Ieri, il professor Gigi Sanna ha risposto all’articolo su questo sito del professor Massimo Pittau. Oggi è la volta delle risposte all’intervista con l’epigrafista Herbert Sauren e a quella con l’archeologo Giovanni Ugas.
di Gigi Sanna
Quanto alla traduzione fatta dal prof. Sauren del CDI (Corpus des inscriptions de Glozel, Ndr), compilata dallo scopritore di Glozel, il dottor Morlet sulla scorta dei documenti trovati, io sto agli antipodi. Semitico per lui, greco per me. Consonanti per lui, vocali, tante vocali, per me. Non metterei certo becco sul semitico (e come potrei?) se non notassi molta disinvoltura nel dare i valori fonetici ai grafemi. Su quali basi si fondano detti valori se non quelle soggettive? E con il “soggettivo” e l'arbitrario, con la scienza, si sa, non si fa un millimetro di strada. Nessuno ti fa credito.
È stato questo l’errore di tutti i traduttori; Hitz, Buchanan e Stekel compresi, che pur mostrano, nella loro decifrazione, una dottrina forse pari a quella del prof. Sauren. E le lettere agglutinate dove stanno con sicurezza e come si spiegano? E come si fa a dire, se non con la mantica, che la scrittura è destrorsa o sinistrorsa? Oppure bustrofedica? E gli animali (cavalli, serpenti, cervi, piccoli di animali, animali gravide, lupi, etc. ovvero i pittogrammi acrofonici) che cosa ci stanno a fare nei documenti? E questa strana comunità semitica con una lingua e una scrittura babele, nel cuore della Francia, quando ci è arrivata e perché? Comunque, la prova evidente che il prof. tedesco sia completamente fuori strada è data dal fatto che il documento a p. 69 del CDI da lui viene tradotto, con disinvoltura, basandosi unicamente sui grafemi riportati dal Morlet, i quali risultano clamorosamente sbagliati.
Dal momento che il “mio” greco non era possibile con quella trascrizione, mi sono recato personalmente a Glozel per vedere da vicino il documento “oracolare” e per constatare se recasse, come supponevo, due evidenti errori di trascrizione e la dimenticanza di un segno. Come in effetti era. Il prof. Sauren si è mai recato per una visita autoptica a Glozel?
Per quanto riguarda il prof. Ugas, io non sono d’accordo con lui (o lui non è d’accordo con me) sul nuraghe fortezza e sulla ricostruzione in genere che fa della Sardegna nella tarda età del bronzo. Tra me e lui c’è una differenza metodologica di fondo, che rende tutto o quasi tutto diverso, tanto diverso. Mentre il sottoscritto si basa sui documenti scritti e solo su questi discute (con l'aiuto, dove necessario, dell'archeologia, della linguistica e di altre discipline ancora), il prof. Ugas pare basarsi soprattutto su dati archeologici, che hanno certo gran valore, ma non paragonabile a quello delle fonti scritte.
Lascio a chi legge capire che differenza sostanziale c’è. Con l’uno si parla di preistoria con l’altro di storia. Certo, capisco, capisco. La scrittura non c’è e quindi non c’è la storia. Basta rifiutare con ostinazione, non uno o due, ma in blocco quaranta documenti epigrafici, basta fare un sorrisetto sulla scrittura “con” o “decorativa”, basta una risatina più corposa sulla scrittura monumentale di ispirazione egiziana ed il gioco è fatto. Se poi si fa quadrato tra colleghi ci scappa anche lo scherno e resta a me la magra consolazione di sfogliare le pagine di scherno dei detrattori di Yuri Knorosov sulla scrittura maya.
Io mi affanno, ripetendolo mille volte, nel dire che in Sardegna la scrittura è un fenomeno legato al tempio e alla religione, altri, sviando il discorso, mi parla invece di improbabile scrittura urbana laica e di scrittura da trattati di potenze marinare; mi tormento nel ricostruire in senso diacronico e sincronico, tra centinaia e centinaia di grafemi, l’alfabeto del nuragici “shardana” (Signori Giudici) e altri invece dicono e scrivono che in Sardegna non si sono ancora (!) trovate tre o quattro lettere di fila in un documento epigrafico. Mi impegno nel sostenere che i semitici arrivarono in Sardegna nel Secondo Millennio a.C. portando i loro codici di scrittura ( protosinaitico, protocananeo, gublitico, ugaritico) ed elaborarono un codice particolare per la divinità Yah o Yahwhè, ed altri invece, anche quando vedono, insieme a delle lettere protocananee, l’albero di Yahwhè sul masso di Perdu Pes (il Kaph, quello che subito individua qualsiasi semitista e biblista alle prime armi), fanno spallucce e/o invocano prove di falso oppure il pesce serra di turno.
Anzi parlano, un giorno sì e l'altro pure, di segni ponderali micenei ed egei, di segni semitici no, neanche fossimo ancora con le leggi razziali; mi do da fare per far capire, prove alla mano, che il lessico nuragico dei documenti rispecchia una società di dominanti (semitici) e di dominati (indoeuropei del ramo occidentale) e che la lingua sarda “latina” di oggi, in buona misura, non è romanza ma quella antica nuragica (e che quindi aveva ragione il canonico Angius nell’Ottocento), e rispondono edificando nuovi altari per il Wagner (e la gogna per me che agirei come un Semerano isolano); faccio continui tentativi per sostenere che la stele di Nora è nuragica, porto dei documenti a sostegno (di nuovi ne ho portato assai di recente in una Conferenza a Pula) dove la famosa scritta è “Lui aba Shardan ('Lui Signore Giudice' ovvero Yahwhé)” e non “BI SHARDAN (in Sardegna)”, ma nessuno ne parla.
Anzi tutti sembrano preferire le interpretazioni (neanche le “ traduzioni”) di cinquant’anni fa e così il documento (stele votiva) del dio di Tharros (Tharshosh) e di Cornus (G/CORASH), realizzato dai Norani, resta “fenicio” per la gloria imperitura dei Fenici di Tartesso (mai esistita). Ma non lamentiamoci, altrimenti qualcuno, per romperci le balle, ci parlerà ancora, a ruota libera, di sardismo. Magari insinuando che chi è sardista non sarà mai uno scienziato “vero”. Guarda un po’ cosa ti elabora una certa nostra stravagante “politica ... della scienza”.
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