di Giuseppe Mura
In articoli precedenti, pubblicati da questo blog, ho presentato alcuni argomenti tratti da “Sardegna l’isola felice di Nausicaa”, volume che illustra la potenza nuragica nel Mediterraneo attraverso la rilettura delle fonti antiche paragonate con altre discipline scientifiche come l’archeologia, l’antropologia e la morfologia del territorio.
La ricostruzione dello scenario politico-economico del Mediterraneo esistente nell’Età del Bronzo, comprendente anche la Sardegna nuragica, proietta, come ipotizzo nei suddetti articoli, gli antichi Sardi in Egitto e nel Vicino Oriente (conosciuti come SRDN), nell’isola di Creta e in Anatolia (conosciuti come Cari-Fenici) e nella Grecia continentale (conosciuti come Pelasgi-Tirreni).
Ora, accettando l’esistenza, nel versante occidentale del Mediterraneo, di una cultura nuragica capace di competere con le maggiori potenze orientali nella navigazione, nelle costruzioni, nella produzione di manufatti in bronzo e nelle arti, è del tutto verosimile che tali potenze conoscessero la Sardegna e i Sardi in modo diretto o indiretto.
Mi riferisco in particolare ai Greci della cultura micenea, i quali testimoniano, tramite la tradizione orale messa per iscritto ad iniziare da Omero, dell’esistenza di una lontanissima isola felice che, a dispetto dei differenti nomi, risulta sempre collocata ai confini del loro mondo conosciuto, nel mare Oceano e al tramonto del sole. Tutte le narrazioni riferite a quest’isola felice la descrivono con ammirazione e con punte di struggente nostalgia, tanto è vero che il luogo diventa una delle mète favorite per i grandi eroi e per alcune divinità.
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Nella foto: Lekythos pestana a figure rosse rappresentante il giardino delle Esperidi, attribuita al ceramografo di Asteas, 350-340 a.C. (J. Paul Getty Museum – Los Angeles)
Caro Giuseppe,
RispondiEliminasarebbe bello se il tuo studio si rivelasse fondato ma credo che ci siano vari punti nei quali sei andato leggerino. Nel complesso l'idea è scorrevole e, apparentemente, suffragata dalle fonti. Ti auguro di continuare a trovare dettagli che si possano incastonare nel progetto che hai presentato.
A mio avviso il giardino delle esperidi rimane un mito da prendere come tale, così come Atlantide e vari altri temi proposti dagli autori del passato.
Per quanto la Sardegna possa avvicinarsi all'ideale di Platone, e alla descrizione degli autori che hai citato, credo che la ricerca sia ancora lontana dalla verità.
Ritengo, comunque, che autori importanti, anche moderni o addirittura attuali, abbiano proposto teorie che sono ben meno proponibili della tua. Nel gran calderone degli studiosi, per quanto il mio parere sia di scarsa importanza, hai conquistato un posto al sole, soprattutto per le citazioni e la bibliografia alla quale ti sei attenuto.
Gentile Pierluigi
RispondiEliminaMi rivolgo a te ma il discorso va esteso anche ai nostri corregionali.
La pietra nello stagno ultrapiatto va gettata anche nei nostri laghi, non solo in quelli altrui. Così, pur convinto della scetticità che avrebbe creato l'argomento, ho deciso di buttare il sasso.
Vedi, non è facile stralciare da un volume che intende fornire informazioni (anche incrociate fra loro) al lettore in modo progressivo affinché si renda conto del contesto generale dell'EdB, ambiente nel quale si svolsero i fatti narrati dagli autori antichi.
Tu parli di "progetto", termine che sottintende qualcosa di prefigurato e già definito; personalmente, invece, mi limito alla verifica delle fonti paragonandole all'archeologia, alla morfologia del territorio e all'antropologia; in questo modo quelle che inizialmente sembravano semplici intuizioni sono prima diventate seri indizi, quindi delle vere e proprie prove.
Sono stanco di vedere, in giro per il Mediterraneo, isole e luoghi "battezzati" con i nomi di Erizia, promontorio di Macride, lago Tritonide, fiume di Nausicaa e quant'altro: noi Sardi dobbiamo riappropriarci, oltre che del nostro glorioso passato, anche dei luoghi cha caratterizzavano l'isola felice degli antichi autori.
Per restare su un ragionamento generale ti propongo l'esempio di Tartesso: da oltre due secoli gli Spagnoli scavano invano in lungo e in largo la penisola iberica alla ricerca della misteriosa località. Ma non la troveranno perchè si sono intestarditi a cercare nelle coste o nella terraferma, mentre Tartesso va localizzata in un'isola.
Resterebbe loro la ricerca sulle Baleari, ma queste isole non hanno argento, fiumi e tantomeno laghi; inoltre essi sanno bene che, nell'EdB, nelle Baleari c'erano i Tartessici ... pardon, i Nuragici.
Recentemente lo stato spagnolo ha finanziato ingenti risorse per rilanciare le ricerche su Tartesso, vuoi vedere che i furbacchioni hanno capito cosa significherebbe, in termini di ritorni turistico-economici, annunciare a tutto il mondo il rinvenimento della famosa località?
E noi Sardi? Noi, purtroppo, in termini di vestigia archeologiche, disponiamo solo di qualche migliaio di ipogei e di villaggi, molte migliaia di nuraghi, qualche centinaio di tombe di giganti e pozzi sacri e... dimenticavo, una regione che corrisponde straordinariamente alla descrizione morfologica dell'isola felice di vari antichi autori. Troppo poco, davvero troppo poco per il Grande Azzardo: ipotizzare l'esistenza in Sardegna del Giardino delle Esperidi.
Un caro saluto
Giuseppe Mura
P.S. ti dispiace segnalarmi i punti nei quali sono andato "leggerino"?
Gentile Giuseppe,
RispondiEliminaho letto con interesse quanto hai scritto. Purtroppo per me non sono così addentro alle questioni per farti una critica o, ancora meglio, darti un valido supporto.
Ho letto pure le tue precisazioni a Montalbano e concordo con te al centouno per cento.
Mi viene in mente un episodio che appresi al congresso sardista di Portotorres: un vecchio reduce nascose per vent'anni la bandiera sardista sotto il letame, finché fu sicuro che non gliel'avrebbero più sequestrata.
I sardi sia mo fatti così, e così facciamo per la nostra storia, i nostri miti e anche i miti degli altri: li teniamo nascosti. Con la differenza che, come dici tu, altri tentano di appropriarsene, facilitati proprio dal nostro atteggiamento.
Tu hai gettato un bel sasso nello stano, ma ho paura che non ci siano neppure le rane.
Stiamo a vedere. Intanto vai avanti, e non sentirti solo.
continua
RispondiEliminaSeconda considerazione: perché “il mitico attacco ad Atene” se doveva essere “il corrispettivo di quello storico proveniente dall’ oriente”, Platone l’avrebbe dirottato dall’occidente e così lontano nel tempo? Perché era un poeta? Un sognatore? Non so se a sentirsi dare del poeta si sarebbe offeso. Sicuramente non avrebbe gradito l’ epiteto di sognatore.
Terza considerazione: le Colonne d’ Ercole. A mio parere (che, è bene chiarirlo, è il parere di un signor nessuno), il problema che un altro, molto meno “nessuno” di me, ha posto sulle Colonne, non è facilmente archiviabile in poche battute.
Già nella classicità, sulle Colonne e i suoi annessi e connessi, i punti di vista non erano unanimi, si rimaneva molto nel vago. Per fare un esempio che con Ercole ha notevoli contatti: uno solo fra gli scrittori classici poneva il Giardino delle Esperidi in Libia, verso Atlante (guarda, guarda). Tutti gli altri, contemporanei si intende o successivi, gli diedero torto, preferendo tornare all’antico e sistemando il Giardino a occidente sì ma aldilà dell’ Oceano.
È proprio sul cosiddetto oceano che bisognerebbe appuntare l’attenzione con gli occhi del Mito degli antichi Greci. Il Mediterraneo di Erodoto, solo per citarne uno,degli antichi, non era il mare di sei, settemila anni prima o anche meno, quello descritto dal mito appunto, a cui anche Platone faceva riferimento. Bisognerebbe dare uno sguardo alla batimetria dell’ Egeo e del mare di Sardegna, per rendersi conto di come può aver operato, sul profilo e sull’estensione delle terre emerse, l’innalzamento delle acque dovuto al progressivo aumento delle temperature alla fine dell’ultima glaciazione.
Sarebbe più facile rendersi conto che per gente abituata al piccolo cabotaggio, costa a costa, da un’isoletta all’altra, non ci sarebbe stato bisogno di arrivare fino all’attuale Atlantico per parlare di Oceano, sarebbe stato sufficiente affacciarsi sul Mediterraneo sud-occidentale. Dove si sarebbero potute collocare le famose colonne in quei 'frangenti'?
È indubbio che si parlasse di un mare che circondava tutte le terre conosciute, il favoloso Fiume Oceano, ma chi l’aveva mai visto di persona? Le notizie e le descrizioni viaggiavano anche allora ma per raggiungere l’Egeo e l’Anatolia, dovevano farne di strada, passando attraverso molte bocche e molte orecchie. Così, ho idea, che siano nati gli scenari che poi avrebbero fatto da sfondo ai miti più disparati. Guardare al mondo come lo vediamo oggi, per considerare solo l'aspetto geografico, ho paura che non ci aiuti gran che nell’interpretare il passato.
@ francu pilloni
RispondiEliminaringraziasu Francu pro s'aggiuru a 'no mi intendi solu.
Caro Franco, conosco lo scetticismo che circonda le eventuali novità che scaturiscono dalla ricerca storico-archeologica in Sardegna fatta in ambito locale, purtroppo anche da parte degli studiosi che non fanno parte del mondo accademico. In genere noi Sardi siamo sempre estremamente attenti a quanto dicono gli studiosi stranieri e trascuriamo quelli indigeni. A tale proposito, il Presidente Cossiga mi perdoni se uso uno dei suoi tanti sassolini: cosa sarebbe successo se la firma dell'articolo sul Giardino delle Esperidi fosse stata quella di Joseph Muratz di Francoforte, anziché quella di Giuseppe Mura di Siliqua?
Con simpatia
Giuseppe Mura
@ Giuseppe Mura
RispondiElimina@Pierluigi Montalbano
Quel che segue, dagli asterischi in poi (andrebbe letto prima del mio precedente), è un mio commento a un articolo di Massimo Pittau comparso il 17 agosto sul blog “Archeologia Nuragica” di Mauro Peppino Zedda. Ho letto questa mattina il commento di Pierluigi Montalbano all’articolo di Giuseppe Mura “Il Giardino delle Esperidi? A Cagliari.” e mi è sembrato, il commento al professor Pittau, adatto ad esprimere tutto il mio plauso a Giuseppe e il mio bonario disappunto nei confronti di Pierluigi. Ho dato già una volta del democristiano a Pierlu e mi sembrato che non avesse gradito. Me ne dispiace e cerco di chiarire il senso di quell’epiteto: lo ho usato come dalle mie parti si usa “aconciacollas” ad indicare una persona che cerca di far di tutto per mettere d’accordo cose inconciliabili nella convinzione di operare per il meglio. Anche questa volta, Pierluigi, dici: “Caro Giuseppe, nel tuo dire ci sono un cumulo di sciocchezze, ma non importa, sei un amico e vai avanti ugualmente.” La parafrasi è mia, si intende, se sbaglio correggimi.
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Che sulla stampa si strombazzi su Atlantide non è una novità. Soprattutto d’estate, quando le notizie tendono a illanguidirsi nella calura. Di Atlantide, comunque, si parlava ben prima di Guttebberg e della sua invenzione. Niente di strano: i miti, si sa, in genere sono molto antichi.
Vorrei fare, con tutto il rispetto, alcune considerazioni su un articolo del Professor Pittau, comparso su questo blog il 17 u.s. La prima: prendendo in considerazione il mito della ‘caverna’, il più famoso di Platone come giustamente dice il Professore, e quello di Atlantide, provo un senso di perplessità. Mi sembra di avere di fronte due cose diverse.
Il mito della caverna è parto esclusivo della mente del filosofo greco, non mi pare che esistono riscontri precedenti. Rilievi vari sullo “Stato ideale”, nonché miti ne esistono da quando esiste lo Stato. Mai stato, chiedo scusa per il bisticcio, ‘ideale’: ha avuto bisogno, da subito, di attenzioni e cure che lo riportassero alle ‘fondamenta’ non per niente ritenute sacre, a reintegrare, spesso, un mitico passato.
Continua
Sai Elio,
RispondiEliminanei miei commenti da democristiano nel più profondo dell'animo, pur essendo politicamente più vicino a Bossi e al suo federalismo fiscale, a Maroni e al suo "tutti i mafiosi saranno catturati" (per me è un morto che cammina e mi sorprende tutti i giorni vederlo ancora in buona salute in tv ad aumentare le statistiche di acchiappa-camorristi), e alla buonanima di Cossiga che era un tutore delle istituzioni, in questo caso specifico mi sento vicino a Giuseppe per validi motivi che sono lontani dal mio apparente "accontentiamoli tutti".
Ecco cosa penso sull’argomento presentato da Giuseppe:
1) ha condotto uno scritto interessante che riguarda la storia della Sardegna.
2) ha citato autori e scritti che apprezzo.
3) Non ha fantasticato su alieni, ufo & C., conquistando la mia attenzione. Per questo motivi particolare non ho preconcetti nel leggerlo.
4) Ha inserito ritrovamenti archeologici e li ha contestualizzati.
5) E' stato propositivo ed educato.
6) Non si è nascosto in facili argomentazioni.
7) Condivido alcuni punti della sua ricerca, e nello specifico i riferimenti alle ricchezze sarde, alle certe capacità marinaresche, alla localizzazione strategica della nostra isola, e...soprattutto...al fatto che gli studiosi che hanno dato una spiegazione sull'identità dei costruttori di nuraghe ancora brancolano nel buio e propongono tesi che fanno acqua da tutte le parti (non faccio l'elenco perché ne parliamo da mesi e la situazione è sempre al punto di partenza).
Ho affermato nel mio post di risposta a Giuseppe che sono convinto che di miti si tratta, ma non trascuriamo la possibilità che la tradizione orale (successivamente trasformata in letteratura) sia stata foriera di verità. Anche se mercanti, pescatori e cacciatori oggi ingigantiscono le gesta che raccontano, ritengo che nel passato ci fosse l'abitudine di tramandare con più correttezza le "avventure" degli antenati.
Mi sento dunque di promuovere il coraggio, l'esposizione corretta, l'utilizzo di fonti e bibliografia serie e...ribadisco l'augurio a Giuseppe di proseguire con altri tasselli che aiutino nella comprensione di alcuni periodi della nostra storia.
Riguardo la mia "apparente" diplomazia invito chi non mi ha ancora visto "live" al convegno nel quale dimostrerò la datazione dei guerrieri di Monte Prama. Il 24 a Li Punti e il 28 a Teulada.
@ Giuseppe
Sei andato leggerino nelle argomentazioni che hai proposto a proposito
. della tradizione orale dei greci micenei,
. nella frase “gli antichi Sardi in Egitto e nel Vicino Oriente (conosciuti come SRDN), nell’isola di Creta e in Anatolia (conosciuti come Cari-Fenici) e nella Grecia continentale (conosciuti come Pelasgi-Tirreni)”
.nella morfologia di Cagliari (preferisco pensare che Tartesso fosse un vasto territorio costiero ubicato lungo le coste occidentali sarde, da Arbus a Bosa, passando da Tharros nel cui golfo c’è la foce del Tirso…che parte dal Gennargentu: troppi nomi che riportano a Tartesso)…(e così accontento anche Elio che pensa che preferisco non sbilanciarmi).
Inoltre, all’epoca raccontata da te, il Golfo di Cagliari era molto differente da quello visibile oggi: il mare penetrava con canali appositi fino alle zone minerarie e la navigazione all’interno seguiva percorsi conosciuti dai bravi marinai nuragici che “pilotavano” le barche fino alle località nelle quali venivano accumulate le derrate e i prodotti da inviare oltremare. (Pensa ad una situazione simile a Mozia, in Sicilia).
Per Sa Illetta, sempre a mio parere, hai visto bene (anche se per altri motivi).
Preferisco approfondire questi discorsi di persona o, se preferisci, mandami una mail.
@ Pierluigi Montalbano
RispondiEliminaCredimi, Pierluigi, mi piace punzecchiarti ma ti sono amico. Una cosa, piuttosto non ho capito: rispetto a chi, sei, politicamente, più vicino a Bossi, a Maroni (che vorresti vedere morto), a Cossiga (che Dio l'abbia in gloria)?
Diciamo che la Sardegna sarebbe messa bene nel caso si attuasse il federalismo fiscale, quindi spero che Bossi riesca nel suo intento. I problemi sarebbero di quelle regioni che utilizzano soldi pubblici ed evitano di produrre ricchezza. Non mi piace parlare di politica ma vorrei sapere perché, ad esempio, una iniezione che viene pagata 1 Euro in Lombardia deve costarne 10 in alcune regioni del sud. La sanità in Sardegna funziona bene (statisticamente rispetto alla media italiana) e il federalismo non ci penalizzerebbe, sarebbe, anzi, il primo passo verso nuove mete. Le regioni del nord hanno tutte le ragioni di voler trovare più qualità nel rendimento economico delle regioni del sud. E' una questione che si trascina da troppo tempo e bisogna in qualche modo rimediare. Continuo con l'esempio dell'iniezione: se le regioni virtuose si prendessero il carico di un 10/15% del maggior costo del sud (è un'ipotesi per spiegare il mio pensiero), le regioni deficitarie si troverebbero nella situazione di dover pagare di tasca il restante 85% di costo aggiuntivo e dovrebbero rimboccarsi le maniche per migliorare la propria condizione qualitativa. Oggi, invece, il 100% del costo è a carico di chi produce reddito. Mi pare che alla lunga abbiano ragione ad essere incazz...
RispondiEliminaTieni conto che non sono esperto in queste materie, e preferisco rimanerne alla larga, ma quando pago le tasse sarei felice se andassero a coprire costi in Sardegna, e non, come a volte accade, a sanare i conti di regioni inefficienti che magari hanno lavoratori in nero pomeridiani (regolarmente retribuiti per il lavoro che svolgono la mattina) che tolgono il pane a chi è alla ricerca di un primo impiego. E la finisco quì perché preferisco parlare di storia.
@ Elio
RispondiEliminaElio, forse sei stato troppo cattivo nell'interpretare il pensiero di Pierluigi, come vedi ha poi commentato diversamente, anche se nel suo intervento lascia la netta impressione del maestro che da del "bravino" allo scolaro.
In realtà, come sostengo in altri commenti, la posta in gioco sull'identificazione dei luoghi felici dei Greci è molto alta e lo dimostra proprio l'ingente finanziamento stabilito dal governo spagnolo solo sulla questione Tartesso.
Ma il bello di tutta questo vicenda è che il discorso non si ferma al Giardino delle Esperidi e a Tartesso, ma si estende anche ad altri luoghi dell'isola dei miracoli dell'antichità, tutti, a detta delle fonti, concentrabili nella medesima regione, compresa la fantomatica città "cerchiata" di Atlantide.
Ti sei imbarcato a parlare di Colonne d'Eracle, che si moltiplicavano con l'estenzione delle conoscenze geografiche dei Greci. Qui siamo fuori tema, comunque "clicca" su "precedenti" del post originale sul Giardino: vedrai la copertina del mio libro con due belle Colonne, quelle di Platone, che a mio parere erano collocate proprio nello stretto di Cagliari che conduce alla laguna di Santa Gilla.
A si biri sanusu
Giuseppe Mura
@ Pierluigi Montalbano
RispondiEliminaIntanto ti ringrazio per l'attenzione prestata al mio articolo e per gli auguri.
Farò il possibile per essere a Teulada il giorno 28, sono proprio curioso di sentire le eventuali novità in termini di datazione dei Giganti di Monte Prama.
Il termine "leggerino", da te utilizzato per definire alcune parti del mio articolo, lo devo rispedire al mittente con lettera raccomandata: infatti è la tua lettura, forse fatta troppo in fretta, che si dimostra "leggerina".
. stiamo parlando di un semplice articolo, anche se piuutosto lungo. La tradizione orale dei Greci è un fatto acquisito e dimostrato scientificamente, non era certo il caso di tediare l'eventuale lettore ricordandoglielo
. il discorso sugli antichi Sardi in Oriente l'ho chiarito all'inizio, ricordando i precedenti articoli basati esclusivamente su tali argomenti
. le tue preferenze sull'identificazione di Tartesso mi lasciano perplesso, specie quella sul Gennargentu, guarda che le miniere col più alto tenore d'argento sono quelle del Sulcis-Iglesiente, e risultano sfruttate dall'EdB. Inoltre, i tuoi canali navigabili sino alle miniere, mi ricordano troppo quelli di Atlantide, vedi di non esagerare con le opere ciclopiche! In ogni caso vedo che sei d'accordo nel far rientrare la misteriosa località in Sardegna.
. con Sa Iletta diventi nuovamente ermetico, ma non era questo il luogo dedicato alla discussione?
Stammi bene
Giuseppe Mura
Forse hai ragione Giuseppe, in effetti ho letto l'articolo solo una volta e l'attenzione non era al massimo. Vedrò di approfondire e magari ne parliamo a Teulada.
RispondiEliminaLa prima novità che proporrò al convegno sarà la cronologia che, come ho già scritto in altri post, è da inquadrare fra 950 e 850 a.C, quindi il periodo si riduce a 100 anni al massimo.
Un'altra notizia che esporrò sarà il committente, decisamente nuragico.
Su Tartesso l'unica mia certezza è che non si trova sul Guadalquivir. Qualche mese fa ho partecipato per la 4° volta in un anno agli scavi a Siviglia (e dintorni) e ti assicuro che da quelle parti non c'è traccia di insediamenti riferibili a Tartesso.
Ritengo la Sardegna occidentale molto più indicata a rispondere ai requisiti richiesti.
@ Pierluigi Montalbano
RispondiEliminaSono proprio curioso di sentire la tua opinione a proposito di "Sa Iletta", anche perchè il ruolo che assume l'isoletta di Cagliari, presso gli autori antichi, non si limita al ruolo di Erizia-La Rossa che ospitava il Giardino delle Esperidi.
La cronologia che proponi per Monte Prama trascina inevitabilmente tutta una serie di conseguenze: attrezzati bene per dare risposte convincenti.
Adolf Schulten, sin dal 1919, ha scavato le foce del Guadalquivir, dove era convinto di trovare la sua Tartesso-Atlantide, praticando una vasta trincea profonda sette metri.
Lo scavo restituì molti aggetti antichi, ma nessuno di questi apparteneva all'EdB, eppure gli Spagnoli continuano imperterriti nella ricerca.
La tua collocazione di Tartesso nell'oristanese corrisponde a quella ipotizzata da Gigi Sanna: penso che contenga alcuni elementi a favore, ma non quelli decisivi; in ogni caso, vedrai che riusciremo a riportarla in Sardegna.
Non solo, quando Tartesso rientrerà finalmente nell'Isola, quanti luoghi felici trascinerà con se!
Giuseppe Mura
P.S. Il 28 a Teulada, dove e a quale ora?