Non è vero che le Soprintendenze archeologiche della Sardegna non parlano di quanto fanno. Ieri, il soprintendente per Sassari e Nuoro, Bruno Massabò ha convocato i giornalisti per una conferenza stampa. Quando l'ho saputo ho sentito un sottile brivido: vuoi vedere che si vuole rispondere alla lettera mandata, a nome di un migliaio di persone, sabato alle 12.40, per sollecitarlo a una risposta ai quesiti sulle tracce di scrittura in alcuni reperti nuragici?
Così non era, ma va bene lo stesso perché il dr Massabò ha consegnato alla stampa, e quindi a tutti, noi una serie di importanti informazioni. Il soprintendente – riferisce La Nuova - ha annunciato che il museo Sanna di Sassari, dopo venti anni di attesa, entro la fine dell’anno avrà una rinnovata sezione etnografica, nella quale saranno esposti circa 30 splendidi costumi sardi. Entro l’anno sarà allestita anche una sui ritrovamenti archeologici più recenti. Nel padiglione Clemente del museo sarà sistemato un percorso espositivo con i più significativi reperti emersi tra restauri e ritrovamenti, per la maggior parte mai esposti.
Che sia un modo come un altro per dire che presto potremo vedere la Barchetta fittile di Teti e il Coccio di Pozzomaggiore, di cui nella petizione si chiede conto? Certo, della barchetta non si ha notizia da quindici anni e quindi ritrovamento recente non è, ma nessuno starà lì a sottilizzare. Basta che la si possa vedere e, chi sa?, anche studiare.
Un'altra notizia ha dato il soprintendente: se la politica del governo sui beni culturali continua così com'è, nel giro di pochi anni, messi in pensione gli attuali addetti, la Soprintendenza si troverà senza personale. Gli attuali funzionari si avviano quasi tutti verso i sessanta anni e, bloccato com'è oggi il turnover e le nuove assunzioni, gli uffici resteranno vuoti. Come non essere solidali con questa denuncia? Una ragione di più - ma questo non lo si può pretendere da un funzionario dello Stato - perché sia la Regione sarda ad occuparsi dei suoi beni archeologici e culturali in genere. Naturalmente, le nostre classi dirigenti dovrebbero capire che la cultura può produrre economia. E la cosa, oggi come oggi, mi pare leggermente in salita. Comunque si può sempre sperare che, messe alle strette, politica, forze sociali e intellettualità riescano a svegliarsi. Come si dice: s'apretu ponet su betzu a cùrrere.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina