tempo la caccia alla critica, e la critica alla critica, un'alchimia ben poco produttiva in termini di proposte le quali sebbene divergano dalla proposta di una LSC se non altro abbiano l'onestà intellettuale di enuclearne le ragioni e di proporne di più valide. Ed in breve tempo.
Non è che per imporre, ebbene sì, imporre, l'italiano come standard su tutta la penisola si è aperto un dibattito che abbia coinvolto attivamente tutte le aree effettivamente interessate dallo standard; da Pietro Bembo a Manzoni, l'area toscana è sempre stata quella privilegiata: forse che nelle altre aree d'Italia non esisteva una letteratura degna d'esser presa in considerazione nel processo di standardizzazione? O forme d'arte capaci di turbare ciò che la retorica aveva scelto quale Forma di riferimento?
Come argomenta Tullio de Mauro nella sua Storia Linguistica dell'Italia Unita del 1963, all'atto della consegna della relazione Dell'Unità della Lingua e dei Mezzi per Diffonderla, da parte di Manzoni al Ministro Broglio (9 Febbraio 1869), appena il 2% degli "italiani" era in grado di comprendere sufficientemente l'italiano standard o aveva qualche competenza in materia.
E nessuno si sarebbe mai sognato di proporre quale parametro il numero di abitanti, non necessariamente parlanti attivi, di tale lingua "tetto", come invece avviene nel nostro dibattito sulla lingua. Le ragioni sono molteplici e si sprecano.
Molte sono, ad esempio, le pressioni esercitate dai parlanti campidanese, forse perchè elevano a centro propulsore Cagliari e lo hinterland, forse perché Cagliari è la città che ospita il Parlamento Sardo, non so. Chissà se ci si è mai interrogati su quale lingua parlino quei 10.000 studenti circa che ogni anno decidono di abbandonare i confini dell'ex provincia di Nuoro per trasferirsi a studiare nei due atenei sardi.
Una lingua unica amministrativa potrebbe aiutare a rinforzare l'immagine di un unico popolo (che internamente si diversifica, come accade a tutti i popoli democratici), che difenda e faccia sentire le proprie ragioni adottando una lingua unica veicolare, la quale sia capace di elevarsi, e con lei i sardi tutti, da quella cultura agro-pastorale nella quale è stata impiegata nei decenni precedenti. A prevalere però devono essere le ragioni comuni poiché, male interpretando il principio chentu concas chentu berrittas, si rischia di ridurre la lingua tutta ad un dialetto comunitario, e soprattutto di estendere oltremodo quel qualunquismo in materia linguistica sarda che già la fa da padrone.
Altrimenti basterebbe ricordare che solo in poche regioni d'Italia si parla una varietà d'italiano che rasenti lo standard, e che ciascuno fa uso soggettivo del repertorio linguistico quando ha a che fare con la produzione orale, mentre l'attenzione cresce esponenzialmente in quella scritta. La stessa cosa suppongo avverrebbe con una ipotetica LSC che sarebbe tutto, fuorché una minaccia alla sopravvivenza dei localismi.
Non sono stato breve come annunciato all'inizio del mio intervento, ma dopo tutto che importa? Se è vero che il concetto di democrazia è difficile da applicare ed estendere su larga scala in società, è altrettanto vero che la lingua evade questo principio: come direbbe il buon vecchio alcolizzato intellettualissimo Bukowski, "ci sono abbastanza parole per tutti". Aggiungo che, se portassero con sé proposte, oltre a critiche fini a sé stesse, sarebbe meglio per la comunità e la società tutta.

venerdì 2 gennaio 2009

I reperti etruschi finiti nel buio

Fra qualche giorno, il 20 gennaio, sarà un anno da quando la Soprintendenza archeologica mandò ad Allai i carabinieri per sequestrare un bel po’ di ciottoli trovati nel lago Omodeo. Ciottoli che, secondo quanto disse allora il professor Gigi Sanna, portavano iscrizioni etrusche. La prima improvvida reazione di una funzionaria della Soprintendenza davanti ad un cronista fu che si trattava di un falso.
Da quel giorno, dei ciottoli di Allai non si sa più niente. Si dice che la Soprintendenza li abbia spediti a Milano presso un non meglio identificato esperto etruscologo. Nulla di preciso, comunque. Su questo blog c’è stato un breve dibattito fra Massimo Pittau che negava e Gigi Sanna che affermava (lo si troverà nel mio sito).
In una mail, il grande epigrafista tedesco Herbert Sauren accennò una interpretazione della iscrizione a spirale riprodotta nella foto: “Alcune lettere saltano agli occhi. La lettera t, a forma di una freccia, marca ciò che sta in alto e ciò che sta in basso, la punta della freccia indica l’alto. La scrittura è sinistrorsa, dall’interno verso l’esterno. Ci sono tratti verticali che marcano la fine di una frase”.
Pur dicendo che in mancanza di un disegno preciso e in presenza di punti danneggiati, la lettura completa non è facile, così traduce la terza riga fra i due tratti verticali: “Noi siamo assenti, molto lontani, tristi”. A parte la suggestione che questa frase provoca ed evoca, ed anche prescindendo dalla esattezza della traduzione (ci vorrebbe un pari di Sauren per confermarla o smentirla), la lettura che della spirale ne dà l’epigrafista segnala che o si tratta di un falso geniale ed estremamente colto oppure si è davanti a una prova della frequentazione etrusca nella vallata ora sommersa dal lago Omodeo.
In ogni caso, la Soprintendenza non si può arrogare il diritto di tacere ancora, dopo un anno che i ciottoli sono nelle sue mani. Non può, voglio dire, usare la prepotenza del silenzio come se quell’ufficio potesse fare a meno – il verbo giusto sarebbe “fregarsene” – di un corretto rapporto con i cittadini sardi che contribuiscono non poco a pagare gli stipendi di funzionari ed archeologi lì impiegati.

PS – Cerco lettori di questo blog, disposti a sottoscrivere una lettera al ministro dei Beni culturali, Bondi, che riproduce questo testo. Basterà un cenno, firmato con nome, cognome, località di residenza e indirizzo elettronico, nei commenti a questo blog. Si dispensano gli anonimi.

Curiosi sardi: commerciavano e tenevano tutto a mente

di Michele Tzoroddu

L’eccessivo qualunquismo che, pur abilmente, infarcisce l’intervento del sig. * * *, rendendolo perfetta campionatura di quanto esterni una certa parte del sapere umanistico sardo, essendone disturbata la sensibilità del ricercatore, ci invita ad una partecipazione dialettica nel salotto del ns. egregio Ospite. Preferiamo soprassedere, in questa sede, circa l’anonimia dell’intervento che lascia libero l’adito a troppe considerazioni. Essendoci difficile nella circostanza, avere un interlocutore al quale indirizzare le ns. osservazioni, siamo costretti a tracciarne un profilo che solo può basarsi su quanto vada raccontando in chiaro il sig. * * *. Tra i tanti punti controversi ne prendiamo alcuni per noi significativi:
- la civiltà nuragica è grande di per sé
- i Nuragici non scrivevano!!! Parlavano, ma non scrivevano!
- basta con l’urlo della superiorità sarda
Ci pare che il sig. Nessuno (e forse molti suoi simili negazionisti), abbia la errata percezione che tutto ciò che di grandioso sia accaduto nella vicenda terrena dei Sardi, sia solo ascrivibile al periodo nuragico. Sembra pertanto essere personalità, dedita allo studio approfondito, ma esclusivo, di tale disciplina, che mai abbia sentito l’esigenza scientifica o l’umano stimolo di andare a valutare quali accadimenti possano aver coinvolto il suo antenato in tempi diversi da quello nuragico.

Leggi tutto

giovedì 1 gennaio 2009

Quel computer di Bolognesi. Ahi ahi ahi

di Francu Pilloni

Caro amico, ti scrivo … e non sarò breve. Chiaramente per esprimere i migliori auspici per il nuovo anno a te e al tuo blog, ai visitatori attenti o distratti, a chi ci scrive porgendo gli argomenti e la guancia, a chi interviene in forma anonima (anzi, ti preannuncio una mia esegesi sull’argomento, come a dire un inno all’anonimato).
Sai già, perché te l’ho detto e scritto e ancora te lo ripeto oggi, quanto sia colpito dall’acutezza della tua analisi politica delle situazioni e dalle diagnosi che ne trai: ti vado appresso come un cacciatore segue in umiltà il fiuto del suo cane. Ma come uomo-cacciatore, sono così presuntuoso di pretendere l’ultima parola sul se e sul quando sparare sulla preda.
Tu dici, a proposito del disegno di legge sulla lingua sarda, presentato dalla Giunta regionale dimissionaria, non solo che non sarà ovviamente mai discusso in Consiglio, ma sarà un cavallo di battaglia di Soru nella prossima campagna elettorale. Dio lo voglia! Or sono 4 anni, mi lamentavo che nella scorsa campagna per le regionali, nessuno, e dico nessuno tra i candidati, accennò alla questione della lingua e della cultura.
Questa volta, se il Renato sale in sella, la concorrenza non potrà ignorarlo. E chissà cosa ne verrà fuori, da questo o da quello, anche in alternativa a questa miseria di LSC. D'altronde, se ho scommesso tres arrialis su Soru, non è detto che vada a votarlo. Anzi, non è detto che vada a votare tout court...

Leggi tutto