di Lidia Flore
Caro prof. Gigi Sanna
Devo dire che è una vera vergogna che dopo cinque anni dalla pubblicazione in rete delle mie pagine, la lamina litica incisa di ideo-pittogrammi - il cosidetto brassard di Is Loccis Santus - non sia apparsa ancora in pubblico ad illuminarci sulla sua storia.
Dobbiamo ancora penare per il suo ignoto destino o ci decidiamo ad unirci in una pubblica accusa nei confronti dell'esimio Prof. Enrico Atzeni, l'archeologo sovrintendente che dopo averla fotografata e riportata in un libro noto e importante ("Carbonia: Archeologia e Territorio", S'Alvure Oristano, 1995), averla commentata con un suo "forse" (che metteva in dubbio datazione e provenienza), ha permesso che sparisse nelle tenebre. Nessun museo l'ha veduta più (tanto meno quello di Carbonia dove si dice essere stata collocata ed esposta) e forse solo lui ha potuto e può averla tra le mani. Un reperto sparito quasi subito, eppure, grazie a quella foto sul libro, è diventato famoso, anche perché ripreso, studiato e divulgato dal prof. Gigi Sanna, considerata l'enorme rilevanza che esso assumeva dal punto di vista della scrittura arcaica sarda dell'età del bronzo e quindi della conoscenza della storia della nostra isola e non solo di questa.
Ebbene, prof. Sanna, non posso fare a meno di chiedermi come ci si senta, non dico come intellettuale sardo che ami la propria terra (purtroppo sappiamo quanto piccola sia la schiera), ma almeno come docente serio e preparato, che indaghi con umiltà e limpidezza sulla 'verità' dei reperti, a liquidare con una sua interpretazione - oggi denunciata come gratuita, frettolosa e sommaria - a relegare nel buio e nell'oblio (senza mai dare una giustificazione di sorta della sparizione dell'oggetto), un pezzo archeologico così straordinario, tale che meriterebbe gli occhi del mondo scientifico e non lo sguardo di uno solo offuscato (ormai lo si deve dire) da manifesta presunzione e da assurdo egoismo. Sono sicura ci si debba sentire proprio male, sia nella coscienza di sardo sia nella coscienza di uomo di scienza.
Ho letto da poco il libro di Franciscu Sedda "I sardi sono capaci di amare": vi ho trovato molte verità e l'onestà rispetto al passato è un punto molto importante; in questo libro ho riscoperto come le narrazioni sono le prime istituzioni della nostra vita e come una cattiva narrazione generi una coscienza malata. Per questo io sostengo che l'occultamento della lamina incisa di Is Loccis Santus di San Giovanni Suergiu non sia solamente un danno per il mondo scientifico e per tutti coloro che si dedicano allo studio dei segni incisi sulla pietra - da quelli più antichi del territorio di Isma in Giordania (VI millennio) a quelli meno antichi in Europa - ma sia un danno anche per tutti noi: una vera e propria mortificazione della creatività civile e culturale nostra e dei Sardi antichi.
Gigi Sanna non mancherà, immagino, di rispondere alle sue domande, cara Flore. A me non resta che ringraziarla per il coraggio civico con cui denuncia, senza infingimenti, la scomparsa di un reperto che spesso è stato citato in questo blog. Purtroppo non pare sia l'unico ad aver preso la strada dell'oblio, sperando che solo di questo si tratti. Non si hanno più tracce, per esempio, di un frammento trovato nel 1995 durante i lavori stradali della 131 e conservato, per un certo periodo, nel Museo di Senorbì. Lo vide, in fotografia, l'assirologo prof. Giovanni Pettinato durante un convegno tenutosi in quello stesso anno, organizzato dal professor Antonio Maria Costa. Pettinato notò dei segni sul frammento ed ebbe l'idea che essi fossero parte di una scrittura cuneiforme. Pare che di quel coccio non ci sia più traccia, proprio come del "brassard" di Is Loccis Santus. Ed è un peccato - spero veniale - perché dall'esame del frammento si potrebbe capire che cosa ci facesse una scritta cuneiforme nel XIV secolo avanti Cristo, là dove 35 secoli dopo si stava costruendo una strada.
Più fortuna pare abbia avuto la navicella nuragica di S'Urbale di Teti. Si dovrebbe trovare nel laboratorio di restauro di Li Punti, con la sua scrittura nuragica, che, avendo resistito dal 1994 allo scorso anno, è probabile non si sia polverizzata. Di questi ultimi due reperti, ed altri, si parla in due interrogazioni parlamentari al ministro Bondi, presentate dai senatori Luciana Sbarbati, oggi del Gruppo misto, e Piergiorgio Massidda, del Pdl. Entrambi chiedono conto al ministro, e naturalmente ai suoi esperti, di che cosa siano e di dove si trovino. Non ostante i solleciti, il ministro non ha ancora risposto. Il 29 novembre, Bondi potrebbe essere sfiduciato e costretto a dimettersi. C'è chi fa il tifo perché questo succeda, sottraendo chi ha l'obbligo di rispondere all'imbarazzo di dire qualcosa di sensato. Pazienza, ci sarà pure un successore nel futuro e nel futuro ci saranno pure parlamentari curiosi. Se Dio vuole, noi ci saremo. [zfp]
Cara Lidia, risponderò con un articolo apposito (Gianfranco consenziente) perchè con questo tuo post durissimo hai sorpreso, credo, non solo me ma un po' tutti, dato che, per i 'motivi' che sappiamo, avevi rallentato ( e per lungo tempo anche interrotto), la tua attività di sapiente divulgatrice a tutto campo, tramite il tuo bellissimo Blog, della cultura sarda e in particolare di quella del tuo amatissimo territorio. Tu (e solo tu) sai quanto ti dobbiamo per la conoscenza di quello che andiamo faticosamente proponendo eaffermando ormai da più di dieci anni. E ancora per il fatto che hai permesso ad una scienziata del calibro di Aba Losi di accostarsi per la prima volta alla problematica attinente la scrittura nuragica e quella di Glozel. E sono in debito enorme con te anche perchè, generosa come sei e insofferente per le ingiustizie, sai trovare, come in questo caso, le occasioni giuste per denunciare 'apertis verbis' quello che altri doverosamente, anche per professione, dovrebbero denunciare. Invece si sta zitti sempre, maledettamente sempre, sino a provocare la giusta e risentita reazione di quelli che hanno poca voce ma quella voce cercano comunque di farla sentire. Non illuderti ( ma questo tu lo sai bene) che ti rispondano. Magari faranno circolare la voce che tu sei nessuno,anche tu 'sedicente studiosa', una folle tra folli, un'arrogante che fa denunce offensive, da paranoica o quasi, perchè non hanno motivo alcuno d'essere fatte.
RispondiEliminaScrivi ancora, scrivi per questo Blog libertario. C'è tanto bisogno di persone 'pulite' e generose come te.
Neppure io riesco a capacitarmi del fatto che reperti importanti "scompaiano" senza lasciar traccia. Stranissimo il caso del presunto cuneiforme analizzat a Pettinato (la cui voce andrebbe risentita..).
RispondiEliminaNon capita solo ai documenti scritti che state citando ma pure ai documenti artistici come l'arciere di Usellus, Sparito, mi pare, dal museo di Cagliari gia nel 1966. Lilliu fece appena in tempo a fotografarlo.
Certo i documenti epigrafici pare godano di pessima fortuna. Tra le sparizioni più gravi vorrei ricordare i frammenti di una stele epigrafica di Bosa, di cui ho letto in alcuni testi (di cui in questo momento non rammento titoli e autori). Una stele con i medesimi caratteri arcaico fenici di quella norense. Questo è il pochissimo di cui sono a conoscenza.
Di fronte a questi casi non si sa davvero cosa pensare o si preferisce non pensare affatto perchè in mancanza di responsabili almeno presunti si è costretti a sparare nel mucchio.
@ DedaloNur
RispondiEliminaPare - ma sai com'è? non v'è certezza - che il professor Pettinato sia stato cercato, ma il contatto diretto con lui, oggi in riposo, non si è trovato. Dalle interrogazioni a oggi sono passati quasi cinque mesi e pare che dalla Sardegna si possa fare una telefonata ogni mezz'anno. Il caso ha voluto che, intorno a luglio, quel giorno fosse sceso a prendersi un cappuccino al bar sotto casa. Peccato, perché altrimenti di sicuro il telefonista sardo gli avrebbe chiesto: "Com'è questa faccenda?". Peccato davvero, perché, se no, avremmo saputo.
Chi sa? un giorno varrà forse la pena raccontare la penosa storia del frammento trovato nel 1995 vicino a una cantoniera della 131, ricoverato nel Museo civico di Senorbì per qualche tempo e di cui oggi non è possibile certificare l'attuale collocazione.
Il professor Giovanni Pettinato era presente in qualità di relatore al convegno "L'era dei giganti" il giorno 07/11/2010 a Pauli Arbarei.
RispondiEliminagiovanni
Chi sa se il sovrintendente che lo ha inutilmente cercato a Roma lo ha saputo e contattato?
RispondiEliminaEppure ci sarà una spiegazione inerente a queste sparizioni,non credo siano dimenticanze o perchè questi gran capi sono oberati di lavoro!!!.Mi sembra che le sparizioni non siano un fatto isolato e ,guarda caso, sono la dimostrazione che i nuragici scrivessero.Queste sparizioni sono gravissime e dovrebbero essere denunciate sui giornali,solo così i responsabili,forse,sarebbero costretti a dare spiegazioni.Occultare è anche furto.
RispondiEliminaPettinato a Pauli Arbarei?
RispondiEliminaecco, perchè non si è colto l'occasione per andare a chiedergli qualche informzione in più?
scusate un attimo, ma se il testimone del coccio in caratteri ugaritici approda in Sardegna e non se ne aprofitta bisogna anche fare un poco di mea culpa.
l'ho scritto altre volte, chi si interessa di queste tematiche deve per prima cosa muoversi da solo, chiedere un testo ufficiale allo studioso che sull'esistenza del coccio ha gia confermato in una telefonata privata.
Se non lo si fa, investire la soprintendenza di richieste (che comunque ed ovviamente è obbligata ad assolvere per il principio della trasparenza) perde di "forza".
Con la farraginosità e la velocità pachidermica dellAmm. pubblica, tanto, si dovrà attendere ancora molto.Per di più quando la risposta arriverà è probabile che non riuscirà a soddisfare manco un quarto delle richieste e sulle nostre teste continuerà ad aleggiare come un fantasma il coccio ugaritico e le dichiarazioni che Pettinato fece qualche anno fa a non si sa bene chi e a che preciso riguardo...
O Zua', prescindiamo ora dagli oggetti epigrafici (sì, cara Grazia, un motivo della loro sparizione ci sarà, anzi c'è), motivo di scandalo, di cui ormai si parla da tempo, tantissimo tempo, e oggetto persino di petizioni parlamentari. Mi chiedo perchè, nonostante da mesi e mesi sia stato presentato da Bernardini, durante una sua Conferenza (a Senorbì mi pare), nessuno se non i partecipanti a detta conferenza, è riuscito, dopo tanto tempo, a vedere l'oggetto nuragico di bronzo (denominato genericamente 'spillone'). Oggetto con i segni di scrittura di cui parla, senza nascondere niente, lo stesso Bernardini. Ripeto, caro Dedalo NUR: 'oggetto di bronzo nuragico con segni di scrittura'. Mica oggetto 'fenicio'! E dal momento che molte volte ci si dimentica troppo presto delle cose, anche delle più importanti, va ricordato che detta 'prova' della scrittura, adoperata dai nuragici dell'età del bronzo finale o primo ferro, era rimasta per ben 20 anni (mica 20 mesi) in un cassetto, senza che nessuno ne sapesse niente. Senza che mai comparisse in uno straccio di pubblicazione. Domanda semplice semplice: perchè Bernardini si decide a tirar fuori l'oggetto dopo 20 anni? E perchè proprio nel 2010 quando il 'bubbone' scrittura esplode, con tutte le sue conseguenze, con il ri-trovamento della barchetta scritta (anch'essa 'stranamente' occultata) di Teti e con la scoperta dell'esistenza del coccio nuragico scritto di Pozzomaggiore di cui per primo non parla, come sarebbe stato necessario e doveroso, un archeologo di professione, ma lo studioso Leo Melis?
RispondiEliminaMauro Zedda è stato il primo a parlarne dello spillone 'misterioso'; aveva promesso di farci avere la fotografia o per lo meno l'immagine del documento, ma nè il sottoscritto nè altri l'anno potuta osservare. Ora io a Zedda non lo chiedo proprio più, perchè tanto è inutile: faccio pertanto un appello ai generosi, archeologi e non, ai funzionari della Sovrintendenza di Cagliari e di Oristano, perchè facciano finalmente conoscere (possibilmente in questo stesso Blog, dove hanno anche scritto) un documento che, per ammissione (una volta tanto!) di un archeologo fa capire che i nuragici conoscevano la scrittura e tanto bene da ricavarla con chiarezza, con la tecnica della cera persa, in un manufatto di bronzo. Pare che ci siano quattro lettere di tipologia protocananaica o fenicia arcaica. Ora, questo 'sedicente studioso', questo infimo dottore epigrafista, ma con tutti i titoli accademici in regola per chiamarsi tale (laurea in lettere classiche e archeologia!), osa dire che, con ogni probabilità, non possono essere solo quattro quei segni. C'è la possibilità dell'esistenza di una quinta lettera 'nascosta', che, al solito, si vede anche se non si vede. I nuragici con i numeri non scherzavano mai, perchè non potevano scherzare con i simboli 'sacri' della divinità.
Chie non connoschet, che a mie, custu mundu de su cale faeddades cun passione e cumpetentzia, podet pensare in malu... Mi paret peroè chi b'at carchi veridade chi non cherides narrar crara, crara. Isco chi si a unu pastore li mancat unu pecus ... at sa tzertesa chi bi che l'an furadu...
RispondiEliminada Giorgio Cannas
RispondiEliminaSalve Lidia, spero che tu stia bene e che ti sia ripresa definitivamente. Il tuo post arriva a proposito non solo per la denuncia che fai ma anche perché mi offri la possibilità di annunciare che a breve terrò una conferenza di Archeologia Sperimentale nella tua zona (con data ancora da destinarsi).
Parlerò in particolare dei cosiddetti “brassard” poiché, come tu sai da tempo per aver accettato il mio articolo sul blog, non ritengo che siano dei banali parabracci d’arciere, bensì degli “oggetti cultuali”. Su questo aspetto presenterò delle novità rispetto a quelle che ho già esposto nella Conferenza di Oristano in onore del compianto Gianni Atzori.
Hai fatto bene a riproporre con decisione il caso dell'oggetto di San Giovanni Suergiu perché il poter studiare quel reperto unico, sia dal punto di vista dell’utilizzo e della sua funzionalità precisa sia da quello epigrafico, farebbe fare, come dici giustamente, passi da gigante al mondo scientifico circa la comprensione non solo della cultura materiale ma anche del pensiero religioso dei nostri antenati.
Po Larentu e is aterus sardus tontus che mimi etotu.
RispondiEliminaQuando manca una pecora dal gregge, o è morta, o si è sgregata (scambillada) o è stata rubata. Certo non presa in prestito o assurta in cielo.
Così ragionano i sardi semplici, iscritti o meno al movimento, simpatizzanti o nemici giurati del medesimo.
I reperti archeologici però, almeno sin qua, non sono immediatamente rapportabili alle pecore, giusto per abitudini comportamentali, se non per appartenenza a regni naturali diversi, animati o inanimati, animali, vegetali o minerali, ma quando il reperto è un osso, scritto, inciso o lavorato, aumentano le preoccupazioni repertoriali.
Tutto questo per dire che i reperti archeologici non possono essere stati rubati, da chi ne esercitava il possesso, seppure non la proprietà.
Perché?, mi si chiederà; ma perché è inammissibile!, rispondo e chiudo la disanima della casistica, allo stesso modo e con lo stesso criterio e con la stessa logica per cui non si discute della verginità della Madonna: è vero e basta.
Se invece fosse stato rubato da altri (che non ne erano neppure in possesso, ma passavano di là), chi ne era in possesso ne avrebbe, come ne ha quando è capitato, denunciato il furto o almeno la scomparsa.
Si è denunciata la scomparsa o il furto dei vari brassard di Locci-Santus, di barchette di Teti, di arcieri di Usellus e via elencando? Non risulta e, dunque, evidentemente non sono stati rubati e non sono neppure scomparsi.
Solamente che non si trovano, questo purtroppo e illogicamente sì.
Ora, ritornando sui miei passi, affermo ancora che i reperti nuragici, specialmente quelli con sintomi da abbecceddario (sarebbe abbecedario, ma l’alfabeto sardo io lo sento con doppie dappertutto), non somigliano alle pecore, evidentemente, ma ai conigli sì. Perché i conigli forse non amano seppellirsi da soli sotto terra e lì rifugiarsi quando i rumori degli uomini mettono paura?
Chi è nato sotto terra e vi trascorre bei momenti di serenità, forse che non tende a rientrarvi ogni volta che può o vi è costretto?
Anche i reperti hanno sostato nel seno della terra in santa pace mille e mille anni e ancora di più: ora, metti un reperto qualunque che si trova piazzato, anzi spiazzato in una stanza qualunque, esposto a luce violenta oltre che ai rumori molesti del traffico, non tenta di rientrare nel buio e nel silenzio?
È quello che potrebbe essere accaduto a molti dei reperti: si sono sgregati, scambillaus, e vai a vedere in quale tasca o cassetto o columberi si sia ficcato, di sua spontanea volontà e senza il permesso di chi lo sovrintende.
Per noi semplici, come io sono e come Larentu dimostra di essere con i suoi ragionamenti troppo lineari, non esiste altra spiegazione.
Curreggi totu, ZFP, ca primu m'hat nau ca fut troppu longu, ma dd'hat arriciu a su propriu.
RispondiEliminaFrancu, m'agradat meda su modu tuo de isfuttire, ma a mie( e penso peri a tie ) su bonu sensu m'at semper cunsizadu de narer su chi penso. E in custa occasione, a pensare male, comente narat " tziu Andreotti", non si faddit mai... L'ischis chi chie che tzaccat sa manu in su melarzu, si nde linghes sos poddiches, peri chi jucat sa maladia de su diabete... E a cuare o remunire unu papilu o unu cantu de lama, non si suerat che a picare a pala, o bochier, una bodda... E de sicuru s'alanzat meda de prus...
RispondiEliminaIntanto complimenti a Lidia Fiore per avere "riesumato" la questione del presunto brassard: mai stancarsi di riproporre le cose certe, specie quando si fa finta di non vederle.
RispondiEliminaSui due reperti in questione, ricorda Zuanne, si parla di interrogazioni parlamentari di due senatori. Nonostante lo scarso risultato finora ottenuto, volenti o nolenti, solo la politica potrà sbloccare la situazione, ecco perché insisto nel ricordare la proposta di legge NURAT; a prescindere dalla colorazione politica, che peraltro non interessa a chi davvero vuole ricuperare la grandezza della nostra antica cultura, dovremmo unire le forze per sostenere un'iniziativa che, se non erro, non ha uguali in questi ultimi anni.
Naturalmente, una volta ottenuti i finanziamenti, dovremmo essere compatti nel proporre gli argomenti che meritano di essere approfonditi, compreso quello della scrittura nuragica. “Noi ci saremo”, come dice Zuanne.
Giuseppe Mura
Amigos caros deo soe meda istorronada a causa di queste sparizioni,diciamo un pò sospette?Forse ha ragione il signor Pilloni che,ironicamente,afferma che sono gli stessi reperti,scambillaus,a tornare sotto terra.Quanta pazienza ha signor Sanna a continuare a combattere!Non desista mai.
RispondiElimina'Come è possibile? già me lo domando anche io, spesso. Credo dovrebbe suscitare gioia ed invece...'
RispondiEliminaCara Aba, tu conosci molto bene la scuola di Francoforte e conosci molto bene lo studioso Fromm (noto che ogni tanto lo nomina anche Zedda) che cita Gesù, la Bibbia e gli Ebrei nel deserto, Meister Eckhart, il Budda, Spinoza e lo stesso Marx (ma non quello messo in caricatura dai 'sedicenti' marxisti della rivoluzione russa).
La 'gioia'? La felicità? Si trovano nell'Essere e non nell'Avere:bisogna leggerselo bene il capitolo sulla 'gioia' (opposta al 'piacere'). E' quello che tu provi, dando tutta te stessa con tutte le tue forze e la tua intelligenza, con tutta la tua creatività e il desiderio di essere 'umanamente' te stessa, per far emergere anche un brandello di verità sia nella tua specifica disciplina scientifica sia in quella alla quale da qualche anno ti sei accostata, ugualmente scientifica.
Ma non vorrai che queste 'cose' le meditino e le capiscano i 'giullari', gli epigrafisti della domenica, quelli che 'hanno' o che 'avranno' perchè sono inclini a servire, i sacerdoti dell'Invidia e della Calunnia, gli Ipocriti, i telefonisti internazionali della Maldicenza, i Conferenzieri del Nulla, della Noia e della Morte?
Già: ci dovrebbe essere la 'gioia' per la scoperta della scrittura nuragica.La bellissima e raffinatissima scrittura dei sardi dell'Età del bronzo. E invece c'è la 'tristezza', nasce il 'malumore', irrompe la 'cattiveria', spunta la 'diffamazione' a tutto campo con la sublimità (ma quando mai ciò è accaduto in Sardegna per motivi di 'studio'?Se non ai tempi dell'Inquisizione di Sigismondo Arquer?) del tentativo di farti recedere dal tuo 'Essere'. Ma i cretini non hanno capito quale 'gioia', paradossalmente, tu hai provato nel capire definitivamente che un doppio attacco di tale disperazione poteva venire solo da chi avvertiva che stava perdendo definitivamente la partita. Gigi Sanna lasciato solo, diffamato e folclorizzato,ridicolizzato era un conto. Un frillo da lasciar cantare, senza preoccupazioni. Con Aba Losi era tutto un'altra cosa. E un'altra cosa è ancora il fatto che oggi sono in campo le forze deputate a scovare la/le persone che delinquono e che meritano la galera. Chissà, forse qualche nome di qualche farabutto diffamatore c'è già. E mica con la nostra di 'gioia': con la nostra immensa tristezza proprio perchè, con buona probabilità, è uno/a di quelli/e che avrebbero dovuto 'gioire'.