Non basta essere amici di un governo statale per ricevere un minimo di rispetto, prima istituzionale e poi anche umano. In sé e per sé, la maleducazione del governo Berlusconi ha poca rilevanza: l’incontro che il nostro presidente regionale avrebbe dovuto avere con i promessi 11 ministri non aveva carattere risolutivo, era una riunione di immagine. Il governo italiano avrebbe dovuto mostrare a quello sardo attenzione per la decisione unanime del Parlamento sardo di affidare a Cappellacci il compito di rappresentare tutta la Sardegna (quella che lo aveva votato e quella che non lo aveva votato).
Se ne è invece sbattuto, mandando all’incontro una delegazione di basso livello, appena nobilitata dal sottosegretario alla Presidenza, influente quanto si vuole ma privo di capacità di decisione. Insomma un atto maleducato, teso a segnalare qual è il rapporto fra lo Stato italiano e la Regione sarda alla faccia della equiordinazione di Stato, Regioni, Comuni e Province definita dalla Costituzione italiana.
Non mi capita spesso di essere perfettamente d’accordo con Paolo Maninchedda (non lo sono, per esempio, con la sua reiterata sottovalutazione della questione della lingua sarda). Questa volta sì: quello autore dello sgarbo contro la rappresentanza della Sardegna non è il governo del Pdl: è il governo dello Stato italiano. Cambia colore, personaggi ma non può cambiare atteggiamento verso la Sardegna: è nel suo DNA la maleducazione istituzionale. Il governo Prodi amico del governo Soru, in appena 36 mesi di vita, ha bocciato sei leggi della giunta amica.
Soru, che ha chiesto al suo successore di dimettersi per la villania usatagli dal governo Berlusconi, non ha neppure lontanamente pensato di farlo quando l’amico Prodi ha bocciato una legge (fortemente voluta dalla sua giunta) in cui si affermava la sovranità del popolo sardo, mica bruscolini. Cappellaci farà lo stesso, credo: non si dimetterà per quest’ultima villanata, pari, forse, alla “dimenticanza” di Berlusconi di consultarlo prima di spostare il G8 dalla Maddalena all’Aquila.
Non lo farà o almeno me lo auguro: il popolo sardo non se lo merita. Fossi però nelle forze politiche e sociali (su quelle culturali è meglio stendere un velo pietoso) rinsalderei ancora di più l’unità trovata nel nostro Parlamento per mandare Cappellacci a trattare a Roma. Se si capisse che nel rapporto Nazione sarda-Stato italiano, la differenza di governo (centrodestra, centrosinistra, centosud, centronord) conta assai poco, forse si metterebbe mano ad un nuovo Statuto di sovranità.
Si aprirebbe certo un conflitto, ma almeno sapremo perché si apre e capiremo se per lo Stato italiano i trattati internazionali sui diritti dei popoli (da esso sottoscritti e adottati) sono legge o carta igienica. Sapremo anche noi, allora, che cosa fare.
Meglio tardi che mai! Spero che questa "rabbia" non rimanga sulla tastiera, ma che porti, finalmente, a qualcosa di concreto.
RispondiEliminaDici a me che è meglio tardi che mai? Spero che tu voglia anche indicarmi quale dovrà essere la mia linea di condotta, d'ora in poi.
RispondiEliminaMEglio tardi che mai è riferito a Maninchedda e, si spera, ad altri della maggioranza, non a Lei (a meno che non abbia un qualche ruolo all'interno del governo regionale). Che si tolgano dalla testa l'idiozia del "governo amico" e che imparino che non c'è mai stato, non c'è e non ci sará nessun governo italiano amico di quello sardo.
RispondiEliminaI sorrisi, gli ammiccamenti e la pacatezza del Governatore hanno fatto solo danni ed hanno collezionato una figura di "sterco" dietro l'altra. Poca cosa se la figura di "sterco" fosse limitata al solo governatore, ma essendo egli (malauguratamente) il rappresentante di tutti i sardi, la figuraccia ce la facciamo tutti.
Quando gli "autonomisti" nostrani impareranno ad adottare la linea dura (che annovera anche l'indipendenza) nel confronto con lo stato centrale, allora si potrá sperare di ottenere qualche risultato.
Cappellacci non mi paret s'erede de Jommaria Angioi e cun su rispettu chi l'apo, mancu s'onorevole Maninchedda chi in su blog suo est nande cosas zustas chi jeo presio meda. E datu ch'isse est in su tzentru dresta proite a sos collegas suos non proat a lis facher innetziones de corazu? Est su chi bi cheret pro cuntrastare s'istadu italianu chi dae cando est naschidu nos at semper cunsideradu carre de masellu pro sas gherras, e ainos de mola de picare a carches a cada momentu... e nois cuntentos che canes fideles. Como est ora de narrer bastat!E lu devimus narrer cun sas dentes e non cun su risu fartzu de sa diplomazia o cun s'umiltade de unu pedidore.Si s'onorevole Maninchedda est cumbintu sintzeramente de su chi narat comintzet aberu a nos inditare cantu balet e canta fortza at in custu guvernu rezonale.
RispondiEliminaBidimus Lare'. Sa de eris fiat un'addòviu de imàzine in ue Cappellacci faghiat sa parte chi depiat fàghere: su logudore de totus sos partidos e de totu sas fortzas sotziales. Sa mala figura no l'at fata isse, ma sos chi deviant retzire unu pessu de totu su parlamentu sardu.
RispondiEliminaMartis no, martis est cara a su guvernu comente presidente de un'àteru guvernu. Est tando si at a tènnere panes in bèrtula e àteru puru.
Pro como, at fatu bene a non s'inchietare: o de gosi o de gasi, teniat cara a isse (e a duos funtzionàrios regionales) tres ministros, ma treighi ministeros. Non si podet inchietare, unu chi si leat in fatu duos funtzionàrios, pro su livellu de sos interlocutores. A martis, Lare', a martis.
A Daniele. Stavi scrivendo sul mio blog, non su quello di Maninchedda che neppure citi. Comunque, precisazione accolta e messa in archivio.
Sig. Pintore,
RispondiEliminaChiedo scusa per l'imprecisione, colpa mia, dovevo specificare, ma non ci ho pensato.