di Gigi Sanna
Non è chi non veda che nel documento lapideo di Aiga di Abbasanta, presentato in maniera asciutta ma molto precisa da Alessandro Martometti, si trova, sia pur lacunoso, l’incipit della pietra Pitzinnu di Abbasanta. Manca solo il ‘lamed’ (dovuto evidentemente al fatto che la pietra si trova scheggiata in tutta la parte superiore) al di sopra della piccola Tanit, ovvero della lettera ‘he’ che funge, come in Abbasanta da segno commentatore.
Ora, considerando che i documenti epigrafici nuragici (con scrittura in protosinaitico, in protocananeo, in gublitico, in ugaritico e fenicio arcaico) della seconda metà del Secondo Millennio a.C. sono ormai più di quaranta, si potrà chiaramente ricavare che in un tempo di neanche venti anni (dal 1995: anno della scoperta delle tavolette bronzee di Tzricotu di Cabras e dell’anello sigillo di Pallosu di San Vero Milis) il numero dei documenti sardi ha raggiunto e forse superato quello di un terzo dei cosiddetti documenti ‘fenici e punici’ e quasi raggiunto il numero dei documenti strettamente ‘fenici’ (non punici né neopunici), che non va oltre la cinquantina.
Quanto poi alla Sardegna che dalla preistoria non si vuole farla passare alla storia dagli anonimi con asterisco e con punti esclamativi, ne parleremo tra non molto. Sempre con i documenti, naturalmente, quelli che, come si dimostra con l’intervento di A. Martometti, non trova (e studia) solo il sottoscritto. O non è così?
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Ottimo!
RispondiEliminaÈ evidente che una società organizzata e strutturata come quella dei nuragici possedevano una scrittura.
Ne vogliamo altre prove simili... Tiratele fuori !
i segni evidenziati nella pietra sono stati fatti nel 1968 da una scolaresca di Abbasanta ahahahah
RispondiEliminae se scavate poco avanti ci sono dei tappi di birra resi piatti sotto i binari dal treno...era un divertimento diffuso in quel periodo.Altre iscrizioni anche sul nuraghe Losa... cercatele e rendetele note e vi daranno un oscar...ciao
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