di Michele Pinna
Dopo l’uscita della Lega sull’introduzione dei dialetti, della storia e delle tradizioni regionali nei test di accesso per gli insegnanti e per gli impiegati nella scuola e negli uffici, la stampa di regime e gli intellettuali blasonati si sono subito mobilitati per alzare gli scudi in difesa dell’italiano e per lanciare accuse di razzismo e di strumentalizzazione in chiave padana dinanzi ad una verità, per quanto maldestramente e forse anche insufficientemente motivata e formulata dalla proposta leghista, sacrosanta.
Dal Risorgimento ai nostri giorni, per quanto rimossa ed esorcizzata, la verità che l’Italia sia una nazione mai nata, nonostante il crogiolo delle cento Città e dei mille dialetti sia stato compresso dentro una macchina infernale chiamata Stato e di una lingua chiamata “italiano” da una monarchia incapace e da una classe dirigente, quella piemontese, rapace, questa verità ogni tanto, quasi ciclicamente, riaffiora e mette in crisi il sistema. Senza scomodare Gramsci, che la questione della lingua, quando si pone, sia una questione che rimandi ad altro, di molto più profondo e di molto più endemico, è ormai palese e persino ovvio.
Che fatta l’Italia sarebbe stato necessario “fare gli italiani” ce lo hanno fatto studiare e ripetere fino alla nausea nei banchi della scuola elementare. O buon D’Azeglio. Ma gl’italiani dove sono? In Italia no! Povera Italia. E la lezione di Tagliavini, di Dionisotti, di De Mauro? L’emerito accademico della Crusca, il professor Sabbattini finge di non saperne nulla e la mette sul folclorico. In un giornale di qualche giorno fa sostiene “conosco il mio dialetto ma non saprei insegnarlo”. La cosa è persino banale. Non saper insegnare un dialetto non significa che non lo si possa insegnare. Ma a parte questo ciò che conta è il principio.
La fobia, la resistenza tutta ideologica ad accettare e a riconoscere la vera natura e la vera struttura culturale della penisola italica. E’ una natura che non nasce con la Lega. L’unico merito che la Lega ha, grazie ai suoi numeri e alla sua forza mediatica, è che di cose note e arcinote, nello stagno perbenista e conformista di un’Italietta che, culturalmente non conta più nulla da nessuna parte, riesce a trasformarle in notizia. Notizie che comunque aiutano anche la battaglia storica per introdurre a scuola e nei percorsi ufficiali le lingue minoritarie già riconosciute per legge come il sardo.
E se fossi al posto del presidente del Friuli e di qualche altro non farei tanto lo schizzinoso sulla proposta di Bossi. Il Friuli che si vede respinta una banalissima legge dalla Consulta per l’ufficializzazione del friulano non dovrebbe riflettere sulla inutilità attuale degli Statuti cosiddetti speciali?
La proposta di Bossi, invece, la assumerei come un inizio, un inizio un po’ picaresco e un po’ ruspante ma dirompente. Ora spetta a noi saper aggiustare il tiro e saper portare acqua al nostro mulino. Piaccia o non piaccia ai cruscanti e agli intellettuali organici all’idea di un’Italia di carta pesta.
In bonora!
RispondiEliminaSighi gai!
Robertu
bene meda Micheli, sighi diasi. Sa beridade si nerzat! No est comente naraiat Lussu, est s'Italia sa "natzione mancada", non sa Sardigna. Metternich dd'aiat nadu. Piero
RispondiEliminaMa perchè non la si fa finita con questa storia dell'Italia nazione mancata? L'Italia è viva e vegeta anche se in continua crescita. Il processo di unificazione è iniziato recentemente e non si è ancora concluso del tutto, ma è comunque irreversibile e non puo in nessun modo essere messo in discussione; La nazione è sacra. Piuttosto è noi sardi che siamo falliti, disuniti e retrogradi. Queste velleita' identitarie sono veramente stucchevoli e dannose. La civilta' cammina in linea retta tranne che in Sardegna dove si perde tempo pensando ai tempi mitici dei nostri gloriosi antenati e a rianimare un dialetto ormai destinato ad un irreversibile oblio... tutte palle, la realta' è qui, oggi, non nei tempi mitici dei shardana, di Eleonora e di quel fallito velleitario che fu Angioy.
RispondiEliminaD.A.
certo che siamo retrogradi a rassegnarci a restare in questa piccola prospettiva italiana, mentre potremo aprirla all'Europa, a un paio d'ore di distanza da Spagna, Francia, Germania, Inghilterra come siamo. Ischidadi de su sonnu D.A.. Piero
RispondiEliminaPer D.A.: Mi trovo in parte d'accordo per un motivo molto semplice: Non sta scritto da nessuna parte che per tutelare la propria cultura e la Lingua (Sarda) si debba per forza di cose prospettare la distruzione di qualcosa che attualmente però svolge un'azione antagonista (l'italianità, che comunque infatti esiste). Ma Pinna ha tutte le ragioni di questo mondo. Alla stessa stregua però, non sta scritto da nessuna parte che tutelare il proprio idioma territoriale sia un incipit politico per la distruzione della discutibile nazione italiana. (Come leggono la proposta della Lega i suoi detrattori). Ogni parte insomma non dovrebbe auspicare la rimozione dell'altra e viceversa, dinamica che potrebbe essere ottenuta con l'attenuazione del centralismo italiano. Ma se lei D.A. ritiene che in una moderna democrazia una parte di cittadini debba sacrificare ciò in cui crede per lasciare spazio a qualcosa che terzi vogliono imporre loro in nome di un malinteso senso della costruzione della "patria", allora questo diventa automaticamente una limitazione dell'esercizio democratico per cui dei cittadini non dovrebbero più sentirsi obbligati a proseguire il loro cammino con quelle istituzioni centrali. Sa cosa dissero i francesi agli italiani quando ottennero la città di Nizza? "Cari signori, l'italiano è il passato! La modernità è la lingua francese!" Lei parla di realtà, ebbene, anche la Lingua Sarda è una realtà per molti cittadini Sardi, ma che non si vedono tutelata e diffusa. Se la modernità insomma significa cancellare qualcosa e non integrarla o magari attualizzarla, allora ciò non sarebbe più tale ma diventerebbe un crimine storico. - Bomboi Adriano
RispondiEliminaSe vuole altri esempi D.A., se ne trovano parecchi, guardi (tra i vari) l'ex città Prussiana di Konigsberg (attuale Kaliningrad). Da quella parti il tedesco è il "passato", mentre il cirillico è il futuro....Immanuel Kant nacque Prussiano, da morto dovremmo dargli il passaporto russo....- Bomboi Adriano
RispondiEliminaMi parit chi custu D.A. est un'ateru ainu.
RispondiEliminaHo replicato a D.A. non solo per la persona in se (provocatrice o meno) ma perché nel quotidiano ci sono molte persone che la pensano come lui, pure in buona fede. Anche questo è un prodotto culturale dell'assenza di un forte partito territoriale Sardo. Chi si è interessato alle questioni sarde e si è impegnato più nella rissa che nella costruzione, negli anni ha colpevolmente lasciato campo libero ad un'omologazione sociale oltre che politica del modo di vivere la propria identità. Questo ha portato inevitabilmente molte persone a ritenere una causa persa l'impegno per la tutela e la modernizzazione dell'identità ed invece ineluttabile l'italianità intesa secondo i canoni classici dello stato-nazione. - Bomboi Adriano
RispondiEliminaCaru Bomboi
RispondiEliminaTenzo rispettu mannu po chie no la pensat che a mie, ma no supporto, e no reputo dignas de risposta sas pessones chi, po narrer su parre issoro, offendan sos ateros. Custu D.A. este mere de s’intender sardu e fallidu cantu cheret, ma non podet offender sos ateros sardos narande chi semus totus fallidos, mescamente, pessonas istoricas chi custu tale at nominadu petzi po provocare. Tando no lu reputo dignu de retzire risposta.