In unu logu denegadu de Sardigna, un’archeòloga in pessu laureada, imbenit paris cun amigos suos una losa iscrita cun lìteras de bator limbas antigas meda. Sarbana si sabit chi su chi at agatadu est de importu mannu: diat èssere a garbu de soluvertare s’istòria de s’iscritura antiga in su Mediterraneu e ispèrdere tzertesas codificadas e pregiusìtzios.
Su fatu istat in custos si sunt inraighinadas carrera acadèmicas, baronias universitàrias e pro finas sa polìtica culturale de sa burocratzia istatale. Pro chi s’iscoberta non peset s’interessu chi li deghet, Ministeru de sos benes culturales e Subrintendèntzia archeològica punnant a ispramare a Sarbana e l’incausant cara a sa giustìtzia.
A s’archeòloga abarrat petzi de s’invocare a un’archeòlogu fiorentinu mannu de tempus e de fama e a un’epigrafista bascu.
Sa Losa de Osana est in sas librerias de Sardigna
Pro lèghere s'incipit
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In uno dei non luoghi dell’Isola, una giovane archeologa scopre insieme a degli amici, una lapide scritta con le lettere di quattro lingue antichissime. Sarbana capisce che lo straordinario ritrovamento potrebbe sconvolgere la storia della scrittura antica nel Mediterraneo e demolire consolidati luoghi comuni e pregiudizi.
Il fatto è che su questi si sono fondate carriere accademiche, baronie universitarie e persino la politica culturale della burocrazia statale. Per impedire che la scoperta susciti l’interesse che merita, Ministero dei beni culturali e Soprintendenza archeologica cercano di intimidire l’archeologa e la denunciano ai carabinieri.
A Sarbana non resta che rivolgersi, con il suo compagno archeologo, a un vecchio etruscologo fiorentino e a un epigrafista basco.
La stele di Osana è nelle librerie di Sardegna
Per leggere l'incipit
Cando ando a Nuoro apo a comporare su libru tuo si no ateru pro iscumprobare si in limba sarda su " Noir " funtzionat e pro aer sa cunfirma chi sos ateros chi chin custu zenere an fatu fortuna, secundu mene non sun pro nudda prus bravos de tene. S'unica "critica" si gai la podimus mutire est chi nd'ast fattu, gai lezo in su blog, una versione in italianu.
RispondiEliminaMaura M.:
RispondiEliminaUnu fatu curiosu est chi sas bibliotecas de Sardigna an comporadu su libru italianu (goi risultat in sos opac, l'an catalogadu in Tàtari, in Casteddu, in Isili e Gonnesa); su romanzu in sardu istentat a s'aviare ca mancan sos letores e custu l'ischin sos libraios etotu. Bravu a chie bi pròat, mancari s'opera sua paret comente ponner fatu a su mariane a caddu a su 'oe.
E si invetze proamus a imbentare un'àteru gènere literàriu pius simpàticu? Su romanzu, jà l'ischides, si ch'est morinde; su felibrismu l'amus àpidu cun sa poesia, ma cussa puru est bella che passada. Bi cheret una cosa pius atuale, oe un'òpera artistica, unu blog comente custu est pius interessante de unu romanzu o de una poesia. Pessadebei.
In bonora e bonas ferias a ZFrantziscu.
alberto aredddu scrive:
RispondiEliminaCaro Pintore,
spero di non rovinarle il ritorno dalle ferie, ma mi rodeva e glielo scrivo. Vedrò di comprare certamente il suo libro, anche se Le preannuncio che la lettura per me sarà ostica e sarà contristata da ripetuti dolori di stomaco e dalle convulsioni che mi prenderanno pagina dopo pagina, anzi riga dopo riga (sto scherzando, e spero accetti la cosa di buonumore).
Infatti vedo purtroppo dall’incipit che anche lei, voluttuosamente attratto dalla finta koinè sostenuta dagli studiosi Corraine/Bolognesi, ha seguito tale impostazione nel noir “Sa losa de Osana”. A suo tempo scrissi un divertissment frankensteiniano, su questi e altri grammaturghi, che ho caricato ora sul mio sito. Le dico ora quel che non mi convinceva e non mi convince: già dalla prima versione della LSU si discusse se marcare le forme enclitiche (che si reggono sulla parola precedente) o no. Vedo che ha sentito l’esigenza di rilevare ciò, così abbiamo: “movende-si” e “corchende-si” (nel mio computer escono con una "e" aperta sotto, copiando il testo su Word, che lascio a Times New Roman come default, mi viene fuori un puntino di divisione); immagino avrà dovuto cambiare tastiera o operare su “Simbolo” o memorizzare un’operazione coi tasti; sta di fatto, gli-e-lo posso dire: è un disbrigo inutile: diverse lingue non le rilevano e c’è tutta una tradizione letteraria (compreso il Pintore ancora non convertito) che non le rileva, è semplicemente un’inutility, che alcuni linguisti di quel mistico convegno sentirono nei precordi.
alberto areddu scrive
RispondiElimina(continuazione)
Rilevo en passant che la forma “movende” non è propriamente e autenticamente sarda, ma genuina è “moende/moghende”. Altra discussione di quel mistico convegno degli 11: dobbiamo mettere le doppie o no? Vedo che ha prevalso in lei lo scempiare, leggo: “fato, apoderat, istacadu, sucutende”, però contraddittoriamente leggo anche: “abbarrada, aggradare” e noto persino la forma ipercorretta “pineta” (immagino intendesse “capanna” e non “pineta”), giacché le "N" non sono state sottoposte a scempiamento dai cultori della LSC (e infatti dopo leggo “mantènnere”) ! Sulla falsità della questione e soprattutto sulla menzogna che non esistano occlusive doppie in sardo ha scritto una reprimenda, che dovrebbe rileggere, il Pittau. Mi scusi: ma se Lei legge la parola “Beta” pensa a “(Elisa) betta” (magari la Canalis) oppure all’amico marziano di Topolino? Io (purtroppo) all'amico di Topolino. Poi pensi la fatica di dover inserire l’accento per le parole sdrucciole (o sospettate tali): “dòlere, costàgios (questa è piana), pòdidos” e persino “àlenu” (che in Logudoro si pronuncia comunemente: “alènu”, ed ha quindi almeno due accenti). Non pensa che si sarebbe risparmiata, in qualche caso, fatica scrivendo: “doler, narrer, ecc”, considerando anche il suo "semper"? Altro caso dolente: Le faccio notare che scrivendo “trèighi” (-ei- è dittongo, l'accento non cade sulla "i", quindi è parola bisillaba !), Lei sta invogliando il suo ignaro lettore a pensare che quella “e” ha pronuncia aperta, quando Lei sa bene, quanto me, che la pronuncia è chiusa, indi avrebbe dovuto, nel caso, scrivere “tréighi” (La costringo a dare di manovella col tasto shift? eh questi sono gli inconvenienti nell’ usare l’accento solo di grafia, i francesi ci danno dentro di shift o cambiano tastiera). Un vero pezzo da esibizione è poi il “nat-chi”: chissà che un giorno leggendo tale sardo, qualcuno non inizierà a pronunciare: “naci, nacci” perché a questo sembra lo costringiate. Sicuramente ha sentito parlare di univerbazione. Sono parole che originariamente erano staccate, ma col tempo hanno perso quello spessore grammaticale e nel fluire del parlato, appiccicandosi tra loro, sono traslocate talora in un’altra dimensione del discorso: “su-via, gli-e-lo confesso: è contro-producente a-sai il corrainese!” Peraltro non è sicuro che ci sia sotto la forma scorciata di "narat", non è improbabile che sotto ci sia quella di "naran". E che dire di "in ue"? Davvero parlando pronuncia staccando? E' facile capire inoltre i campidanesi e la loro ribellione, giacché si son ritrovati come loro tratto, a mò di obolo, solo la marcatura della iii persona plurale: “cugugiant” e poco altro. Non ha mai pensato che tutto sto po’po’ di elaborazioni geniali germogliassero dalla mente fertile di qualche linguista ispanico, ispanizzante e normativizzante (il quale poi si distaccò dal progetto)? Anche in Italia c’è stato qualcuno che ha cercato di porre riparo alle incongruenze dell’italiano: il linguista Giuliano Bonfante (che a lungo visse e insegnò nella Spagna franchista): in quanti l’abbiamo seguito?
alberto areddu conclude:
RispondiEliminaLa eventuale lingua sarda non sarà lo spagnolo, che doveva esser letto da milioni di persone. Sarà una lingua che dovrà esser parlata (e con intensità) nella sua eventuale capitale Cagliari, per avere successo. E davvero il duo sunnominato ci spera?Come spero di averLe fatto notare, seguire un’impostazione quando non l’hai mai seguita comporta non solo degli errori (in parte giustificabili perché non è un ragazzino), ma anche una pedissequa accettazione di ciò che la poca intelligenza e la poca perspicacia di altri ci viene spacciando come il miglior ritrovato contro i mali nostri e quelli del mondo. L'applicazione dei detti criteri, in un quadro falsamente democratico che in realtà taglia fuori almeno metà dei sardi, risulterebbe per chi lo applicasse oggi, confonente e computeristicamente poco economica, senza poi dire dei prodigi letterari che la LSC è sinora riuscita a produrre, almeno per quel che ho sinora letto.
Caro Areddu, per fortuna mia e sua, nessuno ancora impedisce a uno scrittore di usare la lingua che vuole nella forma che vuole. Lei contesta la Lsc, io la uso (con qualche errore di stampa): dov'è il problema?
RispondiEliminaPerò le segnalo che una brava traduttrice ha tradotto il mio romanzo in LIC, lingua italiana comune.