Per indole personale non mi piace che
si fischi una persona per dissentire dalle sue posizioni politiche o
culturali. Ho sempre l'impressione che si fischi la persona. Eppure i
fischi che hanno accolto Giorgio Napolitano a Cagliari rappresentano
una sosta nell'interminabile teoria di retorica patriottarda da cui,
forse, l'unico a esimersi è stato proprio lui, il presidente della
Repubblica italiana. Chi lo ha contestato non può cambiare l'odierno
stato delle cose, il fatto che, cioè, la Sardegna è territorio
dello Stato italiano, ma una cosa segnala con chiarezza: c'è in
questa isola chi non solo non gioisce di questo stato delle cose ma,
anzi, vuole cambiarlo con buone motivazioni di ordine storico,
linguistico, geografico, di diritto internazionale.
Altro che “retorica
indipendentista” come bolla la contestazione un quotidiano
sardo che gronda – non da solo, per la verità – di enfasi e
ampollosità tricolore fino al punto da travolgere la gerarchia degli
avvenimenti in Sardegna anteponendo la visita di Napolitano alla
scomparsa di un grande patriotta sardo come Giovanni Lilliu. L'accusa
di retorica mossa agli indipendentisti mi fa venire alla mente il
sarcasmo nei confronti di un bue che del cornuto all'asino. L'alone di retorica
unitarista che ha circondato una normale visita istituzionale, magari
più latrice di buone nuove per il futuro, è tale che qualcuno con
potere di farlo ha tolto la bandiera dei Quattro mori dalla facciata
del Parlamento sardo, per sostituirla con lo stendardo del capo dello
Stato.
C'è chi ha parlato di gaffe, di
vicenda misteriosa, quando è semplicemente il parto di menti
colonizzate che trovano naturale, dovendo rinunciare a uno fra
quattro emblemi, mettere nel cassetto la bandiera sarda.
È probabile, per non dire certo, che
Giorgio Napolitano riesca ad ottenere dal governo Monti quel che
l'amministrazione dello Stato deve alla Sardegna nel rispetto dello
Statuto sardo e, dunque, della Costituzione italiana. In rapporti
corretti fra gli elementi della Repubblica (art. 114 della
Costituzione), Regione e Stato, basterebbe la legge (lo Statuto, in
questo caso) perché sia sistemato una volta per tutte il contenzioso
Italia-Sardegna. Temo, con tendenza per la convinzione, che questa
vicenda delle risorse dovuteci e negateci si concluderà con il
riconoscimento della subalterna vacuità delle classi dirigenti
sarde, incapaci di pretendere il rispetto di patti e capaci però di
invocare l'intervento di un Deus ex machina.
Non tutte le classi dirigenti, non
tutta la politica, non tutta la cultura, però. Non il Partito sardo,
intanto. Non gli indipendentisti, non gli altri che contestando la
visita di Napolitano hanno segnalato che non tutti in Sardegna sono
padres pedidores. Anche, se, ripeto, i fischi non mi piacciono.
"Temo, con tendenza per la convinzione, che questa vicenda delle risorse dovuteci e negateci si concluderà con il riconoscimento della subalterna vacuità delle classi dirigenti sarde, incapaci di pretendere il rispetto di patti e capaci però di invocare l'intervento di un Deus ex machina. "GFP,con queste parole ha fatto la sintesi dei problemi,non risolti della Sardegna.Un altro fatto gravissimo è stato levare la bandiera dei quattro mori.Politici che si vergognano di esporre la propria bandiera,non meritano di essere considerati i rappresentanti della Sardegna.
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