di Francesco Casula
Da almeno un ventennio oramai la Questione
sarda – e con essa l’intera Questione meridionale – è stata derubricata
dall’Agenda politica dei governi italiani: del centro sinistra come del centro
destra. Segnatamente quest’ultimo del tutto subalterno alla retorica
neo-nordista della Lega. Non è un caso che tutti gli indicatori economici e
sociali ci dicano che il divario Nord/Sud (a livello di PIL come dell’occupazione
e dei Servizi) invece di diminuire, aumenta drammaticamente, seminando nuove
povertà e disoccupazione, ormai a livelli non più tollerabili. Creando, di
fatto, due Italie: una relativamente ricca e sviluppata e un’altra, sempre più
povera e sottosviluppata.
Insomma quelle due Italie prodotto dell’Unità,
che ha spinto storici e intellettuali a parlare di: ”Unità d’Italia, nascita di
una colonia” (è il titolo di un saggio storico del meridionalista calabrese
Nicola Zitara). Occorre situare dentro questo contesto l’approvazione nel
Consiglio regionale dell’ordine del giorno sardista in merito all’avvio di “una
sessione speciale di lavori aperta ai rappresentanti della società sarda, per
la verifica dei rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile con lo
Stato, che dovrebbero essere a fondamento della presenza e della permanenza
della Regione Sardegna nella Repubblica italiana”.
Ad approvare la delibera partiti
tradizionalmente “statalisti” o comunque unitaristi e non sospettabili di
simpatie indipendentiste: fra cui Sinistra, Ecologia e Libertà, il Partito di
Di Pietro, esponenti dell’UDC, dell’API, dello stesso PDL. A dimostrazione che
la misura è ormai colma. Che ci troviamo di fronte uno Stato inadempiente. Con
Governi in cui “agli oligarchismi «grembiulati» di Gelli” si sono succeduti
“gli oligarchismi dell’aristocrazia accademica e finanziaria del Governo
Monti”: le espressioni virgolettate sono contenute nella illustrazione
dell’ordine del giorno da parte di Maninchedda. Uno Stato che ha ucciso la Sardegna
– prima col fisco piemontese e adesso col fisco italiano, definito dal
Presidente della Corte dei Conti, – ricorda Maninchedda – “ingiusto,
inefficace e punitivo per gli onesti”.
L’esponente sardista ha proseguito affermando
che “L’Italia ha costretto la Regione Sardegna ad essere l’unica Regione in
Italia a finanziare una strada statale…L’Italia, con l’accordo del 2006, ha
vigliaccamente imposto alla Sardegna di farsi carico del suo svantaggio
geografico, gli ha caricato la continuità territoriale e il trasporto pubblico
locale, e quando ha concesso il trasporto pubblico locale alle altre Regioni
d’Italia dando loro anche i soldi, glieli ha dati fuori dal Patto di stabilità
mentre noi siamo ancora con il trasporto pubblico locale compreso nel Patto di
stabilità”. Difficile non convenire.
Meraviglia perciò il fatto che l’intero Pd non
abbia votato l’ordine del giorno, nonostante le sue affermazioni “sul sardismo,
l’orgoglio nazionale, la sovranità responsabile”. Ha perso l’occasione per la
costruzione di un vasto e variegato movimento territoriale e identitario in
grado di contrapporsi oggi alle inadempienze dello Stato e, domani per
costruire, un diverso e più avanzato status istituzionale e costituzionale per
la Sardegna.
Pubblicato anche su Sardegna Quotidiano
di oggi
Sono anch'io contento della approvazione di questo ordine del giorno e della trasversalità con cui questo è avvenuto. Certo, ci sono contraddizioni notevoli nei partiti che hanno proposto e approvato e in quelli che si sono opposti. Il Pdl avrebbe potuto da tempo mostrare la sua volontà di cambiare il rapporto fra Sardegna e Italia: ha da anni a disposizione una proposta di statuto “sovranista” da esso liberamente accettato e approvato e non ne ha fatto di nulla. Sel e Italia dei valori hanno chiuso un occhio sulla loro ispirazione centralista, forse perché tutto va bene pur di contrastare il governo Monti. Api, Fi e Udc non possono far dimenticare di essere Partito della Nazione (italiana, naturalmente). E dall'altra parte, i Riformatori sardi sono fortissimi nel denunciare il governo e lo stato accentratori, ma per ragioni di polemica interna al proprio schieramento tentano il dispetto nei confronti degli alleati. Il Pd... beh, il suo no è davvero incredibile, quasi quanto quello di quanto resta dei Rossomori. Tutto è giocato su una isteria anti-destra a corrente alternata e, secondo quella ipertrofica autoconsiderazione, sulla presunzione che spetta ad esso decidere se e quando approvare documenti e provvedimenti insieme all'odiato nemico.
RispondiEliminaAnche per questo, per questa sequela di contraddizioni, quell'ordine del giorno è una buona cosa.
Questa "approvazione nel Consiglio regionale...in merito all'avvio di 'una sessione speciale di lavori aperta ai rappresentanti della società sarda,...'" mi colora tutto di rosso. E non è il rosso degli stendardi che sventolano nelle piazze e davanti i "Palazzi", è il sangue che premendo verso l'alto mi arrossa la vista.
RispondiEliminaChi sono "i rappresentanti della società sarda"? Sembrerebbe di capire, coloro che dovrebbero sedere in "una speciale sessione dei lavori", non solo per verificare "i rapporti di lealtà istituzionale, sociale e civile con lo Stato" ma, addirittura "la presenza e la permanenza della Regione Sardegna nella Repubblica italiana".
Per quale motivo questi non meglio identificati Signori, assieme ai Consiglieri Regionali, sembra sempre di capire, dovrebbero prendere cotante decisioni? A nome di chi e a che titolo si assiderebbero e prenderebbero decisioni?
"Ma come, mi si dirà, i rappresententanti non sono quelli del mondo del lavoro, di quello dell'imprenditoria e della cultura (già farne tre mondi puzza d'imbroglio)? Ma siamo generosi e ci mettiamo anche quello del volontariato, cosa vuoi di più?"
Dalle mie parti si dice: "est cumenti a intregai is pudhas a mrexani" Eh no! Prima di "assidersi" me lo devono dire cosa ne pensano di quelle cosette e farsi eleggere alla "Assemblea Costituente", tutti, nessuno escluso, neanche se biondo e con gli occhi azzurri.