di Francu Pilloni
Credere agli UFO è una scelta personale che non intacca la realtà delle cose terrene, ma l’interpretazione che si fa di essa sì. Del contatto degli Umani con Entità evolutesi in ambienti non terrestri ci sono prove e testimonianze quante per il Diluvio, perse e allocate ormai nell’immaginario collettivo delle diverse civiltà alternatesi sulla faccia della Terra.
Mio nonno, pastore di pecore a pascolo brado vagante e dunque signore del suo tempo, diurno e notturno, ma non padrone della propria fantasia, diceva che un tempo arrivarono in paese degli uomini che nuotavano nell’aria meglio di quanto egli stesso facesse nell’acqua.
“Avevano gli occhi chiari (ogus braxus diceva) e la pelle bianchiccia quasi trasparente, come una stearica. Per questo si beccarono subito il soprannome di Pandèlas, candele, senza per altro che se l’avessero a male. Parlavano poco fra loro e non recavano danno ad alcuno anche se presto si misero a fare e disfare a modo loro su tutte le cose del paese. Il fatto strano fu che nessuno protestò, perché le cose risultavano sempre ben fatte, o almeno così sembrava a tutti i paesani. Presero moglie e fu una gran fortuna anche per le poche racchie, le vedove e le due acide del paese, perché non erano schizzinosi quanto all’aspetto fisico, per loro tutte erano belle o forse nessuna ai loro occhi, almeno come noi siamo abituati a qualificare. Dall’unione (non credere che siano andati all’Ufficio a segnarsi!) nacquero dei bambini che in paese chiamarono pandelèddas (candeline), alcuni dei quali impararono subito a volare, altri non riuscivano a rotolate giù neanche dal pendio più ripido della collina. Insomma, qualcuno era intelligente, la maggioranza tonti come muridìnas (come tondeggianti mucchi di pietre). In paese cominciarono a distinguere le Pandelas Allùttas (candele accese), da quelle Istudàdas (spente)”.
E come andò a finire?, chiesi io che non vedevo l’ora che arrivasse in fondo.
“Andò a finire che le poche “Candele Accese” comandarono sugli altri e andarono a comandare anche negli altri paesi vicini e poi in quelli più lontano fino a Cagliari e ancora più lontano. Qualcuno dice che si misero a comandare in tutto il mondo. Il bello è che, anche prima che morissero, li facevano santi”.
Santi? Santi come? Santi come mai?
“Sì, anche se sapevano nuotare nell’aria, i fratelli Pandelas Istudadas li portavano in alto sopra sa cadìra de su santu (la portantina che usa per portare il santo in processione). Tu lo sai che prete Fenu ha detto che il Papa di Roma lo portano ancora così? Allora, se è vero, anche lui è una Pandela Allutta. Io non ci credo. Vorrei tanto vedergli la pelle…”
Sin qui, mio nonno. Crescendo, con evidenza e con naturalezza, non prestai fede alle fantasie del vecchio, anche perché la sedia gestatoria è caduta in disuso con papa Giovanni Paolo II. Anzi me ne scordai del tutto sino a che, nei telegiornali, ho notato come i nostri Pandelas Alluttas camminano per strada, con quattro e più Pandelas Istudadas che gli stanno a fianco, davanti e dietro, come sediari di una immaginaria cadira de su santu. Insomma, le civiltà finiscono, le tradizioni resistono. Mutano, ma resistono.
E i Sardana? Che c’entrano costoro?
Basta ricordare in che modo viene descritto il ritorno di Ulisse dall’isola dei Feaci-Sardinia, a come i popoli, dagli Etruschi agli Apulii, chiedessero un re ai Shardana affinché li governassero. Chiaramente erano Pandelas Alluttas, extraterrestri o discendenti diretti.
Ma oggi?
Oggi è come ieri, direbbe mio nonno, se fosse ancora vivo e ascoltasse i telegiornali perché leggere non sapeva: per esempio, i lavoratori di Pomigliano, come Pandelas, sono Alluttas o Istudadas? E quelli siciliani? E quelli sardi?
Di sicuro è Pandela Allutta colui che istituzionalmente difende i lavoratori, ma intanto predice che comunque chineranno la testa.
Mio nonno direbbe che il sindacato italiano si è oggi ridotto a un’enorme confraternita intenta a trasportare a spalla tutte le cadiras di tutti i santi del mondo.
E qui la mia Pandela, che se mai fosse stata Allutta, ha sempre vissuto cun pampa tremi-tremi, con fiamma tremolante, ha preso il vento.
Signor Pilloni,che bella favola ha raccontato,mentre la leggevo mi sembrava di essere una bambina piccola,piccola che sognava;Grazie
RispondiEliminaLei mi onora con le sue parole, signora Grazia: raccontare contus e paristorias è un'arte antica che ho appreso da mio nonno e da mio padre.
RispondiEliminaPurtroppo per me io non sono alla moda perché, mentre volo con la fantasia dentro la favola, non distolgo lo sguardo dal mondo. Per questo le mie favole non hanno l'uscita a lieto fine: se solo mi riuscisse, rassicurerei la gente, i potenti, le istituzioni e, forse, troverei tanti lettori pronti a comprarle.
Dire che la crisi non c'è, per esempio, che se ne esce bene, noi meglio di chiunque altro, beh, a me non riesce di dirlo, neanche nelle favole.
Questo, guardi bene, è il mio più grosso limite. Lo so, ma sono come la quercia: non smetto di produrre ghiande che vanno bene per i cinghiali.
Mi metessi a far castagne, anche false...
Anima mia libera!
RispondiEliminaSe di balla si trattò, fu di mio nonno che, posto in una buca scavata in piena terra con bara d'abete oltre 40 anni fa, neanche i carabinieri lo trovano più.
Mi piace il tuo consiglio: dovrei scrivere un libro, sono maturo al punto giusto.
Devo riscrivere il primo? o comincio dal decimo?
Una casa editrice di terraferma sentenziò, oltre 10 anni fa, che a 56 anni ero troppo vecchio perché potesse "investire" su di me. Avessi scritto pure una Divina commedia!
Qui a Firenze piove e leggere la sua risposta e quella,simpatica,i Atropa belladonna mi fanno immaginare un raggio di sole,che belle persone siete!Signor Pilloni,quello che ha scritto della quercia e delle ghiande è stupenda!Forse sono un pò presuntuosa,ma sento,da poche parole,quando le persone sono belle e ricche nell'animo,e, in questo momento storico,ho bisogno di aggrapparmi a tutto ciò che è positivo.Un grosso abbraccio a voi
RispondiEliminaLungo la costa della Sardegna si trovano un gran numero di torri di pietra. Si innalzano fiere verso il cielo terso, dall’arenile sabbioso o dai tacchi rocciosi a picco sul mare un tempo solcato dai bellicosi Shardana. Sono costruzioni sulle quali, fino a ora, nessun archeologo ha detto la sua. Questo articolo vuole sfatare un mito e rivelare la vera storia del popolo sardo di Atlantide.
RispondiEliminaÈ provato che Atlantide fu sommersa nel 10.500 avanti Cristo. Proprio a questo periodo risalgono le torri di cui si è scritto. La prova è nell’orientamento astrale delle torri che risultano tutte disposte con l’ingresso a sud, a eccezione di quelle che ce l’hanno a nord, a est e a ovest. Tracciando una linea che dall’ingresso si dirige verso l’alto e poi piega ad angolo retto si nota che la linea arriva alla costellazione del Sirbone. Non dove si trova oggi, ma dove si trovava nel 10.500 avanti Cristo. Ched’è lo stesso orientamento della Grande Piramide di Giza.
Ma ci sono altre prove che ci portano alle più remote epoche dell’uomo di Atlantide nella Nostra Isola. Prima di tutto la tecnica costruttiva. Se si osservano bene le torri, si può constatare che la loro tecnica costruttiva è diversa da tutte le altre costruzioni della Sardegna. Non sono i nuraghi, perché quelli sono fatti di pietre basaltiche, che qui non ci sono. Non sono le chiese giudicali perché quelle mostrano il segno della croce che qui non c’è, tranne in un caso. Solo nella torre di Tzricoccu si vede incisa una croce, prova che molto dopo divenne una chiesa dei Templari.
Resta il mistero del popolo che costruì queste torri. Esse non presentano nessuno dei caratteri delle costruzioni del 10500 avanti Cristo. Però sono costruite con una tecnica sofisticata e all’avanguardia: conglomerato cementizio di natura sconosciuta, molto resistente. Frutto delle avanzate conoscenze del popolo di Atlantide. Nella torre di Piricoccu si può leggere il resto di un’iscrizione dipinta: VAFF... più alcune lettere cancellate. Molto interessante, perché V sta per Vau antico segno indoeuropeo, A è assimilabile all’ebraico Delta dei popoli cananei, mentre la ripetizione FAN FAN resta un aspetto da indagare più a fondo.
Su queste torri il silenzio dell’accademia è assordante. Nessuno dei cosiddetti archeologi che vanno per la maggiore si è degnato di dedicargli attenzione. Su di esse grava la congiura della colpevole dimenticanza di una delle testimonianze più notevoli della Nostra Storia.
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RispondiElimina@ Francu
RispondiEliminaPerdona se ho lasciato una cacca di mosca nel tuo articolo. Ne ha lasciate una ventina sparse in tutto il blog. Sarà un divertimento per la polizia postale a cui consegnerò, ben deodorati, questi escrementi.
Ma tu pensa quanto possa essere idiota la domenica di un idiota, passata a infestare un blog
Ma cosa vogliono dire tutti questi commenti eliminati e da chi?GFP mi pui spiegare tu,visto il tuo commento finale?Ma è gente che offende?Allora c'è un pò di gente,diciamo,insulsa?
RispondiEliminaUn amico, un po' avanti con gli anni, si era fatta un'amante. E però si lamentava con gli amici dicendo: "Quando vurrìa, no putrìa; ora che putrìa, no vurria".
RispondiEliminaA qualcuno succede la stessa cosa con l'ironia "ched'è" un'amante capricciosa, sfuggente.
Quando uno che ha atteso a pulire la stalla si presenta in salotto a prendere il caffè, si lavi almeno le mani e si pulisca le scarpe. Sennò si sentirà la sua puzza anche nel caffè.
Quanto all'isola dei Feaci, cara Aba, mi piace da morire come favola, non fosse altro perché pare la Svezia degli anni '50-'60, quanto a libertà sessuali, com'era nell'immaginario collettivo dei giovani sardi i quali uscivano a passeggio con fidanzata e cognata a seguito. Se poi fosse pure realtà...
Caro Francu,
RispondiEliminaperchè dobbiamo farcele arrivare sempre da fuori tutte queste pandelas, allutas o istudadas chi siant? Il bello è che, in fin dei conti, tutti ne siamo soddiffatti. Almeno a sentire tuo nonno, facevano e disfacevano a loro piacimento e nessuno diceva bah. C'è da pensare che continuino a farlo, generando di continuo pandeleddas allutas e istudadas.
E' mai possibile che nessuno riesca a soffiarci sopra spegnendole una volta per tutte?
Fiore di garriga che dispensa morte, tu la sai più lunga di quanto voglia dare ad intendere.
RispondiEliminaVedremo comunque se e quanto durerà il silenzio.
Un bacio.
Oggi, o forse ieri sera, Pandela Allutta Marcegaglia ha detto che si aspetta "responsabilità" dai lavoratori di Pomigliano.
RispondiEliminaE lo credo!
Chi si farebbe trasportare due metri sopra il suolo da portatori irresponsabili?
Caro Elio, non so se e quanto tu hai ragione per quanti vengono da fuori.
Nella prefazione a S'Isula de is Canis/L'Isola dei cani, ricordo di aver scritto qualcosa a proposito della propensione degli isolani, Cani o Uomini che siano, ad aspettarsi ogni giorno "novità" dal mare. Forse non ti sei mai perso a guardare all'orizzonte con i piedi nella risacca?
E' un comportamento stagionato e inconsapevole (guarda che vocaboli da Cane mi vengono in mente!), come sbadigliare durante un sermone domenicale dove qualcuno ti spiega quanto tutti hanno capito o, certe volte soltanto, cerca di spiegare agli altri ciò che non ha capito neanche lui.
Cara Aba, in altro post confessavo di avere la propensione a perdonare tutto a tutti, di fronte al minimo sintomo di ravvedimento. Vuoi che m'irrigidisca proprio con te?
Io so bene che certe cose che scrivo sono da prendere e da buttare, oppure da mettere in tasca, perché non vale la pena o non c'è proprio nulla da aggiungere. Come un ciottolo che trovi nel greto di un torrente: lo raccogli, lo guardi, poi decidi se buttarlo dov'era o metterlo nel tascapane.
Io penso, anzi ne sono convinto, che è più ragionevole buttarlo, ma se te lo porti appresso, non conservi solamente un sasso, bensì i tuoi pensieri, quelli che sono corsi a vederlo, a distinguerlo in mezzo a mille, a guardarlo. E' come conservare un test di Rorschac.
Signor Pilloni,ora le devo fare una dichiarazione d'amore,scherzo,ma di ammirazione incondizionata per la poesia delle sue parole"ciottolo trovato nel greto del torrente ect"sono le stesse sensazioni che provo io quando prendo un sassolino o un pezzo di legno durante le mie passeggiate al mare.Sono un'emotiva,un pò esagerata,e le sue parole entrano subito nel mio cuore,facendomi provare belle sensazioni,quindi la ringrazio.
RispondiEliminaSignora Grazia, lei sta sfidando GFP il quale ha paura che il suo blog perda di credibilità, se lei, Aba ed io continuiamo a farci le carezze verbali.
RispondiEliminaSenti, GFP: meglio le nostre sviolinate che certi "escrementi", come li hai chiamati tu. O no?
E allora, perdonaci e lasciaci andare avanti, visto che ci facciamo solo del bene.
Allora Grazia, prendo atto del suo affetto e taccio per coerenza, essendomi dichiarato perdutamente innamorato di Aba qualche mese fa.
Se lei è particolarmente sensibile, significa che è un'anima grande. Si fidi di quanto dico, anche se non sono un'autorità in materia. E sappia che quando moriremo, con noi porteremo "di là", che può essere anche un "qua" molto vicino, solamente le emozioni. Dunque abbia fede (in me, naturalmente), perché se dovessimo morire senza che ci fossimo incontrati, com'è probabile, quando saremo "di là" e lei di fronte a uno sconosciuto proverà le stesse emozioni che ha provato leggendo le mie parole, bene, stia pur sicura che saremo una di fronte all'altro. Allora potrà baciarmi, se vuole, anche soltanto la mia mano da prete. Guardi però che che dovrà dirmi anche il suo nome e cognome, perché io non la confonda con lo stuolo di ammiratrici che mi porto appresso!
Come vede, cara Grazia, mi piace scherzare e costruire favole anche intorno a me, coinvolgendo, di volta in volta, persone del tutto innocenti e in buona fede.
Come capisco il suo amore per Aba,anche lei deve essere,veramente una bella persona,quindi amatevi pure,io non sarò gelosa,anche perchè sono una vecchietta di 67 anni.Ora GFP ci strozzerà tutti e tre;da domani saremo meno"strducciolevoli",va bene?Medas augurios e...basos a bois
RispondiEliminaDa domani forse, cara Grazia.
RispondiEliminaMa fino a che non tramonta il sole, ci consideriamo in libera uscita.
Se lei è una vecchietta, io sono un giovine di 68 anni: avessimo frequantato le stesse feste paesane, chissà quanti "passus torraus" o "medianas a pipia" ci saremmo fatti al suono delle launeddas!
Aba, guardi, sarà nata quando io avevo terminato il servizio militare: lei tace per buona creanza.
Ma se tornassi indietro, le confesso che avrei voluto dieci mogli e dieci amanti per poter amare ogni aspetto della personalità femminile che non si rivela mai in nessuna donna singolarmente.
Adesso, cara Grazia, penserà che sono andato oltre: ebbene sì, lo confesso, sono proprio andato oltre, anche più in là di quel 36% che non china la testa, che non crede né a Marchinne, né a tutte le Pandelas Alluttas del sindacato.
Certe volte esagero, lo ripeto: me ne accorgo e non mi pento.
Perché?
Perché sono imperfettissimo e me ne vanto.
E per favore, sia gelosa almeno un poco, altrimenti non le credo.
Gianfrà,lo prometto,ancora non è tramontato il sole,quindi faccio l'ultima sviolinata,dai concedicela!Signor Pilloni,mi dispiace,non posso essere gelosa( e lo sono stata,a suo tempo,in maniera ossessiva ma silenziosa)perchè le persone belle ,nell'animo, sono e devono essere libere e di tutti.Se non è una sviolinata questa!!?Com'è bello prenderci un pò in giro e scherzare con leggerezza.
RispondiElimina@ Atropa
RispondiEliminaPotenza delle evocazioni. Il sogno, rende di più 'su bisu', l'ho fatto nuovamente, non appena ne hai accennato.
Solo che si è presentato un tale per comunicarmi che Norace è in ferie e siccome il desso era in reperibilità, avrei dovuto accantentermi della sostituzione.
Si è presentato dicendo di chiamarsi Menir (senza la h) che dovrebbe essere l'acronimo di non ho capito bene cosa, c'era qualche disturbo in 'su bisu'.
Mi ha raccontato una storia che risale al neolitico e di due Sardegne che in quel periodo si sarebbero formate: una Sardegna dei pascoli e una Sardegna del grano.
La storia, o paristoria, è lunghetta e avrei bisogno di un articolo se Gianfranco me lo concederà.
A presto.