Caro Gianfranco,
chissà quante volte anche tu ci sarai passato accanto, senza notarla. Così come me, come i primi archeologi con il primo primitivo piccone, come gli archeologi del pennello di oggi, come le decine e decine di migliaia di persone che ogni anno visitano l’imponente e maestoso Nuraghe Losa. Non è sfuggita invece alla vista acuta di Tonino Mura, il presidente del G.R.S ( Gruppo – archeologico - Ricercatori Sardi). Di che cosa parliamo? Di una pietra singolare, davvero singolare. All’apparenza un masso basaltico (di mezzo metro circa per altezza e larghezza) come tanti altri, quasi informe e senza significato alcuno se non intervenissero a darglielo dei segni, dei ‘grammata’, che, senza alcuna ombra di dubbio, dopo una sfida di millenni (sicuramente vennero tracciati più di 3300 anni fa) appaiono, riportati in netto rilievo, su gran parte della sua superficie:una protome taurina sulla parte superiore a sinistra di chi guarda ed un serpente sulla parte bassa a destra. Ad una attenta osservazione però si nota che I due segni pittografici non sono soli.
Ad essi si aggiunge un terzo più difficile da individuare, quasi ‘nascosto’, che è reso dal vistoso prolungamento del corno sinistro del toro, disegnato ad ‘uncino’ o ad ‘elle ‘ di tipo sinistrorso ruotata a destra di 90 gradi. Ora, per chi conosce almeno un po’ l’epigrafia prefenicia, soprattutto quella cosiddetta protosinaitica, la lettura si presenta abbastanza agevole; non solo di per sé, ovvero per la sua compiutezza e chiarezza grafico-fonetica, ma anche perché il ‘testo’ risulta attestato nelle iscrizioni sinaitiche (v.fig.1) sia con la sequenza ‘toro (‘aleph) – bastone (lamed) sia con il segno del ‘serpente’. Assieme essi hanno, come si sa, un significato ben preciso: i primi due segni infatti offrono il nome di ‘El’ ed il terzo il logogramma ‘nahas’ (serpente). Cioè alla ‘lettera’ dalla lettura ricaviamo: ‘Dio (‘El) Serpente’. Nella pietra di Losa di Abbasanta dunque, troviamo attestata una breve scritta che, inequivocabilmente, conduce, ancora una volta, alla divinità nuragica yhwh ( Yahu> Jaku+ d ) di cui parliamo ormai da diverso tempo, anche con insistenza, dal momento che tutti o quasi tutti i documenti ‘nuragici’ scritti ad essa fanno, in vario modo, riferimento (il prossimo articolo, se me lo concederai, sarà dedicato all’iscrizione ‘semitica’ di Su Nuraxi di Barumini).
La lettura però, a mio parere, sia per letteratura corrente (il tentativo di carpire il significato del nome ‘EL: ugaritico ‘IL. ILI nel Nuraghe di Aidu ‘e Entos di Bortigali) sia per quanto mi sento personalmente di aggiungere per linee essenziali sul documento sardo, non si esaurisce qui.
Innanzitutto si noti il particolare (da non trascurare mai nella scrittura nuragica) del numero, ovvero del ‘tre’ (i tre segni), il numero sacro relativo all’essenza della divinità Yhw. Quindi si osservi un’altra della caratteristiche ormai sufficientemente certe della scrittura arcaica sarda o protosarda, ovvero quella del ricorso molto frequente all’agglutinamento o accorpamento delle lettere di cui abbiamo già parlato, qualche mese fa, in questo stesso Blog. Infine il tipo di lettura ‘regressivo’ cioè che corre da destra verso sinistra (ma in protosinaitico - si tenga presente - ciò non costituisce una norma. Anzi).
I semitisti, come in molti sanno, hanno cercato e cercano di dare un significato al nome ‘El , tradotto generalmente, come ‘dio’. Si pensi ad esempio al biblico ‘El Yhwh’. In realtà, come non pochi sostengono, il nome di ‘El, formato dall’acrofonia delle parole ’aleph e lamed , tende a significare la ‘natura’ o ‘la qualità’ del dio perché suggerisce con l’animale e l’oggetto schematici l’idea di ‘ potere (bastone) del toro’, ovvero più astrattamente il ‘potere, l’autorità di quell’ entità suprema che possiede la forza assolutamente più grande (taurina).
Sempre per letteratura corrente è noto dai documenti epigrafici del Sinai (v.fig.2) che il ‘serpente’, animale cassato e/o (così come il toro e l’uccello, ovvero il ‘toro alato’) declassato, con l’andar del tempo dalla simbologia degli scribi- teologi biblici, è il simbolo più forte di YHWH. Il serpente infatti è in origine icona frequente del dio ebraico delle tempeste, del dio giudice e del dio protettore del suo popolo, del dio guida, salvatore, guaritore ecc. ecc.).
Ciò che mi sento di aggiungere e di proporre è il fatto che l’agglutinamento ’aleph –lamed (toro–bastone) nella pietra di Losa di Abbasanta non vuole essere tanto o solo un ‘prosaico’ vezzo formale dello scriba sardo in quanto esso ha lo scopo di aggiungere carica di senso alla scritta, apparentemente così scarna con i suoi tre significanti pittografici. Tende cioè a sottolineare e a suggerire la straordinarietà o singolarità di quel toro con il corno sinistro così… strano. Una straordinarietà che non può non richiamare, come altre volte ho scritto, soprattutto a proposito delle superbe tavolette di Tzricotu di Cabras, la ‘qualità’ celeste del bue ‘Api’ o Bue ‘alato’ . Così non solo ci troviamo davanti a tre lettere ‘pittografiche ‘ (’aleph, lamed, nahas) ma ci troviamo, grazie alla raffinata allusione del corno–bastone (segno non riscontrabile se non in via del tutto eccezionale in un bue ‘normale’ o terreno ) ma anche davanti a tre ‘aspetti’ dell’essenza della divinità: quello di Toro, di Uccello e di Serpente (v.fig.3). E in questa sede, circa la presenza di questi tre simboli divini (in genere simboli-segni con valore fonetico) credo che non sia proprio il caso di dilungarsi con esempi documentari, quelli che in molti ormai conoscono e riconoscono (tavolette di Tzricotu, anello di Pallosu di S.Vero Milis, Concio di S.Pietro exra muros di Bosa, Vaso di ‘La Prisgiona’ di Arzachena, ‘brassard’ di Is Loccis–Santus di S.Giovanni Suergiu, ecc.).
Caro Gianfranco, ti prendo ancora un po’ di spazio e approfitto della tua cortesia per cercare di spiegare brevemente (e anticipo qui un argomento che tratterò anche per il documento di Barumini) un fatto, relativo alla scrittura, che porta molte persone, dilettanti o non, anche archeologi (sardi e non) di notevole capacità e di buon livello scientifico, a non capire la natura precisa di una certa documentazione che si trovano eventualmente a scoprire e ad esaminare.
Abbiamo visto che la pietra di Losa presenta tre lettere pittografiche. Queste, se individuate bene, non creano difficoltà alcuna circa la loro arcaicità e tipologia, tanto che difficilmente si troverà qualcuno che sostenga, con un minimo di credibilità, che si tratti di lettere romane o greche o etrusche. Supponiamo invece di trovarci con la stessa, identica scritta, non più in caratteri protosinaitici pittografici ma protocananei (si veda ad es., per riconoscerli bene, il famoso ostracon di Izbet Sartah: Naveh 1982 p. 37 fig.31) che, a distanza di alcuni secoli, tendono (seconda metà del Secondo Millennio a.C.) a schematizzare sempre di più i pittogrammi di partenza.
L’esito sarà esattamente quello che riporto nella figura 4. Stavolta, come si può notare, uno non avrebbe esitazioni e giurerebbe di trovarsi di fronte ad un testo in caratteri ‘romani’ e prenderebbe naturalmente per svitato chi proponesse di riportare la scritta, con il suo significato, al XIII o XII secolo a.C. E’ quello che è successo, purtroppo, ad epigrafisti ingenui quanto presuntuosi, anche per il bellissimo e preziosissimo documento, ugualmente lapideo, del Nuraghe Pitzinnu di Abbasanta. Naturalmente esempi di testi con lettere protocananee simili o identiche a quelle romane (e quindi alle nostre attuali), che possono trarre in inganno chi non conosce bene o non è molto attento allo sviluppo storico–formale dei segni alfabetici, se ne possono fare quanti se ne vuole. Quando poi i ‘segni’ vengono agglutinati (il che accade molto spesso) a ‘rebus’ dagli scribi ‘nuragici’ la possibilità di incorrere in errore (e di prendere fischi per fiaschi) è ancora maggiore.
P.S. E’ da molto che,per motivi ‘oggettivi’,non posso vedere e leggere i contenuti del Blog. Non posso quindi rispondere a tutti e a tutto per quanto particolarmente mi riguarda. Vedo che qualcuno, come Maurizio, mi ha tirato indirettamente in ballo per quanto riguarda la presenza della ‘scrittura’ nuragica . Io non so se essa sia ‘post-tribale’ o non. Anche perché non mi interessano tanto le classificazioni e le schematizzazioni, in genere scolastiche e che lasciano il tempo che trovano Quello che so che essa c’era e che i documenti sono databili con certezza al periodo cosiddetto ‘nuragico’. Posso dire ancora che sono tutti di ispirazione semitica quanto ad alfabeto e al lessico.Tranne alcuni segni tipicamente ‘sardi’ (il beth ad esempio e lo shin) e qualche parola indoeuropea che compare qua e là. Ma importantissime tutte.
Posso aggiungere infine che tutta la scrittura si presenta come emanazione di scribi –sacerdoti del tempio (il nuraghe). Se Maurizio ci crede sarà .…felice; come scrive. Perché ritiene strano, anzi stranissimo che i costruttori dei nuraghi non scrivessero. Sulle pintadere: caro Franco cercherò, con notevole ritardo, di dire la mia. E punto molto, ma molto sul significato del ‘cinque’. Per Maura: non capisco perché io sia da …temere. Comunque, noto che ha mandato da acuta italianista un post che è bellissimo per lo spirito del Blog di Gianfranco. Il più bel romanzo (a puntate e con una raffinata regia) di Gianfranco è il Blog stesso. Che varia umanità! E che protagonisti! Nel bene e nel male.Per tutti il ‘saluto’ caro che ho suggerito a Franco Laner.
Le foto (dall'alto in basso): La pietra del Nuraghe Losa; (fig.1) Toro più bastone (lamed); (fig.2). Il serpente delle iscrizioni del Sinai; (fig.3) Toro, Lamed, Serpente. Il Dio ‘El; (fig.4) Toro, corno, serpente con scrittura poco o non più pittografica