di Pierluigi Montalbano
Al termine dell’ultima glaciazione, il mare e i fiumi riconquistarono quegli spazi che già appartenevano loro prima del cambiamento climatico. Nella regione anatolica e in quella mesopotamico vivevano pacificamente i natufiani, genti paleolitiche che rappresentano la cerniera che collega al neolitico. Ma questi individui non praticavano l’agricoltura, si nutrivano di ciò che la natura offriva e non mostravano alcun segno di specializzazione.
Nel giro di poco tempo, in queste zone arrivano (siamo nel X millennio a.C.) genti nuove, ma non conosciamo la loro origine. Di essi sappiamo che praticavano l’addomesticazione di tre qualità di grano, di varie specie di leguminose (lenticchie, piselli e altre) e che si insediarono in zone nelle quali non si trovavano, così dicono i botanici, specie selvatiche di quelle prime piante.
Arrivano, dunque, già in possesso di tecniche e conoscenze che daranno la spinta decisiva per la rivoluzione neolitica. In sostanza dopo 90.000 anni di predazione e raccolta si passò alla produzione di sussistenza. Nasce la ceramica per contenere le derrate e troviamo incredibilmente due grandi città: Gerico, sulle rive del Giordano, e Catal Hoyuk in Anatolia.
La prima mostra una torre in pietra alta 10 metri, un recinto alto 4 metri, lungo 1.5 Km e un fossato scavato nella roccia, largo 8 metro e profondo 3.
Catal Hoyuk è ricca di risorse alimentari ma importa tutto il resto: legno di abete dal Tauro, alabastro da Kayseri, marmo dall’Anatolia Occidentale, e… ossidiana, tanta ossidiana, anche da luoghi molto lontani. Pare che le distanze non costituissero un ostacolo per queste genti.
Non esistono i sentieri di questa grande migrazione, neppure la minima traccia e l’unica possibilità che mi viene in mente è il mare.
Ciò che incuriosisce è che la dieta del popolo di Catal Hoyuk è costituita al 90% di carne bovina, un animale che fa la sua comparsa in Mesopotamia solo a partire dal 5000 a.C., ma viene rappresentato, adorato e mangiato, lungo tutte le coste mediterranee dalla Francia alla Spagna (pensate alle grotte rupestri), dalla Grecia ai Balcani e in tutte quelle zone dove la conchiglia cardium fece la sua comparsa nelle decorazioni delle ceramiche (Leucade, Corfù, costa slava, costa adriatica, Tremiti, Malta, Sicilia, Elba, Liguria, Sardegna).
Intorno al 7000 a.C. i bovini compaiono a Cnosso, nell’isola di Creta, provenienti proprio dall’Anatolia. Siamo di fronte ad una navigazione in grado di colonizzare enormi spazi, solcando un mare apparentemente non temuto dai naviganti. Le mandrie di bovini, trasportate certamente su robuste imbarcazioni, successivamente si estinsero e fino al Bronzo non ricomparvero più a Cipro, dove l’archeologo Guidane scoprì, invece, grandi recinti curvilinei formati da robuste palizzate interrate datate…7800 a.C. (lungo il litorale cipriota: Shillourokambos).
Non voglio annoiarvi scrivendo di Malta, Los Millares e dei grandi monumenti in pietra di carnai, Kermario, New Grange, Sardegna, Spagna, Bretagna, Inghilterra, Irlanda, Seeland, Provenza ma lascio il campo alle vostre deduzioni: da dove arriva la civiltà che oggi studiamo? Chi vuole cimentarsi nella cronologia di Egizi, Sumeri e compagnia cantante?
Nella foto: scavi nella città anatolica di Catal Hoyuk
Caro Montalbano, le tue proposizioni mi colpiscono sempre.Almeno la domanda te la poni bella chiara.
RispondiEliminaIn questo momento non posso fare un commento meritevole alla tua domanda. Occorrerebbe più spazio per esprimersi correttamente.Sono incerto se inviare un articolo a Zuannefrantziscu per la pubblicazione.Non l' ho mai fatto, e non so se la prassi sia quella dell'email;ne so se sia una cosa possibile. Comunque in qualche modo interverrò, quando avrò maggior tempo.Ma la tua domanda creerà di sicuro spunti interessantissimi.
A presto.
Andrea Brundu
@ Andrea
RispondiEliminaE' molto semplice: mi mandi l'articolo al mio indirizzo elettronico (pintoreg@yahoo.it) e la cosa è fatta
Caro Pierluigi
RispondiEliminadal modo col quale esponi la teoria mi sembra di capire che ti rendi perfettamente conto della rivoluzione...copernicana.
Tuttavia non la escluderei a priori: evidentemente ti sei ben documentato e gli assiomi consolidati, a volte, appaiono perlomeno sospetti. Pertanto, in attesa dell'articolo di Andrea Brundu, per ora mi limito a proporre un paio di spunti di riflessione. Personalmente sono fermo a questo punto: il fenomeno che vede i nomadi diventare sedentari verso l'VIII secolo a.C., grazie all'allevamento e alla prime
forme rudimentali di agricoltura, si sviluppa contemporaneamente nella valle del Nilo, sulla costa asiatica del Mediterraneo, nella valle del Giordano, in Siria, nella Turchia orientale, in Mesomotamia, in Persia, nella valle dell'Indo e in Cina.
Quelle che chiami genti nuove sono in qualche modo collegate ai Sumeri della Mesomotamia?
A presto
Giuseppe Mura
ops intendevo VIII millennio a.C., naturalmente!
RispondiElimina@ Giuseppe
RispondiEliminahai letto gli approfondimenti nel mio blog? Cerca gli articoli collegati ad...Haou-nebout
@ Pierluigi Montalbano
RispondiEliminaCaro Pierluigi,
guarda che intendevo solo alimentare la discussione.
A presto
A proposito di Sumeri, intorno al 3500 a.C. si assiste al processo di urbanizzazione della Mesopotamia meridionale e alla comparsa dei primi documenti scritti provenienti da Uruk, la più antica città della civiltà di Sumeri. Questo è anche il momento legato alla nascita dell'Egitto predinastico e all'arrivo di nuove popolazioni nell’Egeo, che nel giro di qualche secolo diedero vita alla civiltà minoica. I greci che conservavano la memoria di tali antichissime emigrazioni davano loro il nome di Pelasgi. Provenienti da un indefinibile "pelago", lasciarono tracce ciclopiche anche al di fuori dell'Egeo. Per capire la nascita e lo sviluppo del Bronzo è necessario chiarire che è stata l’assenza dello stagno nel Mediterraneo a rallentare l'esplosione di quest'epoca. Come è stato possibile che questa tecnologia si sviluppasse in un'area dove lo stagno era assente? I Pelasgi ne possedevano il segreto e la tecnologia necessaria. Questo metallo era raro e si poteva ottenere solo attraverso un'efficiente rete di scambi che procurava anche altri materiali fra cui oro, argento, lapislazzuli e manufatti già lavorati. Secondo Omero i Pelasgi combattevano da entrambe le parti della guerra di Troia: venivano considerati come dei nomadi del mare. Erodoto associava ai Pelasgi, oltre ad Atene e Dodona, la costa del Peloponneso e dell'Egeo nord occidentale, le isole Samotracia e Lemno. Dionigi di Alicarnasso sosteneva che i Pelasgi erano gli antenati dei greci che per primi avevano popolato l'Egeo e l'Arcadia. Sappiamo che i greci consideravano se stessi divisi in tre stirpi: ioni, achei (micenei) e dori, ma Tucidide ed Erodoto affermavano che i Pelasgi, pur avendo vissuto in tutta la Grecia, erano gli antenati soltanto degli ioni. E' interessante lo studio di Georgiev che chiamò Pelasgico il popolo indoeuropeo responsabile del substrato Mediterraneo, pensando che il termine partisse da pelagos = mare, la cui forma originaria doveva conservarsi in pelastikos (peleset, filisteo o palestinese). Non dimentichiamo che nell'ultima grande migrazione indoeuropea del 1200 a.C. i filistei appaiono i più potenti, insieme agli achei, e forse sono a capo della confederazione dei numerosi popoli del mare che scombussolarono l'intero assetto del Mediterraneo causando la fine del Bronzo. Sarà questa cultura pelasgica a creare le prime cittadelle fortificate: il megaron diventerà un elemento costante dell'architettura, diffuso da Troia a Cnosso e Beycesultan, e si svilupperà la produzione di una particolare ceramica con disegni a spirali e meandri. L'impossibilità di individuare un'area d'origine delle popolazioni pelasgiche ha indotto gli storici a collocarne la nascita in qualche punto indefinito dell'oriente. Ma sappiamo che i primi siti dove appare questa cultura, che parlava il luvio e possedeva il segreto la metallurgia, sono localizzati sulle isole dell'Egeo. La civiltà viene dal mare e prima di toccare le coste anatoliche, e assistere alla fondazione di Troia I nel 3000 a.C. circa, sono documentati i siti pelasgi delle Cicladi e Lemno, dove la presenza del megaron non lascia spazio ad alcun dubbio. Vi furono diverse migrazioni: costretti ad abbandonare i propri territori affrontando un esodo senza ritorno, molti navigatori cercavano territori da conquistare. Ciò può spiegare quell'insolito fatto di assumere il nome della terra in cui si insediavano, come fu per la gente di Hatti, Pala, Luvia, invece di imporre quello della propria tribù. Sappiamo che lo stagno è un'incognita costante per tutto il Bronzo e saranno indicate Cornovaglia e Bretagna come probabili centri di diffusione di questo minerale in Occidente. I Pelasgi furono i primi a oltrepassare lo Stretto di Gibilterra? L'indicazione del superamento delle Colonne d'Ercole entrando nel Grande Mare, che per gli antichi era circondato dal fiume Oceano, è molto forte, mentre appare improbabile una diffusione dello stagno per via terrestre proveniente dalle stesse regioni.
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